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Paralimpiadi Tokyo 2020, il segreto dello strapotere della Cina: tra cultura sportiva ed investimenti

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Dal 1984, anno della sua prima partecipazione alle Paralimpiadi, la Cina ha messo in pratica un modello che l’ha portata in modo incontrastato a diventare la massima potenza paralimpica mondiale.

Se ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020 gli Stati Uniti sono riusciti a strappare alla Cina il primato nel medagliere nell’ultima giornata di competizioni, la leadership della Repubblica Popolare Cinese ai Giochi Paralimpici è stata fuori discussione dall’inizio alla fine della rassegna che si è conclusa domenica scorsa. Ancora una volta, infatti, la Cina ha dimostrato di essere il Paese leader del movimento paralimpico mondiale, confermando quanto afferma la storia recente dei suoi risultati.

Nello specifico, la Cina ha chiuso al primo posto del medagliere paralimpico per la quinta edizione consecutiva dei Giochi estivi, superando per la quarta volta di fila l’ambita soglia delle duecento medaglie, che rappresenta l’obiettivo fissato dalle autorità sportive cinesi come simbolo dell’eccellenza del movimento paralimpico del Paese asiatico. E pensare che la Cina non aveva mai preso parte ai Giochi Paralimpici prima del 1984, quando per la sua prima apparizione chiuse solamente 28ma nel medagliere, con appena due titoli e ventidue podi complessivi (un risultato comunque ragguardevole, visto che erano presenti solo ventiquattro atleti cinesi).

La prima partecipazione cinese alle Paralimpiadi fu fortemente voluta dal leader Deng Xiaoping, il cui figlio Deng Pufang era rimasto paraplegico nel 1968. Lo stesso Deng Pufang divenne promotore di numerose iniziative in favore delle persone disabili, fondando la Federazione delle Persone Disabili di Cina nel 1988 e promuovendo, nel 1991, una legge che riconosceva la malattia mentale come una forma di disabilità. Nel 2005 Deng Pufang sarebbe stato insignito dell’ordine paralimpico da parte del Comitato Paralimpico Internazionale.

Dal 1984, il movimento paralimpico cinese non ha fatto altro che crescere, mettendo a segno una rapida progressione che l’ha portato ad entrare per la prima volta nella top10 del medagliere a Barcellona 1992, e poi a conquistare la vetta della graduatoria in occasione dell’edizione di Atene 2004. Da allora, come detto, la bandiera cinese non ha più lasciato la posizione di vertice, surclassando in ogni occasione i rivali, soprattutto quegli Stati Uniti che si autoproclamano la massima potenza sportiva mondiale.

I successi del movimento paralimpico cinese sono da ascrivere ad un sistema inclusivo che ha permesso a migliaia di giovani disabili di avvicinarsi allo sport, proprio grazie al lavoro della Federazione delle Persone Disabili, che per mezzo di una rete che si estende in ogni provincia e città riesce a selezionare gli atleti più talentuosi per partecipare alle grandi competizioni internazionali. All’interno del territorio cinese, infatti, vengono organizzate continuamente manifestazioni sportive per atleti disabili a livello provinciale, ed i migliori rappresentanti di ogni provincia si sfidano nelle competizioni nazionali, dove vengono finalmente selezionati gli atleti che potranno rappresentare la Repubblica Popolare nelle rassegne internazionali.

Il lavoro della Federazione delle Persone Disabili non sarebbe possibile senza un forte sostegno statale. Infatti, dal 2001, il governo di Pechino ha investito ogni anno almeno 100 milioni di yuan (circa 1,3 milioni di euro) per finanziare l’attività sportiva paralimpica. Nel 2007, alla vigilia dell’edizione casalinga di Pechino 2008, venne costruita nei pressi della capitale la più grande struttura sportiva al mondo dedicata agli atleti paralimpici, costata quasi 85 milioni di euro, oltre ad altri diciotto centri sportivi specializzati disseminati su tutto il territorio nazionale.

Oltre alle prestazioni sportive, i media cinesi prestano grande attenzione anche alle storie personali degli atleti, considerati come una fonte di motivazione per le persone disabili e non solo. Nell’edizione di Tokyo, ad esempio, grande rilievo è stato dato alla vicenda personale della giocatrice di tennistavolo Wang Rui, vincitrice della medaglia d’oro a squadre nelle categorie TT6-8 insieme alle compagne Mao Jingdian e Huang Wenjuan. Wang è infatti stata coinvolta nel terremoto che nel 2008 ha colpito la provincia del Sichuan, provocando quasi 70.000 vittime, un drammatico episodio il cui ricordo è ancora molto vivo nelle menti di tutto il popolo cinese. All’epoca, Wang aveva solamente 15 anni e si trovava in classe, quando la terra ha cominciato a tremare. La ragazza rimase per oltre dieci ore intrappolata sotto le macerie di quella che un tempo era la sua scuola, e per salvarle la vita fu necessario amputarle una gamba. Solamente un anno dopo, Wang decise di entrare nella squadra paralimpica di tennistavolo della città di Chengdu, capoluogo del Sichuan, e nel 2013 fu ammessa per la prima volta nella squadra nazionale, vincendo due medaglie d’oro a livello continentale prima del trionfo paralimpico. La sua vittoria è stata vista come un simbolo di come la provincia del Sichuan sia riuscita a rialzarsi da quello che è considerato come uno dei terremoti più distruttivi della storia recente.

Per la Cina l’ultima grande sfida resta quella di ripetere anche negli sport invernali quanto di buono fatto in questi anni alle Paralimpiadi estive. Gli atleti cinesi hanno infatti partecipato per la prima volta ai Giochi invernali solamente nel 2002, e fino ad ora hanno conquistato un’unica medaglia, l’oro vinto dalla squadra di wheelchair curling nell’ultima edizione della rassegna. Il percorso cinese è ostacolato anche dal fatto che nel programma delle Paralimpiadi invernali non sono presenti molti sport nei quali la Cina generalmente eccelle (dallo sci freestyle allo short track), ma l’edizione casalinga di Pechino 2022 sarà l’occasione giusta per permettere alla Cina di cominciare a scalare le gerarchie planetarie anche in quest’ambito.

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