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Gianmarco Tamberi in esclusiva: “A Londra non andrò in gita”

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Gianmarco Tamberi. L’astro nascente del salto in alto italiano. Con i suoi vent’anni appena compiuti (è nato il 1° luglio 1992). Da Offagna (Ancona) con furore. Con un favoloso 2.31 ottenuto ai Campionati Italiani Assoluti di Bressanone (Bolzano, 8 luglio) ha strappato la qualificazione olimpica all’ultimo assalto disponibile. Figlio d’arte di Marco, grande saltatore (specialmente indoor) a inizi anni ’80, nel sangue della famiglia scorre l’atletica visto che il fratello Gianluca (classe ’90) è un talento del lancio del giavellotto. Malato di basket, si è avvicinato solo da poco (stranamente) alla disciplina di casa. E ora la data cerchiata in rosso sul calendario è solo una: 5 agosto 2012, qualificazioni del salto olimpico nello stadio Olimpico di Londra. Per poi sognare il 7 agosto: finale per le medaglie.

L’estro, l’irrefrenabile simpatia, la freschezza, il genio, il personaggio Gianmarco Tamberi in esclusiva per Olimpiazzurra.

 

Gianmarco, allora come vedi questa Olimpiade? Qualche sensazione in particolare?

Sono emozionato, quello mi sembra scontato. Chi non lo sarebbe? E sono contento, naturalmente. Non so quanto potrei valere tra due settimane. Chi mi conosce, però, sa che non sono il tipo da andare a fare gite per non portare a casa nulla. Non sono quello che ama scaldare la sedia e fare presenza. Certo ho raggiunto il picco di forma e quindi non so come arriverò a Londra, chissà. L’obiettivo minimo è la finale, quello sicuramente. Lì se la si gioca sempre ed è impossibile tirarsi indietro. Partire con l’idea di vincere, portare a casa medaglie, di saltare così e cosà sarebbe sbagliato: sarebbe da stolti, e non penso di esserlo”.

Quali sono i tuoi pronostici per Londra? Il tuo favorito?

Secondo me si va a vincere con un 2.35-2.36, non di più. Non penso nemmeno che Ukhov (il russo Ivan, ndr) riesca a rifare il 2.39 che ha fatto ai campionati nazionali (sabato 7 luglio, ndr). Il mio favorito rimane Silnov (il russo Andrej, ndr) che in queste gare importanti riesce sempre a tirare fuori il suo talento e credo possa confermare il titolo (ha già vinto l’oro a Pechino nel 2008 dopo un favoloso testa a testa con lo svedese Holm, ndr). Questa volta il suo rivale principale sarà Williams (lo statunitense Jesse campione del Mondo in carica, ndr) che è sempre pronto a tirare fuori la zampata giusta. Servirà poi un 2.33 per andare a podio e sarà un bel duello tra Robert Grabarz (il britannico fresco campione europeo a Helsinki, ndr) e Ukhov, forse”.

Hai detto 2.33. Guarda caso è il record italiano di Marcello Benvenuti che regge da 23 anni (12 settembre 1989 a Verona, tu non eri ancora nato). Potresti essere il prossimo primatista…

Beh ma tra poco quello cade (ride, ndr). No dai, a parte gli scherzi e senza presunzione, spero che quella misura abbia vita breve. Con il massimo rispetto per Benvenuti. Ci credo con tutto il cuore. Mi piacerebbe arrivare a quei livelli. Sono comunque sicuro di potermi migliorare, poi dipende tutto dallo stato di forma, come sempre”.

Ma guarda che se lo farai ai Giochi…

Sì, sarebbe bronzo secondo le mie previsioni. Mannaggia, quanto mai l’ho detto (ride, ndr). No, no calmi e vediamo come ci si arriva. Sono stati mesi molto difficili per me”.

La tua preparazione per i Giochi come procede? Che programmi hai seguito?

Sì direi che sta andando tutto per il meglio. Dopo aver vinto l’assoluto mi sono preso tre giorni di meritato riposo. Un po’ di mare e di relax per ricaricare le batterie dopo un periodo molto intenso. Ne avevo proprio bisogno. Nella settimana appena trascorsa ci siamo concentrati invece sullo scarico, ho passato del tempo in palestra e non ho saltato. Adesso riprendo con gli allenamenti in pedana e ci concentreremo sulla tecnica, cercando di correggere qualcosina. Poi vedremo come saremo messi e via che si va a Londra”.

