Oltre Cinquecerchi
Tra presente e futuro: il n°9 è di Edoardo Gori
Qualche giorno fa, scrivendo di David Hofer come uomo più in forma del fondo italiano, avevamo parlato di una peculiarità dello sport italiano, che vuole molti dei nostri atleti raggiungere il picco della propria carriera intorno ai 30 anni. Un qualcosa di ben radicato ormai, una sorta di regola. Ma è risaputo, ad ogni regola corrispondono un dato numero di eccezioni, tra le quali rientra pienamente uno dei rugbisti italiani più acclamati del momento, Edoardo Gori.
Classe 1990, Ugo (così ribattezzato dalla madre, in modo che lo rispondesse subito) è cresciuto rugbisticamente in quel di Prato. Prima nel Gispi e poi nei Cavalieri, Gori ha sempre giocato in franchigie della città toscana, dall’Under 16 alla prima squadra, apportando un contributo fondamentale alla promozione proprio dei Cavalieri in Super10, nel 2009. Già allora, a 19 anni, il ruolo di mediano di mischia cominciava ad essere di sua proprietà e non poteva essere altrimenti, vuoi per lo spiccato senso tattico, vuoi per la precisione con cui Ugo smista l’ovale ai suoi compagni. Le sue qualità eccelse gli valgono molteplici convocazioni nella nazionale Under20 e nella nazionale ‘A’, ma soprattutto attirano l’attenzione del Benetton Treviso, che lo preleva da Prato nel 2010. L’occasione è di quelle irrinunciabili, perché per Ugo si aprono le porte della Celtic League, nell’anno dell’esordio italiano. Picone, Semenzato e Botes, però, lo precedono nelle gerarchie, dando vita ad una situazione paradossale. Ugo, infatti, diventa il primo ad avere più caps in nazionale maggiore che presenze nel club d’appartenenza, dopo l’esordio (da titolare) nel test match contro l’Australia. Perché se Smith non lo reputa pronto a sobbarcarsi troppe responsabilità nella lega celtica, per Mallett i tempi sono già maturi per affidargli le redini di una squadra alla disperata ricerca di un nuovo mediano di talento. E Gori ripaga la fiducia, convincendo nelle sue prime apparizioni. L’infortunio al Sei Nazioni 2011, poi, non pregiudica la sua presenza alla Coppa del Mondo in Nuova Zelanda, dove gioca tutte le partite del girone, segnando anche una meta contro la Russia.
I complimenti si sprecano per Ugo. Per molti è il talento più promettente dell’Italrugby, per la capacità di guidare a poco più di vent’anni una nazionale maggiore, seppur rivestendo un ruolo delicatissimo, facente parte della spina dorsale di una qualunque formazione. Anche Franco Smith sembra accorgersene, ma il suo utilizzo resta comunque centellinato anche nella stagione successiva. In nazionale, l’avvicendamento Mallett-Brunel non muta la situazione e il ct francese continua a spuntare sul giovane di Borgo San Lorenzo anche nel SN 2012. Quattro partite disputate, sempre da titolare e sempre interpretate con la giusta personalità.
La stagione in corso, poi, ha tutto il sapore della consacrazione definitiva. Nel Benetton è finalmente arrivata la meritatissima maglia da titolare e l’infortunio di Botes c’entra ben poco: le ottime partite di Ugo hanno evidenziato come tra lui e l’italo-sudafricano il divario sia sostanziale sul piano dell’ordine tattico e della qualità. Solo un infortunio ne ha frenato una crescita sempre più netta e continua, ma mai rientro fu più propizio, soprattutto per Brunel. La corsa di Gori, infatti, ricomincia ancora una volta dalla nazionale, dai test match del mese scorso. Tre prestazioni concrete, decisive per il gioco (buono) messo in mostra dall’Italia, di cui sembra già il trascinatore, a 22 anni.
E’ già stato un elemento imprescindibile per i Cavalieri, lo è attualmente per Treviso e per la nazionale e lo sarà in futuro. Un futuro che si prospetta roseo per lui come per la mediana azzurra, finalmente coperta in un ruolo che, dai tempi di Alessandro Troncon, non vedeva interpreti di un livello così alto in grado di comandare la mischia e il gioco. Un livello che Edoardo ‘Ugo’ Gori potrebbe ancora innalzare nel corso del tempo, perché lui, a soli 22 anni, di tempo ne ha ancora tanto a disposizione.
Foto: odt.co.nz
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