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Sport italiano: una classe dirigente vecchia e “incollata” alla poltrona

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Se si dovesse cercare un termine che descriva appieno la classe dirigente italiana, questo sarebbe sicuramente gerontocrazia, ovvero “potere degli anziani”. Un sistema che aveva fatto le fortune delle prime democrazie e non dell’antica Grecia, ma che pare essersi tristemente trascinato fino ai giorni nostri: questa associazione è tanto applicabile alla classe politica, quanto estendibile alla dirigenza sportiva; una dirigenza dove vecchio è la parola d’ordine, non tanto dal punto di vista strettamente anagrafico, quanto dal punto di vista della tenacia con cui i dirigenti rimangono “incollati” alla loro poltrona.
Sia ben chiaro, non si vuole mettere in discussione l’operato di alcune di queste persone perché spesso e volentieri hanno lavorato nell’interesse dello Sport, come dimostrato da Giorgio Scarso in ambito scherma, ma ci sono comunque aspetti su cui bisogna riflettere. Innanzitutto la “moltiplicazione” dei mandati di ogni singolo dirigente: il già citato Scarso è infatti in carica dal 2005 e lo sarà perlomeno fino a Rio 2016, mentre sono al loro quarto mandato consecutivo i presidenti della federazione di tiro con l’arco Mario Scarzella e quello della federazione preposta al controllo degli sport subacquei e della pesca sportiva Ugo Claudio Matteoli. Riconfermati anche Barelli alla guida della Federnuoto, malgrado i risultati tutt’altro che lusinghieri della spedizione italiana a Londra, e Magri a capo della Federvolley, giusto per citare le federazioni più rappresentative.
Quello dei numeri è il secondo aspetto importante da mettere in luce: andando ad analizzare le percentuali dei voti, si notano infatti veri e propri plebisciti a favore del vincitore. Giorgio Scarso ha ottenuto l’84%, Scarzella addirittura il 94% delle preferenze, come del resto non proprio equilibratissima è stata la distribuzione dei voti all’assemblea elettiva Fipav, dal momento che il riconfermato Magri ha preso oltre 15.000 voti su 16.000 votanti.
Terzo aspetto: la capacità camaleontica di questa gente di reinventarsi in altre cariche. Si veda ad esempio Gianni Petrucci, dal 2004 presidente del Coni (ora a fine mandato), ma atteso a braccia aperte a dirigere la Federbasket, il suo primo amore.
Come si può notare da questi brevi cenni, sembra proprio che l’idea di un ricambio generazionale ai vertici dello Sport nostrano sia ben lungi dall’essere messa in atto.
Tuttavia, non mancano eccezioni a questo “conservatorismo dirigenziale”: un segnale in tal senso viene dall’elezione dei vertici federali della FIDAL (atletica leggera), dove allo storico presidente Arese, in carica dal 2004, è succeduto Alfio Giomi che ha battuto il rivale Alberto Morini con oltre il 60% delle preferenze. Un cambiamento c’è stato anche ai vertici della Federazione Italiana Canottaggio, dove alla presidenza è salito Giuseppe Abbagnale, il maggiore dei leggendari “fratelloni” le cui imprese sono state cantate in epiche telecronache dall’altrettanto mitico Galeazzi.
Malgrado ciò siamo ancora distanti da un vero e proprio rinnovamento, ma questo, come detto è un problema generalizzato nel nostro paese.

 

Alessandro Gennari

alessandro.gennari@olimpiazzurra.com

Foto: corriere.it

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