Atletica

4×100 Giamaica da record, bis di Farah

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Allucinanti. Mitici. Quattro supereroi. Alieni. Marziani. Hanno un super potere. Non è l’invisibilità, perché i riflettori di tutto il Mondo sono puntati su di loro. È “semplicemente” la velocità. Una staffetta favolosa, storica, incollata mattoncino su mattoncino. Perfetta. Senza una piccola sbavatura. Cambi studiati, precisi, calcolati, millimetrici. Ormai anche a livello tecnico sono i migliori. Otto gambe indistruttibili, pieni di fibre bianche capaci di macinare la distanza più breve del panorama come se fosse un bicchier d’acqua. Come se fosse una porzione di pollo fritto. Quello che tanto piace a Usain Bolt. Oggi il venticinquenne guida la sua Giamaica a un oro fantascientifico in un giro di pista condotto dal primo all’ultimo metro e incartato con la ceralacca del Record del Mondo: 36.84. Per la prima volta un quartetto scende sotto i 37’’. Demolito il precedente 37.04 ottenuto sempre dallo squadrone ai Mondiali di Daegu del 2011. Un’altra storica barriera è caduta. Dopo i 101 secondi di Rudisha, dopo il primato della 4×100 americana di ieri, ci si mette anche la Nazionale caraibica a innalzare al massimo il livello di una rassegna a cinque cerchi fantastica (è il quarto record battuto dopo il trionfo della Leshmanova nei 20km di marcia). E chissà dove sarebbero arrivati se Asafa Powell non si fosse infortunato nella finale individuale.

Non è stato un dominio. Nella corsia accanto una grande formazione a stelle e strisce ha cercato di rimanere incollata ai fenomeni. Ci è riuscita per tre quarti di gara. Kimmons-Gatlin-Gay sullo stesso livello di Carter-Frater-Blake. Poi all’ultimo cambio il capitano si è letteralmente scatenato e, partito appaiato a Bailey, l’ha letteralmente schiacciato con un lanciato pazzesco e una progressione da vero campione. Il bello è che gli Stati Uniti hanno fatto registrare 37.04, eguagliano il precedente record mondiale. Che gara. Ma basta solo per prendere l’argento! Il bronzo va a un ottimo Trinidad&Tobago (38.12) dopo l’invasione di corsia del Canada. Quarta la Francia di Lemaitre e Vicaut (38.16).

Per Bolt due triplette consecutive. Unico ovviamente. Sposta il limite della leggenda ancora più in là. Zittisce le polemiche innalzate da Carl Lewis come solo lui sa fare: correndo! Sesto oro filato, quarto di sempre nelle classifiche di atletica leggera, dietro solo al mitico Paavi Niemo (il più grande fondista di tutti i tempi, dominatore nel pionierismo tra il 1920 e il 1928 con nove trionfi), a Carl Lewis (nove) e a Rey Ewry (otto successi in alto, lungo e triplo tra il 1900 e il 1908).

Come se non bastasse, dopo una lunga querelle, riesce pure a convincere gli inflessibili giudici a farsi dare il testimone. Mai nessuno ci era riuscito. Avrà un futuro da diplomatico.

 

Un 5000m deludente dal punto di vista cronometrico. Poco spettacolo, gara coperta. Almeno in pista. Perché sugli spalti è un autentico show. I big accorti si guardano l’un con l’altro. E fanno il gioco del favorito numero 1: Mohammed Farah. Semplicemente Mo. Un suddito di Sua Maestà, presentatosi ai blocchi di partenza dopo aver dominato i 10000 sabato scorso, nel SuperSaturday quando arrivarono tre ori per i padroni di casa. Venuto dalla Somalia all’età di otto anni, ora che ha passato le ventinove primavere cercava uno storico bis. Una storica doppietta. Come solo i grandi campioni. Un numero uscito solo ad altri sei atleti tra cui spiccano il mitico Zatopek (1952), Lasse Viren (1972 e 1976) e Kenenisa Bekele (2004 e 2008). Spinto da una nazione intera. Appoggiato da tutti i media che gli chiedevano di fare come Bolt.