Quindi cos’è cambiato nella tabella giornaliera?

Sostanzialmente solo una cosa, ma è veramente fondamentale: la mentalità. Ora si tratta di dover andare a fare un’Olimpiade, di essere presenti all’appuntamento più importante di un quadriennio. Tra l’altro sarà la mia prima. Non è più un avvicinamento per cercare un minimo come ho fatto fino a dieci giorni fa. Di conseguenza anche il resto è tutto diverso: la tensione, la preparazione, l’emozione, l’approccio”.

E quello show agli Assoluti quando, dopo aver ottenuto il minimo olimpico, hai chiesto di alzare l’asticella a 2.46 (il nuovo record mondiale che avrebbe superato di 1cm il primato del cubano Javier Sotomayor, ottenuto a Salamanca nel 1993 quando tu eri ancora in fasce)?

Ma sì ero preso dall’euforia e dalla gioia per aver strappato il pass. Quel record non lo batterà più nessuno, almeno per molto tempo (è addirittura dal salto del russo Voronin nel 2000 che non si sale nemmeno a 2.40, ndr). Alcuni miei amici mi prendono in giro e dicono che un giorno riuscirò a passare col… sedere sopra quell’asticella. Sì, come no. Io, comunque, sono un mattacchione di natura. È una mia costanza. Nonostante questo riesco sempre a essere serio in gara, a dare il meglio di me e ho sempre dimostrato di valere qualcosa. Quando indosso la maglia azzurra mi do sempre da fare, è il minimo. State attenti: a Londra farò un altro show. Ma massimo riserbo: non svelo niente. Vi farò una sorpresa”.

A proposito di show, agli Europei di Helsinki ti eri presentato con la tua bella chioma di capelli colorata per metà di azzurro (l’altra metà era del tuo moro naturale). Saresti diventato campione con il 2.31 e invece ti sei fermato a 2.24…

E mi mangio ancora le mani. La differenza rispetto a Bressanone è che in Finlandia ero davvero al top, ero così convinto di far bene, di arrivare altissimo e in pedana mi sono gasato così tanto che poi effettivamente è mancato qualcosa. Agli assoluti ci sono andato calmo, anche perché cinque minuti dopo il riscaldamento mi sono fatto male. Ho dovuto cambiare diverse cose dal punto di vista tecnico (passo dello stacco più corto ad esempio, perché altrimenti mi tirava troppo dietro). Poi per fortuna tutto è andato per il meglio”.

E hai fatto un filotto impressionante di record…

Avoja. Minimo olimpico, record personale, record dello stadio, record dei nati nel ’92, record italiano juniores, terza prestazione italiana di sempre (dietro al 2.33 di Benvenuti e al 2.32 di Luca Tosa, ndr). E ho battuto anche il babbo (era fermo al 2.28 ottenuto a Genova nel 1983)”.

E come l’ha presa?

Troppo contento. Non s’è arrabbiato più di tanto (ride, ndr). Se lo aspettava. Mamma, invece, era davvero commossa e mi ha scritto una frase stupenda: “Grazie a Dio per avermi dato un figlio con le ali e non solo per saltare”.

Hai iniziato a fare atletica sul serio solo da settembre 2008. Come mai così tardi? Ti ha convinto qualcuno?

E chi riusciva a smettere di giocare a basket!? (era guardia nella Stamura, una squadra della sua zona, ndr). Quello sarà sempre il mio sport del cuore. Ancora adesso, appena ho tempo, nessuno mi toglie una partitella con i miei amici o qualche incursione nei campetti. Poi pian piano ho preso coscienza che potevo fare bene anche in pedana. Facevo delle garette per la scuola e ricevevo dei complimenti. Io sinceramente non ci credevo più di tanto. Poi a settembre 2008 ho vinto i campionati studenteschi con 2.01 e mi hanno detto: “Guarda se ci aggiungi cinque centimetri vai ai Mondiali di Bressanone”. Ci ho preso gusto, mi sono fatto aiutare da papà e ho preso il minimo”.

