Ciclismo

Martinelli, il futuro è adesso: “Sono un corridore da classiche”

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Sono pochi i corridori che possono vantare uno stage tra i professionisti a 19 anni di età. Se poi questo stage viene proposto dal Team Sky, lo squadrone che sta dominando in lungo e in largo il Tour de France con una facilità impressionante, allora significa che l’atleta in questione deve avere delle ottime qualità. Stiamo parlando di Davide Martinelli, per gli amici Vino (il motivo di questo soprannome lo scoprirete più sotto): nato il 31 maggio 1993 a Brescia, vive a Lodetto di Rovato, in Franciacorta. Il suo cognome non è certo nuovo per gli appassionati di ciclismo: suo padre è il celebre Giuseppe, ottimo professionista degli anni Ottanta e in seguito direttore sportivo di Chiappucci, Pantani, Simoni, Cunego e Contador, tanto per citarne alcuni. Davide invece è al primo anno tra gli Under23 e milita nel Team Hopplà Wega, con il quale quest’anno ha vinto la Coppa del Grano ed è giunto secondo al campionato nazionale a cronometro: ad agosto, come detto, debutterà tra i pro con la Sky. In esclusiva ad Olimpiazzurra, questa giovane promessa del pedale tricolore ha raccontato le sue aspettative e le sue speranze per il futuro, mettendo in mostra una lucidità e una maturità davvero fondamentali per un ragazzo di 18 anni.

Che effetto fa essere considerato una delle più grandi promesse del ciclismo italiano?
“Penso che sia ancora troppo presto per attribuirmi questa definizione, ma sicuramente fa sempre molto piacere sentire giudizi così positivi sul mio conto e costituisce uno stimolo ulteriore per impegnarmi sempre al massimo”.

Riesci a cavartela bene un po’ su tutti i tipi di percorso, persino nelle prove a cronometro: che tipo di corridore ti definiresti?
“Fino alla categoria Under23 credo che si possa riuscire ad essere corridori abbastanza completi, anche se, ovviamente, andando avanti dovrò specializzarmi in qualcosa. Penso che questo qualcosa sia rappresentato dalle cronometro e dalle classiche; infatti, mi definisco un passista veloce, ma apprezzo anche gli strappi corti e duri e, in generale, non sono tra i primi a staccarmi in montagna. Mi alleno tanto da solo e quindi ho un grande fondo che mi salva in molte situazioni”.

Avere un cognome come il tuo è un vantaggio o uno svantaggio? Hai mai sentito il peso di “dover fare come tuo padre?
“Avere un tecnico come lui in casa è un grande vantaggio; in alcune occasioni, durante le gare, ripenso a quello che mi dice quando guardiamo assieme le corse in televisione, per cui qualche vittoria è sicuramente merito suo e dei suoi consigli. Certo, c’è il rovescio della medaglia, al primo errore tanta gente mi attacca e mi critica, forse perché si aspetta di più,  e quindi non posso permettermi sbagli, però in generale non ho mai sentito il peso di questo cognome”.

Hai indossato più volte la maglia azzurra negli anni scorsi: qual è il ricordo più bello legato alla nazionale?
“Il ricordo più bello è legato al Mondiale su strada dell’anno scorso; dovevo risollevarmi dalla brutta prestazione a cronometro, anche per dimostrare che il CT non si era sbagliato sul mio conto, e quel giorno, al di là del risultato, sono convinto di aver dato il 110%. Pur rimanendo fuori dalla fuga decisiva, io e i miei compagni abbiamo rimontato in pochi chilometri moltissimi secondi, per cui posso dire di aver onorato al meglio la maglia azzurra. In fondo, il campione del mondo è il corridore più forte del mondo, quindi è già stata una grande emozione esserci!”.

Considerando i tuoi risultati di quest’anno, ti ritieni soddisfatto? Pensavi di essere così competitivo già alla prima stagione tra gli Under23?
“Sì, sono contento. All’inizio della stagione avevo detto che mi sarei ritenuto soddisfatto se avessi colto un successo; la vittoria alla Coppa del Grano è stata davvero bella, inoltre anche altri risultati in gare lunghe e impegnative mi lasciano tranquillo per il futuro. Tutti dicevano che sarebbe stato impossibile andare forte sin dal primo anno in questa nuova categoria, ma in cuor mio ero certo di poter fare ottime cose; merito, secondo me, della quantità e della qualità dell’allenamento, è questo l’aspetto che fa la differenza a certi livelli. Ho spinto davvero tanto in inverno per essere competitivo sin dalle prime gare, in modo da ottenere piazzamenti positivi anche per il morale; del resto, anche l’aspetto psicologico e quindi l’autoconvinzione conta tantissimo. Se credi di andare forte, spesso ci vai veramente”.

Quest’anno per te era importante anche perché terminavi la scuola: com’è andata la maturità?
“Già, un altro scoglio da superare in un anno veramente importante. Ho dovuto lasciar perdere per qualche settimana allenamenti e gare, nonostante questo sono riuscito ad arrivare secondo agli Assoluti a cronometro proprio nella settimana degli scritti. Quel risultato mi ha lasciato un po’ deluso, in fondo ho perso per appena 3’’ e quindi ho voluto subito voltar pagina e fissarmi su nuovi obiettivo; nel frattempo, come dicevo, ho regolarmente preso parte alla maturità (Liceo Sportivo Gianni Brera, ndr) e l’ho superata; il voto dovrebbe attestarsi tra il 65 e il 70, tenendo conto degli impegni agonistici sono contentissimo”.

Quanto conta l’aspetto mentale nel ciclismo, soprattutto quando si è giovani e ricchi di talento?
“Bisogna allenarsi e avere fiducia in se stessi, credere di potercela fare sempre senza mai sfociare nella presunzione; devono essere gli altri a riconoscere il talento, non devo essere io a pubblicizzarmi eccessivamente. Certo, sentirsi dire che si ha ottime qualità fa crescere il morale e dunque la fiducia; tuttavia, la regola di base resta quella che non bisogna mai sentirsi arrivati”.

E’ notizia di pochi giorni fa che, a fine stagione, farai uno stage col Team Sky: te l’aspettavi? Sai già quali corse disputerai? 
Un sogno che si realizza, davvero. Molto probabilmente correrò la Vuelta a Burgos, in Spagna, dall’1 al 5 agosto; quindi, qualche altra corsa in Italia ma definirò il programma nei dettagli nelle prossime settimane”.

A parte tuo padre, hai avuto un idolo (o l’hai ancora adesso) che ti ha fatto appassionare ancora di più al ciclismo?
“Non può non essere Pantani; me lo ricordo poco, ma ho in mente alcune sue azioni davvero memorabili che mi hanno letteralmente fatto accapponare la pelle. Adesso nutro profonda stima ed ammirazione per Vinokourov, da cui deriva il mio soprannome; anche Boasson Hagen è un corridore che apprezzo tanto, sarà un onore poter correre al suo fianco durante lo stage”.

 

Un tuo pronostico: quale sarà il podio olimpico nella corsa su strada?
Cavendish-Boasson Hagen-Sagan. Ma sempre in casa Norvegia, non dimentichiamoci Thor Hushovd, uno che esce sempre nei momenti migliori”.

marco.regazzoni@olimpiazzurra.com

foto tratta da bicibg.it

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