Non delude. Trasforma una gara di mezzofondo in un 400m. Supera tutti, si porta in testa dopo essere rimasto nella pancia del gruppo, scappa, conduce un ultimo giro allucinante da 52.94 e si mette l’oro al collo (13:41.66). Lo fa con una corsa rotonda, precisa ampia quasi avesse un compasso incorporato nelle gambe. Per la gioia dei 90000 che possono sventolare le loro Union Jack. Per infiammare i cuori di tutta la Gran Bretagna che può cantare a squarcia gola God Save the Queen. Lui, simbolo dell’integrazione e della multietnicità nella Londra cosmopolita. Lui che ha regalato una gioia alla gente che così bene lo ha accolto e che lo ama all’inverosimile, quasi fosse un vicino di casa, come fosse un amico d’infanzia. Il quadretto finale con la moglie Tania che gli regalerà due gemellini dopo Rianna è l’immagine più limpida di un padre di famiglia bicampione olimpico.

Argento all’etiope Dejen Gebremeskel (13’41″98) e bronzo al keniano Thomas Longosiwa (13’42″36). Finisce fuori dal podio il 37enne Bernard Lagat, quarto: per il mezzofondista americano svanisce probabilmente anche il sogno di conquistare il suo primo oro olimpico visto che a Rio difficilmente ci sarà.

 

Festeggia anche una mamma: Anna Chicherova. Commossa in lacrime accanto alla figlioletta. Le regala un favoloso oro nel salto in alto. Vicecampionessa uscente, campionessa mondiale, la russa prevale in una gara che doveva essere mediocre viste le assenza di Blanka Vlasic e Antonietta di Martino e invece si è rilevata di assoluto livello. Ne è uscita una bella battaglia in cui solo la Chicherova è riuscita a superare l’asticella posta a 2.05, ferme a 2.03 la statunitense Brigitta Barrett (argento) e l’altra russa Svetlana Shkolina (bronzo).

 

Se i Paesi caraibici riescono pure a diventare tecnici e a dominare i concorsi, allora l’atletica cambia radicalmente. A mettere un puntello negli annali ci pensa Keshorn Walcott, 19enne di Trinidad & Tobago. Con 84.58 si mette al collo l’oro del lancio del giavellotto davanti all’ucraino Oleksandr Pyatnytsa (84.51) e a l finlandese Antti Ruuskanen (84.12). Walcott, già oro ai Mondiali juniores di Barcellona del luglio scorso, migliora il proprio record nazionale di quasi due metri (era 82.83) e resta a soli undici centimetri dal primato mondiale di categoria. E pensare che era venuto solo per partecipare e che neanche pensava di riuscire a qualificarsi per la finale… Il norvegese Andreas Thorkildsen che avrebbe potuto centrare la storica tripletta d’oro consecutiva, ha chiuso solo sesto con 82.63, molto lontano dal record olimpico che aveva stabilito 4 anni faa Pechino (90.57 m). Fuori dal podio anche Vitezslav Vesely: il ceco, allievo del tre volte olimpionico Zelezny, si presentava forte del primato mondiale stagionale (88.34), ma lancia a 83.4 e chiude quarto.

 

Negli 800m era attesissima Caster Semenya. Portabandiera del Sudafrica. Dopo le accese polemiche sulla sua sessualità, la Nazione che l’ha sempre difesa ha deciso di darle il massimo onore. Nello stesso stadio in cui ha sfilato due settimane fa ha deciso di ripagare tutti con una spettacolare rimonta nel rettilineo finale in cui passa tutte come fossero birilli. Uno sprint tardivo? Non voleva vincere? Chi lo sa… Si mette comunque al collo un bellissimo argento alla sua prima Olimpiade (1:57.23) dietro alla scatenata russa Mariya Savinova che bissa l’iride di Daegu (1:56.19). Bronzo alla connazionale Poistogova, mentre delude la favorita nonchè campionessa uscente Pamela Jelimo che chiude al quarto posto.

 

stefano.villa@olimpiazzurra.com

(foto Italpress)

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