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‘Italia, come stai?”: Mondiali di ciclismo, si salvano solo le donne. Fallimento Bettini

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Promosse le donne, bocciati gli uomini. E’ la sintesi estrema dei Campionati del Mondo di ciclismo disputati a Valkenburg.

Partiamo dalle note positive. Grazie al bronzo di Elisa Longo Borghini, la selezione femminile ha conquistato il podio numero sette nelle ultime sei edizioni iridate, di cui ben 4 sono stati ori. Dati impressionanti, soprattutto se consideriamo che ci troviamo nel bel mezzo dell’Era Vos, con la cannibale olandese, appena 25enne, che promette di dominare la scena internazionale ancora per un decennio. Se la fuoriclasse orange appare di un altro pianeta, proprio l’Italia, come da tradizione nell’ultimo lustro, si è rivelata, per classe e completezza, la miglior nazionale del pianeta. A seconda dei tracciati, la selezione tricolore possiede sempre almeno un paio di elementi in grado di puntare al vertice, senza dimenticare che il ricambio generazionale è già pienamente in atto. Il futuro è assicurato grazie ad Elisa Longo Borghini (21 anni a dicembre), Rossella Ratto (non ancora 19enne) ed Anna Zita Stricker (18 anni). Da queste tre talentuose atlete potrebbe giungere la risposta italiana allo strapotere della Vos. Il ciclismo femminile, poi, potrà contare ancora sulle “veterane” Tatiana Guderzo e Giorgia Bronzini, entrambe under30 ma con un’esperienza ed un palmares stratosferici.

 

Se il ciclismo femminile guarda alle prossime rassegne mondiali ed olimpiche con rinnovata fiducia, l’esatto contrario può dirsi per gli uomini. La realtà è cruda: in questo momento l’Italia rappresenta una nazione di seconda fascia del pedale. Non abbiamo più un uomo da classiche, uno scattista dotato anche di un buon spunto veloce. I vari Bettini, Bartoli e Di Luca fanno parte di un passato sempre più lontano e gli interpreti attuali sono buoni corridori, ma non fenomeni. In tutta sincerità, in questo momento gli azzurri non avrebbero mai potuto primeggiare in un Mondiale come quello olandese. Motivi? Semplice: ci manca sia un uomo in grado di fare la differenza sugli strappi sia una ruota veloce in grado di arrivo a ranghi ridotti. Nel complesso, il triennio da commissario tecnico di Paolo Bettini si è rivelato fallimentare. Come spesso accade anche in altre discipline, non sempre grande atleta è sinonimo di grande allenatore. Tra gerarchie perdenti in partenza e scelte tattiche prive di fondamento, il 38enne di Cecina non ha convinto nella maniera più assoluta. Puntare su Nibali capitano, a prescindere da una condizione di forma non ottimale del siciliano, si è rivelata una strategia errata, in quanto lo Squalo non aveva né armi né caratteristiche tecniche per imporsi su un tracciato simile. E’ mancato anche coraggio: perché non puntare sull’esplosività e la spavalderia del giovane Moreno Moser? Quasi certamente non si sarebbe vinto lo stesso, ma la scelta avrebbe assunto contorni più razionali, soprattutto perché proiettata al futuro. Lo stesso Moser avrebbe meritato anche la convocazione per le Olimpiadi di Londra 2012, dove avrebbe potuto recitare un ruolo da protagonista. Insomma, attualmente il materiale umano a disposizione non è eccelso, ma Bettini non fa nulla per farlo rendere al massimo. Il disastro mondiale è addebitabile anche alla Federazione, che ha vietato la convocazione in azzurro anche per quei corridori semplicemente indagati. A nostro avviso è stato violato in tal modo un principio della Costituzione Italiana, secondo cui l’indagato è innocente sino al momento della sentenza e fino a prova contraria. Senza contare, poi, che una seconda chance andrebbe concessa anche a chi condannato lo è già stato, perché non è giusto, magari per un solo errore commesso, continuare a pagare per un’intera carriera (la Spagna, giustamente, schierava anche Valverde e Contador, entrambi reduci da squalifiche).
Insomma, tra scelte politiche avventate, guida tecnica inadeguata e risorse umane di scarso livello, il ciclismo italiano torna dall’Olanda con le ossa rotte. Un fallimento che va aggiungersi alla totale scomparsa del Bel Paese anche dal settore su pista. Se giovani come Moser, Diego Ulissi, Giacomo Nizzoli, etc. (nel pomeriggio un approfondimento sul tema a cura di Gianluca Santo) costituiscono delle concrete speranze per una rinascita a breve-medio termine, per il pedale tricolore è tempo di invertire decisamente una rotta che, progressivamente, sta conducendo verso l’anonimato.

 

federico.militello@olimpiazzurra.com

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