Atletica
Atletica leggera: analisi del 2012 azzurro
Stagione di atletica leggera praticamente conclusa (mancano solo i campionati societari a fine mese) ed è ormai tempo di bilanci. Nel frattempo la politica la sta facendo da padrone: tra riunioni in stile massonico, con un solo movimento “d’opposizione concreto”, a breve si decideranno i nuovi vertici federali. Nella speranza (quasi impossibile) che qualcosa possa muoversi e si possa cambiare radicalmente la direzione presa. Tra scelte insensate, tra minimi accettati poi respinti e poi rivalutati, tra atleti non affiancati al meglio, tra impreparazioni generali è sembrato di viaggiare in un movimento acefalo, senza capo né coda, senza una direttiva chiara e precisa, senza una motivazione, senza una spinta a fare miglioramenti. Risultato: la lenta ma costante distruzione dell’atletica azzurra. Con il vecchio (nel senso buono) che salva tutta la baracca (Fabrizio Donato bronzo all’Olimpiade nel triplo, la finale a cinque cerchi del martello di Nicola Vizzoni e quella di Yuri Floriani nei 3000siepi, l’ottima maratona di Valeria Straneo). Ma non ci si può nascondere dietro a degli over 35 o giù di lì… E i giovani che saltano fuori sono sempre meno (anche se vedremo che delle promesse ci sono, l’importante è non bruciarle).
Antonietta Di Martino curata nel peggiore dei modi da uno staff medico inadeguato (con conseguente polemica finale) che non è riuscita a recuperare dall’infortunio, non potendo giocarsi quella medaglia che era sicuramente alla sua portata nel salto in alto; Alex Schwazer ha gettato all’aria anni di lavoro, con sue immense colpe personali ma sicuramente non seguito adeguatamente da chi di dovere e abbandonato all’assunzione clandestina di EPO; Andrew Howe ritornato nel giro dopo un brutto infortunio, ripresosi non del tutto e lasciato a casa più per polemica che per altro (col miglioramento possibile del 20.76 ventoso di Bressanone sarebbe potuto entrare in finale a Londra sui 200m). Una politica di finta economia e di risparmio, che non investe quando dovrebbe e che si impunta su regole assurde. Che ha costretto a vedere i Giochi dalla poltrona gente come Alessia Trost, ormai a livelli assoluti, che di certa esperienza avrebbe sicuramente giovato. O addirittura un Silvano Chesani che il 2.31 di minimo nell’alto lo aveva fatto registrare all’inizio di quest’annata…Senza dimenticare il caso degli astisti e dei giovani Benedetti e Martinelli non portati alla rassegna continentale (non con i big quindi con ampi spazi per crescere) per 3/100 e 1/100 sopra al minimo federale, ma ben al di sotto di quello chiesto dagli organi superiori.
Così è. Inutile piangere sul latte versato. Andiamo a vedere settore per settore i vari responsi.
Dalla velocità era lecito aspettarsi poco visto il livello mostruoso che c’è in giro per il mondo. Certo gli occhi brillano ancora per il favoloso argento europeo di due anni fa e il quinto posto mondiale della staffetta 4×100 ma tante, troppe cose sono cambiate. L’armonia su tutte. Una stagione così così per Simone Collio anche se ha raggiunto agevolmente la finale europea nei 100m in cui sarebbe potuto entrare nei cinque se non avesse commesso partenza falsa. Fabio Cerutti si è fermato a 10.24. Jacques Riparelli in silenzio ha eguagliato il suo personal best a 10.21 ed è stato il miglior azzurro. Michael Tumi è si sceso a 10.27 ma con le folate di vento di Misano.
Tra le donne sta sbocciando definitivamente la promessa Gloria Hooper, capace di un ottimo 22.95 sui 200m e della partecipazione olimpica, accompagnato dall’11.56 sui 100, specialità in cui s’è fatta vedere alla grandissima la ventunenne Martina Amidei e in cui la Alloh ha confermato di esserci.
Capitolo Libania Grenot. La panterita, specialista dei 400, ha cercato di lavorare parecchio sulla velocità, trasferendosi negli Stati Uniti ma questo l’ha parecchio danneggiata visto che alla lunga risentiva nettamente dello sforzo, come mostrato nell’occasione più importante. Sulla mezza distanza è scesa addirittura a 22.85 in quel di Padova mettendo poi seriamente nel mirino il record di Manuela Lavorato (22.60). Ormai, però, fuori tempo massimo.
Applausi per Josè Bencosme sui 400hs. Un ventenne dalle enormi potenzialità, capace di migliorarsi continuamente e di ottenere una stupenda qualificazione olimpica. Certo la sua tecnica è ancora difettosa in parecchi aspetti, specialmente nell’approccio all’ostacolo, ma il talento è davvero enorme e se sgrezzato al meglio siamo di fronte a un ragazzo capace di viaggiare costantemente attorno ai 48’’.
Le barriere sembrano dirci parecchio bene vista la stupenda stagione di tutti i nostri specialisti nel settore. Al maschile Emanuele Abate è diventato il nuovo primatista nazionale dei 110hs con uno stupendo 13.28 corso al Memorial Nebiolo e ha mancato la finale a cinque cerchi per soli tre centesimi: un peccato da mangiarsi le mani, in una stagione in cui la specialità ha regalato il record del Mondo di Aries Merritt (12.80). Al femminile un gran bel quartetto si è dato gran battaglia sui 100, migliorandosi continuamente: Marzia Caravelli (12.85), Micol Cattaneo, Veronica Borsi e Giulia Pennella. Loro cinque hanno dovuto fare tutto da soli, arrangiandosi con i propri tecnici, senza troppi appoggi esterni e venendo meno alla famosa regola del trinomio d’allenamento.
