Sci Alpino

Dominik Paris e Kristian Ghedina: un confronto azzardato?

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I paragoni tra atleti di epoche diverse, in ogni sport, sono quanto di più azzardato si possa fare: l’evoluzione di ciascuna disciplina sportiva è tale da sconsigliare questo genere di raffronti. Tuttavia, è normale che, nella menti degli appassionati e degli addetti ai lavori, le gesta di uno sportivo rimandino a quelle di un suo illustre predecessore: nel caso specifico, i grandi risultati di Dominik Paris ricordano da vicino quelli di Kristian Ghedina, il più grande discesista azzurro-assieme al pioniere Zeno Colò-della storia.

Partiamo da un raffronto fisico: Kristian Ghedina, 177 cm x 85 kg; Dominik Paris, 183 cm per oltre 100 kg. Due strutture, dunque, decisamente diverse, ma due atleti dotati in ogni di caso di una muscolatura sublime: Paris, anche solo ad occhio, dà l’idea di una grande forza fisica, Ghedina, pure più “contenuto”, la dimostrava in pista. Entrambi vantano però una dote a metà tra il fisico e il psicologico, ovvero la sensibilità, la capacità di far correre lo sci sui tratti in piano e/o senza curve. Il forestale altoatesino è nato così, come uno capace di fare grandi velocità-e grandi tempi-dove c’è da andare dritti; si è poi evoluto, come abbiamo avuto modo di raccontare in più occasioni. L’ampezzano ha vinto quattro volte sulla Saslong della Val Gardena, e questo dimostra, più di ogni altra riflessione, il suo incredibile feeling con le parti di scorrimento. In generale, nonostante la struttura fisica (alcuni pensano che, tanto più uno sia “massiccio”, quanto più sia scorrevole, per una banale legge fisica), possiamo dire che Ghedina fosse uno scivolatore persino migliore di Paris.

Sul piano tecnico, l’evoluzione di Paris è sotto gli occhi di tutti; la capacità di tirar fuori le linee migliori ad ogni curva è tanto più sorprendente proprio se si considera la sua notevole struttura fisica. Ma per vincere sulla Stelvio o sulla Streif ci vuole una tecnica sopraffina, non ci sono scuse; ci vuole una capacità di condurre lo sci nelle diagonali che solo i più grandi fuoriclasse hanno. Anche Ghedina, naturalmente, aveva queste caratteristiche, per quanto non sia mai riuscito a vincere a Bormio, considerata in assoluto la discesa più tecnica del circuito (Wengen e Kitz sono le più spettacolari in quanto più complete).  Se la scorrevolezza, tuttavia, è qualcosa di innato e difficilmente migliorabile, la tecnica è un aspetto che si può sempre perfezionare. Dominik Paris compirà 24 anni ad aprile, ha tutta la carriera davanti per limare ancora alcuni aspetti della sua sciata e per diventare seriamente competitivo anche in supergigante, oltre che in discesa libera.

Non dimentichiamoci infine di altri due fattori di cui a volte si parla persino troppo poco: anzitutto, la mentalità. La testa fa la differenza, nello sci alpino come in qualsiasi altro sport.  Testa non significa razionalità pura, soprattutto in discesa dove si viaggia a 130 km/h, tra salti, curve e muri: testa, a volte, è anche follia, per quanto possa sembrare un ossimoro. La capacità di rischiare in sicurezza, di andare al limite ma non oltre. Di azzardare, sì, ma senza  incappare in errori che possono costare carissimo: una capacità che il bravo Dominik sembra aver già acquisito. E poi, una qualità squisitamente da discesista è l’esperienza: conoscere ogni pista, ogni curva, ogni dettaglio lo si può fare solo col passare degli anni. Le discese sono sempre quelle, non c’è la pesante mano del tracciatore, come nelle altre specialità dello sci alpino, che può cambiare le carte in tavola; con gli anni, si memorizzano tutti i passaggi, tutti i punti critici, e ci si può quindi avvicinare sempre più a quel limite di cui accennavamo poco fa. E Dominik Paris non ha neanche 24 anni, lo sottolineiamo ancora.

foto tratta da sportnews.bz

marco.regazzoni@olimpiazzurra.com

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