Scherma
Spada, Alfredo Rota: «Scusate se vi ho fatto piangere»
Per molti il suo nome è indissolubilmente legato a quell’ultima stoccata contro Obry a Sidney 2000, ma Alfredo Rota è stato molto più di una medaglia d’oro olimpica a squadre. Uno dei più grandi interpreti mondiali della spada negli ultimi 15 anni, un autentico patrimonio della scherma italiana.
A 37 anni ha deciso di lasciare l’attività agonistica e diventare maestro. Il 7 dicembre ha tirato in un assalto di esibizione contro Francesco Martinelli, compagno di avventure lungo tutta la carriera. Olimpiazzurra l’ha intervistato.
Olimpiazzurra: Non si può non partire da Sidney e dalla tua faccia stupita dopo l’ultima stoccata ad Obry. Non ci credevi nemmeno tu?
Alfredo Rota: «Dopo quello che avevo fatto in semifinale con la Corea credevo a tutto. Quel volto era il riassunto di una giornata pazzesca. Sapevo di metterla io, se guardate i nostri occhi prima di quella botta capite che l’avrei messa io».
OA: Il 7 dicembre hai tirato con Francesco Martinelli in quello che molti hanno visto come il tuo assalto d’addio. Com’è andata?
AR: «Ho semplicemente risposto ad un invito di Martinelli per un’esibizione. Ho accettato molto volentieri perché è un amico e 20 anni passati assieme non si scordano».
OA: Parliamo allora di questi 20 anni di carriera. Qual è il ricordo più bello?
AR: «La telefonata a casa dopo aver vinto l’oro olimpico, con mio padre che piangeva e basta. Ma anche le lacrime di alcune persone quando ho detto che smettevo».
OA: A volte capita che ripassando la carriera di alcuni atleti ci si stupisca perché hanno vinto meno di quello che meritavano. Anche per te è un poì così.
AR: «Grazie. Forse è vero, per quello che era il mio valore avrei dovuto vincere molto di più, ma se non è accaduto avrò avuto le mie colpe. L’importante è che anche nella sconfitta mi sia comportato da uomo prendendomi sempre le mie responsabilità».
OA: La vostra squadra ha vinto tanto. A volte con atleti fortissimi, altre volte meno. Qual era il segreto, il gruppo?
AR: «In 20 anni di nazionale ho vissuto molte squadre diverse, sicuramente gli anni con Paolo Milanoli sono stati magnifici. Solo per far capire chi era posso raccontare che ci aveva convinti che se dopo ogni allenamento in ritiro facevamo la doccia fredda ci temprava il carattere e saremmo stati imbattibili. Per un mese e mezzo era una penitenza finire l’allenamento, ma aveva ragione siamo diventati campioni olimpici».
OA: E oggi cosa manca alla squadra di spada per fare gruppo?
AR: «Quello che manca ora penso sia una chiara distinzione dei ruoli. In una squadra ogni persona deve avere un ruolo e questo deve essere chiaro mesi e mesi prima di una gara».
OA: Hai avuto un ct come Carlo Carnevali. Cosa vi ha lasciato la sua scomparsa prematura? Cuomo è riuscito a raccoglierne l’eredità?
AR: «La mancanza principale ovviamente è prima di tutto umana. Per quanto riguarda il tecnico, con Carlo avevamo costruito una delle squadre più forti al mondo, poi per vari motivi è stata smantellata. Ora nascerà un progetto giovane a cui faccio il mio imbocca al lupo».
OA: Lasciar andare via un tecnico come Angelo Mazzoni è stato un errore?
AR: «Angelo è sicuramente uno dei tecnici più forti e preparati al mondo e sarebbe utilissimo all’Italia. Ma ha fatto delle scelte e vanno rispettate».
OA: E tu speri un giorno di dicentare ct della Nazionale?
AR: «Ora ho iniziato come maestro di club e va benissimo così. Voglio arrivare al venerdì e pensare come passare il sabato e la domenica senza scherma. Esiste un tempo per tutto, ora è arrivato il momento di pensare ad altro».
OA: Matteo Tagliariol e Paolo Pizzo. Due spadisti di altissimo livello e molto sfortunati. Cosa c’è dopo di loro?
AR: «Sono atleti fortissimi entrambi, ora alle prese con guai fisici. Appena riusciranno a risolverli torneranno a giocarsi Mondiali e Olimpiadi. Auguro al mio ex mondo tutto il meglio possibile».
gabriele.lippi@olimpiazzurra.com
Twitter: GabrieleLippi1
Foto Federscherma