Arco
Michele Frangilli: “La tradizione olimpica dell’Italia si ripeterà”
Quando si esce dal giro, non è facile rientrarvi. Michele Frangilli, a soli 20 anni, era nella squadra azzurra che vinse la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Atlanta 1996. Ed era presente anche quattro stagioni dopo a Sidney, quando il colore dell’alloro divenne d’argento. Poi, dopo la partecipazione non esaltante di Atene 2004, l’arciere di Gallarate mancò la convocazione ai Giochi di Pechino 2008 per far spazio al più giovane Mauro Nespoli. Sembrava l’inizio di un’inevitabile parabola discendente. Invece il veterano della compagine tricolore ha saputo risollevarsi e ritrovare l’antico smalto, tanto da meritarsi la chiamata per Londra 2012, la sua quarta Olimpiade (e non necessariamente l’ultima).
Ti aspettavi questo ritorno ad altissimi livelli?
“Diciamo che anche nei mesi precedenti ai Giochi di Pechino tiravo piuttosto bene, solo che alcuni miei compagni si erano rivelati anche più bravi di me. In realtà fui un po’ scombussolato dalle mie nozze avvenute nel dicembre 2007 e che forse mi distrassero dalla preparazione verso la competizione cinese“.
In questi ultimi mesi la nazionale italiana non ha sempre brillato, esponendosi a diversi alti e bassi: pensi che la concorrenza interna per un posto in squadra alle Olimpiadi abbia influito sulla vostra serenità?
“Certamente le selezioni molto lunghe non fanno bene, perché costituiscono fonte di stress. Secondo me a marzo si sarebbe già dovuto sapere i convocati per Londra, di modo da potersi preparare con maggiore tranquillità“.
Ti sei fissato degli obiettivi per la competizione londinese?
“Di sicuro non andrò solo per partecipare. Punteremo al podio nella prova a squadre. Nell’individuale è molto più difficile, ma in una gara secca può succedere di tutto“.
Dal 1996, poi, l’Italia ottiene sempre una medaglia olimpica nel tiro con l’arco.
“Difficilmente tradiamo negli appuntamenti che contano. Penso che la tradizione si possa rispettare anche in questa circostanza“.
Sarà ancora una volta la Corea del Sud la squadra da battere?
“Come sempre i favoriti sono loro, ma negli ultimi anni il tiro con l’arco è cresciuto moltissimo e tante squadre si sono rafforzate. Attenzione anche a Francia, Stati Uniti e Messico“.
Negli ultimi anni il format delle gare individuali è stato rivoluzionato con l’introduzione dei set: ti è piaciuta questa idea?
“Sì, perché ora puoi anche permetterti di sbagliare una freccia e non compromettere tutta la sfida. Prima, invece, era richiesta la perfezione assoluta. Secondo me questo sistema realmente privilegia i più forti“.
Londra 2012 sarà la tua ultima Olimpiade?
“Attualmente vivo alla giornata e non faccio progetti a lungo termine. Però non è da escludere che io possa esserci anche a Rio de Janeiro tra quattro anni, soprattutto perché, grazie al sostegno dell’Aeronautica Militare, posso allenarmi con tranquillità e nelle migliori condizioni“.
Il tiro con l’arco italiano gode di buona salute, tanto che non manca mai il ricambio generazionale con giovani di valore: come spieghi la prolificità del movimento?
“Per nostra fortuna possiamo contare su molti praticanti. I giovani si affacciano numerosi a questo sport perché in Italia esistono tanti club e, soprattutto, tantissimi allenatori competenti. Penso che i genitori debbano far provare ai loro figli più discipline possibili e poi far scegliere loro la preferita. Se posso dare un consiglio, io dico proprio di scegliere il tiro con l’arco, perché davvero rilassa ed aiuta molto a mantenere alta la concentrazione, fattore importantissimo anche a scuola“.
Cosa proporresti per aumentare la visibilità di questo sport nel nostro Paese?
“Non essendo uno sport di movimento, è poco televisivo. La poca visibilità dipende dalla mancanza di sponsor. Per fortuna l’Olimpiade ci consente di far promozione al tiro con l’arco e ci siamo accorti che, soprattutto in caso di medaglia, si verifica sia un aumento dell’interesse dei media sia del numero dei praticanti alla base“.