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All Blacks, una macchina perfetta?

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Non serve essere un appassionato di rugby per conoscere gli All Blacks. Il loro nome è legato indissolubilmente a questo sport, dove sono considerati da sempre come la migliore squadra al mondo. Anche quando non vincono, basti pensare che il titolo mondiale conquistato lo scorso anno mancava dal lontano 1987. Ma loro sono La squadra, sono fregiati di quella gloria che solo un ristretto novero di atleti e/o team di altre discipline può vantare.

I ‘tuttineri’ saranno i prossimi avversari della nostra Italia, in un palcoscenico degno della fama neozelandese, lo stadio Olimpico di Roma. Come nel 2009 a San Siro, l’interesse suscitato dall’arrivo degli All Blacks è a dir poco clamoroso: saranno oltre 70000 gli spettatori previsti sabato pomeriggio, un numero enorme per una partita di rugby nel nostro paese.
Inutile soffermarci su come arrivino a questa sfida. Un ruolino di marcia stratosferico con 1 pareggio e 17 vittorie –  sedici consecutive –, dovrebbe essere sufficiente per spiegare in che stato di forma (fisico e mentale) gli All Blacks sbarchino a Roma. In molti, però, si chiederanno i motivi della straripante superiorità della nazionale oceanica ed oggi proveremo a schiarirvi le idee.

Alla base di tutto, la capacità di sfornare anno dopo anno atleti veri, con un fisico eccezionale e un tasso tecnico molto elevato, per rimpolpare sempre di più una formazione che non accusa minimamente la differenza tra titolari e (presunte) riserve. Eppure, il loro gioco è addirittura più semplice rispetto ad altre nazionali. Il vero dislivello con il resto del globo, infatti, è rappresentato dai meccanismi di gioco, non complicati ma allo stesso tempo perfetti: dalla liberazione nei propri 22 alla mischia ordinata, passando per le ruck, gli offload, i ricicli e tutte le fasi di gioco offensive e difensive. Tutto svolto a livelli ancora irraggiungibili e con i migliori interpreti del pianeta. Richie McCaw, Dan Carter, Conrad Smith, Ma’a Nonu, solo per citarne alcuni. Un’evoluzione continua del loro gioco li pone sempre davanti a tutti: innovazioni rapide, per anticipare le concorrenti, che spesso possono solo trarre spunto dai gameplan neozelandesi.

Con Steve Hansen in panchina, poi, sembra essersi risolto l’unico, storico problema degli AB: vincere anche quando si in incappa in giornate no. Succede raramente a questi fenomeni della palla ovale, ma di tanto in tanto capita e finora ne avevano spesso pagato le conseguenze. La macchina sembra davvero perfetta, in grado di resistere a qualsiasi tentativo di assalto. In questo momento, arginarli appare impossibile anche per Sudafrica ed Australia, le squadre che più di tutte, in passato, sono riuscite a sgambettare gli uomini in nero.  Per l’Italia si prospetta un inferno, dal quale bisognerà uscire con meno punti possibili sul groppone. Metterli quantomeno in difficoltà per una porzione di gara non è fantascienza, ma è illusorio pensare che gli uomini di Brunel possano lottare per 80′. Nel rugby, di solito a vincere è la legge degli All Blacks.

Nella foto, la haka: mondosportblog.com

daniele.pansardi@olimpiazzurra.com

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