Quindi hai rivoluzionato tutta la tua “carriera”?

Sì, perché prima mettevo insieme dieci allenamenti a fatica e invece ora mi impegno costantemente e arrivo anche a 4-5 sedute a settimana. Poi le tipologie sono completamente diverse tra i due sport: da una parte si punta a migliorare molto il fisico, dall’altro ci si focalizza sulla tecnica. Quindi ho dovuto reinventarmi completamente, appunto”.

Sei 1.91m x 78 kg. Cosa ha di pazzesco il tuo fisico? Qual è il tuo punto di forza? Di certo non sarai ricordato per il differenziale misura saltata-altezza (ora sei a +40cm, Holm e Jacobs arrivarono a +59cm, Benvenuti a +55cm).

Io sinceramente non l’ho mai capito. Anzi non ci vedo niente di formidabile o di forte. Sì forse sono equilibrato e ho dei buoni piedi ma, secondo me, niente di più. Sono gli alti a dire che vale. Oltre ai risultati, ovviamente. Qualche giorno fa ho sentito il mio amico Janick (Klausen, il danese che è stato secondo agli Europei di Tallinn, ndr) e mi ha chiesto quanto pesavo. Gli continuavo a ripetere 78 e lui non ci credeva: “Che ciccione che sei”, mi diceva”.

Descrivici un po’ il tuo stile, molto pulito, ho notato soprattutto un bell’arco sopra l’asticella in parecchi tentativi. A volte sembravi quasi in sospensione…

Beh la qualità dell’inarcatura deriva da quello che si fa a terra. Se si lavora perfettamente, se si prende una bella rincorsa (io tendo a essere molto veloce), poi si stacca nella maniera corretta, vai su dritto e passi di là più “facilmente”. Al contrario, se si sbaglia, si è costretti a rimediare quando ormai sei in aria e il rischio di sbagliare aumenta in maniera esponenziale”.

Secondo te qual è il momento svolta della tua carriera, quello che ti ha fatto capire che avevi preso la strada giusta?

Mah, molti mi hanno fatto complimenti per l’Europeo di Helsinki. Ma è una prestazione che a me ha lasciato parecchio amaro in bocca e che mi ha deluso. Direi che il bronzo agli Europei Juniores di Tallinn (Estonia, ndr) nel 2011 è stato un po’ il momento cruciale. Ho anche fatto il mio personale a 2.25 che è rimasto tale per quasi un anno, quindi sicuramente è stato importante”.

Della tua collega Alessia Trost cosa ci dici? È la grande promessa dell’atletica azzurra e, grazie a voi due, il salto in alto italiano sta tornando a ottimi livelli.

Ale è fortissima. È così disciplinata, fa tutto quello che deve fare, è molto meticolosa e attenta al dettaglio. Un po’ il contrario di noi maschietti che in pedana siamo famosi per essere dei pazzi (ride, ndr). Ero sicuro che vincesse il Mondiale. Poi peccato per l’ultimo tentativo a 1.95, perché lei lo vale nettamente. Farà vedere grande cose in futuro. Io me la ricordo già impressionante ai giovanili di Bressanone”.

La Federazione non ha iscritto ai Giochi atleti che avevano ottenuto il minimo A nel 2012 come richiesto e poi hanno “fallito” una riconferma oltre ad altri che lo avevano preso nel 2011 e quest’anno non sono riuscito a replicarlo con almeno un B (come Howe). Senza dimenticare il caso degli atleti col minimo B (come la Trost).

Penso a Salvatore (Chesani, ndr) che gareggia spesso con me. Sono dispiaciuto visto che aveva il minimo e non è stato portato solo perché stava attraversando un momento negativo di forma. Comunque se la Federazione ha stabilito dei parametri questi devono essere rispettati per tutti”.

Che pensiero lascia Gianmarco Tamberi ad Olimpiazzurra?

Come posso non citare Michael Jordan, il mio mito (il più grande cestista di tutti i tempi, vincitore di sei titoli NBA e di due Olimpiadi, ndr): “Posso accettare il fallimento, ma non posso accettare di non averci provato”. Questa frase è il mio motto, sta alla base della mia vita e della mia esperienza sportiva”.

 

stefano.villa@olimpiazzurra.com

redazione@olimpiazzurra.com

 

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