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Boxe professionistica: diagnosi del malato “Italia”

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Provare a districarsi nel labirinto di sigle e categorie di peso del pugilato professionistico non è impresa facile: esistono circa tredici associazioni che si arrogano il diritto di nominare il proprio campione del mondo; di queste solo quattro sono considerate major ( WBC, WBA, WBO e IBF) e riconosciute da quasi tutte le federazioni.  A tutto ciò si potrebbe sovrapporre a breve il progetto dell’AIBA (l’associazione internazionale dilettantistica), che intende creare la propria categoria pro, ai cui pugili aderenti venga concessa la possibilità di partecipare ai Giochi Olimpici.

Ma come, un associazione dilettantistica con dei professionisti? Va bene, lasciate perdere , ho desistito anch’io dal provare a capire tutto. E poi, in fondo, questa incoerenza sarebbe forse solo un’inezia rispetto al caos organizzato del modo pugilistico.

E l’Italia? Il nostro pugilato a torso nudo, purtroppo, non gode certo di buona salute. Partiamo da un dato nudo e crudo: delle 17 categorie di peso nelle quattro sigle major – quindi per un totale di 68 titoli (non considerando le categorie con doppia cintura) – nessun azzurro può vantarsi di essere Campione del Mondo. E non mi risulta che nemmeno nel sottobosco delle sigle minori ci sia un boxeur italiano titolare di una corona mondiale (ma qui è talmente complicato che mi potrebbe sfuggire qualcosa).

Il dato di cui sopra non è certamente dei più allietanti, francamente dal Paese dei Carnera e dei Benvenuti, dei Mazzinghi e dei Loi, degli Oliva e degli Stecca, ma anche del compianto Parisi per non andare molto lontano, ci si aspetta qualcosa di più.

La situazione già di per se critica è resa ancor più complicata da un sistema italiano che spesso consegna ancora i pugili potenzialmente più forti al dilettantismo per inseguire il pur nobilissimo traguardo olimpico. L’arruolamento ai corpi delle forze armate fa poi di fatto dei nostri dilettanti dei lavoratori della boxe veri e propri, con il risultato del paradosso dove i vari Russo e Cammarelle, dilettanti, sono forse più forti e sicuramente più popolari dei pro.

Se quanto detto sopra non bastasse, a far perdere ulteriore credibilità al movimento ci si mettono del loro anche i pugili stessi. Basti pensare ai due eventi clou della boxe italiana del 2012: la conquista del titolo IBO di Marsili in trasferta inglese a Liverpool e il big match Branco-Fragomeni per la corona Silver della WBC e il diritto a combattere per la cintura principale. Per motivi diversi gli epiloghi di entrambi i match hanno del grottesco.

Emiliano Marsili decide, seppur in contrasto con la federazione che non riconosce la IBO, di combattere per il titolo dei pesi leggeri contro il favorito di casa Derryl Matthews. Vince a sorpresa per K.O. tecnico alla settima ripresa. La federazione non ne celebra però la gloria, tutt’altro:  lo squalifica per aver combattuto con licenza spagnola. Il mancino di Civitavecchia non riesce poi ad organizzare la difesa ed infine rinuncia alla corona per sfidare Luca Giacon per il titolo europeo dell’EBU e probabimente aderire al progetto AIBA.

L’altro episodio è una delle pagine più desolanti per la boxe italiana: va in scena in due atti la sfida Branco-Fragomeni, due massimi leggeri che rappresentano più o meno quanto di meglio possa offrire oggi la nobile arte italiana professionistica. Il fatto che i due pugili siano entrambi sopra i 40 anni è una cartina tornasole abbastanza precisa del momento grigio del nostro pugilato. A marzo l’incontro termina in parità. I due si accordano per una rivincita da disputarsi a fine anno. Il 15 dicembre a Riva del Garda si affrontano in un incontro abbastanza equilibrato ma che quasi tutti gli appassionati e due dei tre giudici assegnano a Fragomeni. Al suono dell’ultimo gong sul ring si scatena però un putiferio, vola anche qualche pugno e ceffone tra i due angoli, col risultato che viene impedita la lettura ufficiale del verdetto. Le polemiche nei giorni successivi montano e la querelle è tuttora aperta. Forse tutto ciò potrà anche mettere pepe per un’ulteriore sfida, solo che non parliamo di Alì-Frazier ma di Fragomeni-Branco che, con tutto il rispetto per le loro rispettabilissime carriere, hanno quasi 90 anni in due, mi sembra tutto abbastanza triste.

Se vogliamo vedere anche il bicchiere mezzo pieno dobbiamo citare anche qualche pugile interessante come il peso massimo Francesco Pianeta, il super-medio Mouhamed Alì Ndiaye, i welter Bundu, Della Rosa e l’italocanadese Lo Greco e una buona pattuglia di pesi leggeri e dintorni con Devis Boschiero, i già citati Marsili e Giacon, Sarritzu e De Vitis.

Si annuncia un 2013 interessante dal punto di vista delle modifiche al sistema e al regolamento, speriamo che resti lo spazio anche per un po’ di buon pugilato.

 

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