Nel fondo e nel mezzofondo tengono alta la bandiera quattro nomi: due promesse e due big già affermati. Mohad Abdikadar (d’origine somala, classe 1993) si è ben comportato nella rassegna iridata dedicata agli juniores e quattro giorni fa a Rieti è stato autore di un buon 3:39.53 sui 1500m, seconda miglior prestazione azzurra di sempre nella speciale categoria. Il coetaneo Daniele D’Onofrio è stato fantastico a scendere abbondantemente sotto il muro dei 30 minuti sui 10000, ha ben figurato a Barcellona ed è ora atteso da una crescita costante.
Yuri Floriani in terra d’Albione ha corso una batteria spettacolare nei 3000 siepi, si è qualificato alla finale e a trentun anni da compiere a Natale ha davvero raggiunto il picco della sua forma. Per il trentino trapiantato in Sicilia di certo la voglia e la grinta non mancano: il suo 8:22.62 fatto registrare al Golden Gala nella gara che ha sfiorato il record del Mondo può scendere ancora di molto. Il movimento latita, anche se potrebbero esserci delle fanciulle interessanti.
Daniele Meucci è ormai un top a livello europeo (in quello mondiale è chiuso da Mo Farah e dagli africani). Con tanta passione, con tanto allenamento, con rinnovata freschezza. Il 27:32.86 ottenuto a Palo Alto sui 10000 dopo mesi di sacrifici negli Stati Uniti sono un ottimo segnale per il pisano, come il 13:19.00 sulla mezza distanza oltre all’argento europeo dietro a Sua Maestà. Certo dall’Olimpiade è arrivata qualcosina meno di quanto si sperasse, ma stiamo cercando il pelo nell’uovo.
Arriviamo ai salti. E qui si può gioire.
Il triplo è la vera disciplina in cui l’Italia sta facendo scuola. Due azzurri in finale olimpica, solo come la formazione a stelle e strisce. Fabrizio Donato faccia di bronzo olimpica e oro europeo, Daniele Greco quarto a Londra. Uno a trentasei anni all’apoteosi dopo una carriera funestata da infortuni capace di 17.53 vicinissimo al suo 17.60 di dodici anni fa che è ancora record italiano (fattosi male l’altro giorno nel lungo a Rieti dovrà iniziare una serie di terapie), l’altro giovanotto di ventitré anni con un futuro tutto davanti. E in più Fabrizio Schembri che non era presente visto il limite eccessivamente alto (17.20): il comasco era tranquillamente da quinto-sesto posto con i suoi stagionali. Con Andrea Chiari (classe ’91) che sta cercando di farsi largo. Certo al femminile abbiamo perso sciaguratamente Simona La Mantia, ormai infilatasi in un tunnel senza uscita.
Alessia Trost ha vinto il mondiale juniores saltando 1.92 e mancando di pochissimo l’1.95 che l’avrebbe spedita (con merito) a Londra. Al maschile un sontuoso Gianmarco Tamberi è volato a 2.31 con una tecnica sopraffina; poi in Gran Bretagna, dopo una stagione tirata e alla ricerca di quella misura, si è perso in eliminatoria. Diciannove e vent’anni rispettivamente sono le due grandi nostre carte da giocarci nel futuro.
Nell’asta Roberta Bruni ha strappato un meraviglioso bronzo mondiale juniores. Puntiamo molto su questa classe ’94 con una bella tecnica e con ampi margini di crescita. Senza dimenticare che ha già un bel 4.35 di personal best… E Claudio Stecchi col 5.60 è un’altra bella cartolina.
Nel lungo non sarà stata all’altezza delle sue potenzialità il talentino Anastassia Angioi quando è stata chiamata in causa in Spagna. Ma insomma per una classe ’95 non è facile confermare un 6.49 di personale. Idem come sopra per Ottavia Cestonaro. Tutto per il futuro.
Nei lanci poco o nulla si muove. Rimaniamo aggrappati all’eterno capitano Vizzoni, ancora capace di farci emozionare col suo martello e con l’ottavo posto a cinque cerchi. Dietro di lui c’è Lorenzo Povegliano che nel 2012 ha superato la fettuccia dei 79 metri ma è ancora troppo discontinuo. Promessa Marco Bortolato ora sopra ai 73 metri? Forse. Tra le donne Silvia Salis non ha trovato la stagione giusta, con tre nulli all’Europeo e una gara scialba a Londra. Il peso di Chiara Rosa ha invece regalato un bronzo continentale e se la Ostapchuck fosse stata trovata positiva qualche giorno prima sarebbe entrata anche nella finale olimpica. Chissà se gli allenamenti di Assunta Legnante le consentiranno di tornare attorno ai 18 metri nonostante la sua cecità.
Nella marcia il caso Schwazer è stato sicuramente un colpo mortale, che non si ripercuoterà solo a livello sportivo. Al femminile Elisa Rigaudo ha messo la stessa grinta di quattro anni fa, è stata capace di 1h27:36, tempo sicuramente da medaglia, ma davanti c’erano davvero dei mostri e si è dovuta accontentare del settimo posto. Il futuro è tutto sulle spalle di Eleonora Giorgi, ventitreenne brianzola capace nella stessa gara della piemontese di concludere quattordicesima col personale di 1h29:49: se si va avanti a lavorare…
Per la maratona come non ricordare Valeria Straneo stupenda ottava sulle strade della capitale inglese. Peccato che l’età anagrafica (36 anni) e il tardo avvicinamento al professionismo, scoperto praticamente un anno fa, non le consentano di arrivare ancora più lontana.