Pallavolo
Volley, Juantorena: azzurro sì, azzurro no?
Osmany Juantorena Portuondo nato a Santiago il 12 agosto 1985. Cubano nel sangue, nella mente, nella cultura e sportivamente visto che è anche nipote di Alberto Juantorena, campione olimpico a Montreal 1976. Nel 2004 esce regolarmente dall’isola: una mission impossibile per quasi tutti i suoi connazionali. L’anno successivo vince la medaglie di bronzo alla World League 2005 proprio con la Nazionale caraibica. Poi due anni di squalifica per doping e le difficoltà nel ritornare a giocare visto che la Federazione del suo Paese non voleva concedere il transfer: lo stesso problema che Simon ha avuto e che si è risolto solo poche settimane fa. La prima partita con Trento il 27 settembre 2009: tre anni di successi con la squadra del presidente Mosna che tanto l’ha voluto alla sua corte. Poi il conferimento della cittadinanza il 22 settembre 2010 e qualche mese fa la conferma di poter esser eleggibile per la maglia azzurra. E lì iniziano le polemiche.
Partiamo dal presupposto che lo stesso Juantorena ha espresso diverse incertezze sulla possibilità di giocare con la nostra Nazionale, che non si sente convinto di questo passaggio e che vede Cuba ancora come la sua Patria, portandola nel cuore. Quindi non si può costringere qualcuno a vestire la maglia più prestigiosa contro la sua volontà.
Sottolineiamo poi che ha già giocato con un’altra Nazionale. Che non è nato in Italia. Che non ha un briciolo di sangue italiano. Che risiede nel nostro Paese da soli cinque anni. Queste sono le perplessità oggettive che sono state sollevate da alcuni senatori dell’Italvolley di bronzo a Londra. Uno su tutti Dragan Travica, pesantemente attaccato domenica dalla tifoseria di Trento (clicca qui per leggere l’articolo), considerato naturalizzato al pari dell’idolo di casa. Ma occorre fare alcune precisazioni: il ventiseienne è nato sì a Zagabria da genitori croati, ma è poi cresciuto tra Treviso, Modena, Falconara, Crema e Monza, indossando la maglia azzurra juniores a soli quindici anni. Sentendosi italiano a tutti gli effetti e dichiarandolo orgogliosamente in più occasioni.
I genitori di Ivan Zaytsev sono sì russi, ma il ventiquattrenne è nato a Spoleto ed ha iniziato a giocare (come palleggiatore) a Perugia. Michal Lasko ha parlato poco in materia, ma ricordiamo che è nato in Polonia ed è cresciuto in Italia. In sostanza hanno tutto un quid in più rispetto all’ex cubano, anche se qui non stiamo facendo la gara a chi sia più o meno italiano.
Noi storciamo il naso non di fronte alle motivazioni, che possono essere condivisibili o meno (fortunatamente esiste la libertà di pensiero), ma di fronte alla possibilità che siano dei giocatori a poter scegliere chi debba o meno giocare in Nazionale. Difficilmente questa querelle può mettere in difficoltà una mente lucida, acuta e intelligente come quella di Mauro Berruto ma senz’altro possono destabilizzare un ambiente che sta andando avanti in armonia da due anni a questa parte.
Siamo certi che un Juantorena in squadra eleverebbe di moltissimo il livello della nostra Nazionale, consentendole probabilmente di colmare quel piccolissimo gap che la separa da Brasile e Russia (e che si è visto anche ai Giochi Olimpici) come fece la “connazionale” Tai Aguero al femminile (tra l’altro lei non ebbe problemi di transfer perché uscì in maniera diversa da Cuba).
Dobbiamo, però, sempre considerare che la pallavolo è un vero sport di squadra dove un solista non può portare a casa nulla. La palla si schiaccia al di là della rete con tre passaggi: vi immaginate Travica ad alzare per Juantorena magari dopo che capitan Savani ha ricevuto (tra l’altro suo cognato, visto che è sposato con la sorella Mihaela che gli sta pure regalando un figlio) e dovendo scegliere tra lui e Zaytsev? Con questo clima chissà cosa ne verrebbe fuori. Anche perché un inserimento di Osmany implicherebbe pure un cambiamento di modulo stile Macerata.
Giusto quindi porsi il dilemma: prenderselo a tutti i costi perché è forte oppure tenere calme le acque ed andare avanti con questi ragazzi dal potenziale immenso?
Intanto ci sarebbe una soluzione: sedersi ad un tavolo e parlarne a quattr’occhi perché il botta e risposta tra tifosi e giocatori porta solo zizzania ed infiamma un ambiente che non ne ha bisogno. Travica che si incontra con Juantorena magari con la mediazione di Savani e la supervisione del coach torinese potrebbe essere una bella idea da attuare il prima possibile.