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Storia delle Olimpiadi: Roberto Di Donna, apoteosi d’oro in una finale per cuori forti…

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La medaglia più rocambolesca conquistata dall’Italia alle Olimpiadi di Atlanta ’96, e tra le più incredibili di tutta la nostra storia olimpica, fu quella d’oro di Roberto Di Donna nel tiro a segno, specialità pistola ad aria compressa. Ad un solo tiro dal termine della finale, il gradino più alto del podio pareva già occupato dalla corposa sagoma di Yifu Wang, campione anche a Barcellona quattro anni prima. Prima dell’ultimo turno, infatti, il cinese precedeva l’intero plotone di tiratori, con addirittura 3,8 punti di vantaggio sul secondo, il ventottenne romano Roberto Di Donna, appunto. Parliamo di un margine che nel tiro a segno equivale a “spararsi sui piedi” (come si suol dire nell’ambiente), per dilapidarlo…

Ma Di Donna, o meglio Wang, riuscì nella pazzesca impresa di riscrivere sui titoli di coda un film ormai pronto all’uscita in tutte le cineteche sportive del mondo.
Il primo tiro di finale dell’italiano era stato un 8.3 che lo aveva fatto partire ad handicap. Il secondo aveva ampliato il distacco e gli fece perdere un’ulteriore posizione. Poi la risalita, d’orgoglio e di classe: 10.6 al quarto tiro, 10.5 al settimo e all’ottavo, 10 netto al nono. A quel punto, il pre-colpo di scena che avrebbe segnato i successivi sviluppi della gara. Nella tecnologica Atlanta, negli U.S.A. delle Finestre e della Melamorsicata saltava all’improvviso il sistema elettrico/informatico dell’impianto sportivo. La competizione veniva interrotta per tre minuti, quelli che servivano a Di Donna per ricaricare pistola e mente, per poi mirare alla medaglia d’argento. Ma furono soprattutto i 180 secondi che mandarono in tilt la macchina cinese Wang. Il suo vantaggio era enorme, ribadiamo, quasi impossibile da azzerare in un sol colpo. “Tragicamente” verificabile, invece, perché l’impossibile non esiste nemmeno nello sport: 10.4 Di Donna, 6.5 Wang, quello che non sbagliava mai… Tensione, caldo, delusione, il diabete in corso di peggioramento a causa di una recente infezione all’orecchio. A prescindere dalle cause, il cinese collassò e finì all’ospedale del villaggio olimpico in barella e con la mascherina ossigenante sul viso. Non ebbe neppure la soddisfazione di salire sul podio per ritirare quella maledetta medaglia d’argento.

Roberto Di Donna non credette ai propri occhi di lince e volle aspettare l’ufficialità del risultato per gioire, la quale arrivò a brevissimo: 684.2 a 684.1. Inaudito.
“Adesso non ci credo ancora. Voglio che prima me la mettano al collo, questa medaglia, e poi voglio sentire l’Inno di Mameli. Allora, soltanto allora, comincerò a crederci”, queste le sue prime parole da privilegiato neoentrato nell’imperituro regno di Olimpia.

In occasione dei “Giochi della Coca Cola 1996”, il romano riuscì a conquistare anche il bronzo nella pistola libera ma negli anni successivi non fu più capace di distinguersi negli appuntamenti olimpici. Di Donna è tuttora il detentore dei record italiani di pistola ad aria compressa (col punteggio di 592/600) e pistola libera (col punteggio di 573/600).

ROBERTO DI DONNA E’ UNO DEGLI EROI DI CANTAMI ITALIA, LE LEGGENDE DELLO SPORT AZZURRO

 

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giuseppe.urbano@oasport.it

Foto: UITS

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