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Rugby, il dopo All Blacks: tra soddisfazione e rabbia

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A differenza del match di San Siro del 2009, questa volta la sfida tra Italrugby e All Blacks ha regalato spettacolo ed emozioni nella cornice dell’Olimpico. La notizia davvero di rilievo, però, è la prestazione dell’Italia, che non ha fatto da sparring partner ai neozelandesi, come potrebbe far pensare il risultato finale, bensì ha recitato un ruolo da protagonista per più di un’ora di gioco. Alla fine, il passivo di 32 punti sembra alquanto ingiusto per la mole di gioco prodotta dalla squadra azzurra, a tratti capace di mettere in difficoltà i Campioni del Mondo. Rispetto alla partita contro Tonga i passi avanti sono stati molteplici, soprattutto in attacco, ma quanto di buono mostrato sabato pomeriggio non dovrà diventare un caso isolato, dovuto soltanto agli stimoli che un avversario del genere poteva infondere.

La soddisfazione

I complimenti sono piovuti da tutta Italia per la Banda Brunel e ora di soddisfazione in casa azzurri ce n’è davvero in quantità industriale. La grande partita di sacrificio e di qualità non è passata inosservata a tifosi e media, seppur il largo divario al fischio finale. E’ stata una nazionale diversa dall’ultima uscita, quando l’atteggiamento svagato e il gioco che stentava a decollare erano i principali temi nel post-partita. Niente di tutto ciò è stato riproposto all’Olimpico, dove gli oltre 70000 presenti hanno potuto ammirare una delle migliori performance italiane degli ultimi anni: il 42-10 finale, infatti, è frutto di una continua ricerca di punti anche dopo 70′, a serbatoio quasi esaurito, che ha portato a inevitabili buchi difensivi. Tant’è che 19 punti dei 42 messi a referto dai tuttineri sono arrivati negli ultimi 13′, a dimostrazione di come gli azzurri abbiano seriamente impegnato i maestri del rugby; una mentalità aggressiva che è sicuramente una piacevole novità per l’Italia.

Potremmo definire sorprendente anche la qualità espressa in fase offensiva, in cui (finalmente) si è vista una maggiore ricerca del gioco al largo e un handling decisamente migliore – seppur non ancora eccellente – dovuto soprattutto alla buona prova di tutto il reparto dei trequarti. Decisivo, in questo senso, aver inserito Luciano Orquera ed Edoardo Gori in mediana dal primo minuto al posto di Burton e Botes; l’apertura delle Zebre non sarà un fenomeno, ma rispetto all’italo-australiano è un vero numero 10 in grado di far girare la squadra e di attaccare quando serve, mentre ‘Ugo’ è sembrato ancora una volta molto più preciso ed affidabile di Tobie. La giornata di grazia di Sgarbi, poi, ha inciso e non poco sul gioco dell’Italia, basti pensare alla meta e all’invenzione col piede che a momenti mandava in try zone Mirco Bergamasco. Degna di nota anche l’attenzione della linea arretrata in difesa, dove ha brillato su tutti Andrea Masi; Brunel azzecca in pieno la mossa di spostarlo qualche metro più avanti rispetto alla sua posizione iniziale di estremo, per garantire più fisicità nei placcaggi. Se per i trequarti la notizia di una partita convincente desta quasi “clamore”, rientra nell’assoluta normalità l’impeccabile match del reparto avanzato. Padroni assoluti in mischia, con un Lo Cicero stoico e un Castrogiovanni che sprizzava grinta da tutti i pori. E poi la “strana coppia” di lavoratori instancabili, Francesco Minto e Simone Favaro, immensi in ogni zona del campo. Un esempio per tutti, nonostante l’età non propriamente ‘avanzata’.

La rabbia

Tanta soddisfazione, tanto orgoglio e felicità per la bella prestazione, ma spazio anche alla rabbia e alla delusione per quei 15′ finali, quando sono arrivate ben tre mete. Più del talento degli All Blacks, che a sprazzi è comunque venuto fuori, ha prevalso la stanchezza tra chi è rimasto in campo per 80 minuti. Alcune riserve portate in panchina da Brunel, poi, non hanno convinto pienamente, così come la tempestività di alcuni cambi. Favaro e Zanni avrebbero meritato un minutaggio maggiore, anche perché più volte hanno dimostrato di saper reggere una partita intera, mentre Mauro Bergamasco non sembra risultare utile ormai alla causa.

Il fattore della tenuta fisica, in ogni caso, resta il problema maggiore, che deve necessariamente preoccupare per il futuro. Ok, si giocava contro gli All Blacks, la sconfitta sarebbe arrivata ugualmente, ma contro nazionali di un gradino inferiore la partita non potrà durare 65′. Tuttavia, se l’Italia dovesse dare continuità alla prestazione di sabato, qualche soddisfazione importante potrebbe arrivare molto presto. Tra cinque giorni, al Franchi di Firenze, arriva l’Australia, in una partita che si deve provare a vincere. I Wallabies attraversano un periodo di alti e bassi e una nuova prova di alto livello potrebbe mettere la parola fine alle sconfitte onorevoli dell’Italia, che sarebbe il miglior passo avanti possibile.

Foto: corrieredellosport.it

daniele.pansardi@olimpiazzurra.com

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