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Rugby femminile, un mondo in crescita in Italia…Sognando le Olimpiadi!

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Nel panorama dello sport italiano esiste un mondo semisconosciuto ai più, all’appassionato generico da divano e gazzetta, agli spettatori occasionali di “sport minori”, molto spesso anche al conoscitore più attento e purtroppo, abbastanza spesso, persino ai frequentatori più assidui del pianeta Ovalia (addetti ai lavori compresi) .
Stiamo parlando del rugby femminile. Una realtà che conti alla mano coinvolge più di 1000 ragazze impegnate settimanalmente sui campi di tutto il Paese e che ha raggiunto (almeno nel XV ) una posizione del ranking mondiale di tutto rispetto, con l’Italia settima al mondo.
Dall’entrata del rugby nel programma olimpico l’attenzione dei media si è notevolmente alzata, soprattutto però verso il codice a sette, dove il programma femminile da quest’anno è in via sperimentale anche nelle Irb World Series. Proprio il sevens dovrebbe, secondo i programmi dell’IRB , fare da veicolo trainante per un’universale diffusione del gioco al femminile.
Perchè il rugby a sette? In primis proprio per il prestigio nonché l’importante cassa di risonanza dell’evento olimpico, ma poi anche perchè garantisce una semplificazione nel reclutamento delle giocatrici dove è spesso difficile avere squadre di una ventina di elementi; da non dimenticare la spettacolarità del gioco ed infine la possibilità per le produzioni televisive di inserire l’evento abbinandolo – come appena avvenuto a Dubai – al torneo maschile.
In Italia ci sono attualmente 12 squadre che partecipano al campionato nazionale di rugby a XV. Le campionesse d’Italia sono le ragazze del Riviera del Brenta che da dieci anni si alternano con le Red Panthers della Benetton Treviso. Le trevigiane hanno un record veramente invidiabile: prima dell’introduzione della finale si sono aggiudicate ben 19 scudetti consecutivi dei 23 vinti in totale (sette prima del riconoscimento federale). Ci sono inoltre quasi una sessantina di squadre che si confrontano sul terreno del rugby sevens che quest’anno è partito di gran carriera con la creazione della Coppa Italia, proprio la versione a sette sta dando una spinta propulsiva importante al movimento che è arrivato ad avere più tesserate addirittura di Galles e Scozia. Importante infine è il lavoro che si sta compiendo per il rinforzamento dei settori giovanili fino all’Under 14.
Oggi quindi il grande dilemma del rugby femminile italiano è: sterzare definitivamente verso il sevens prima di restare indietro o continuare su una strada ibrida prediligendo il XV, magari proprio approfittando dell’indebolimento di alcune nazioni? Diciamo che per ora la FIR sta solo strizzando l’occhio al rugby olimpico.
Ci sono a mio parere pro e contro in entrambe le scelte, quello che però è certo è che se aspiriamo ad una partecipazione a cinque cerchi siamo rimasti indietro rispetto a quasi tutti i Paesi a tradizione ovale e a moltissime nazioni dal pedigree rugbistico meno prestigioso: indicativo è l’esempio dell’Olanda dove è stata creata una nazionale professionistica femminile (che ottiene ottimi risultati a livello internazionale) mentre i colleghi maschi sono tutti amatori.
Staremo a vedere, ma se una medaglia e perfino una partecipazione a Rio potrebbe essere un miraggio, in prospettiva 2020 tante cose potrebbero cambiare.

 

Danilo Patella

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