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Judo, Andrea Regis in esclusiva: “Già proiettato verso Rio 2016”

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Andrea Regis è una delle più grandi speranze del judo italiano verso Rio 2016. Il talento dei -73 kg si racconta in esclusiva per Olimpiazzurra.

 

Nel 2010 hai vinto gli Europei under20, in seguito hai faticato ad importi a livello seniores: ci puoi spiegare come mai è così difficile per un giovane italiano il passaggio nella categoria maggiore?

“Credo innanzitutto che ogni cambio di categoria si possa definire traumatico e la stessa cosa avvenne anche quando passai da under 17 ad under 20. Impiegai almeno un anno intero per ambientarmi con i ragazzi più grandi, un po’ più forti fisicamente e con esperienze maggiori alle spalle.
E’ chiaro che il passaggio nella categoria dei professionisti è stato ancora più difficile considerando il mio modo di essere, lo stile di judo ed il mio carattere; mi paragono ad  un vecchio diesel e per carburare  ho bisogno dei miei tempi. Sono una persona molto riflessiva, a volte fin troppo e così come nella vita pure nel judo sono un attendista preferendo non prendere rischi inutili senza espormi in maniera eccessiva. In passato questa tattica d’attesa non ha sempre pagato, ma sono cosciente delle mie carenze e provo costantemente a lavorarci su per migliorarle”.

Ad un certo punto sembrava che potessi cullare il sogno Londra 2012, ma alla fine è evaporato: ci hai sperato?


“Sarei ipocrita a dire che i miei pensieri durante l’ultimo anno non fossero perennemente proiettati al sogno Londra 2012. Posso affermare che il mio chiodo fisso, il tarlo che mi teneva sveglio di notte, era l’Olimpiade. Sapevo per certo che non sarebbe stata assolutamente facile la qualificazione poichè ero partito un po’ in ritardo rispetto alle competizioni valide per il pass e gli avversari erano indubbiamente molto più forti di quanto io potessi immaginare da casa. Non ho alcun rimpianto per tutto quello che ho fatto e per come l’ho fatto; il giorno dell’ultima gara di qualificazion e(l’Europeo seniores in Russia), che mi ha visto sconfitto dal futuro campione olimpico Mansur Isaev, sono rimasto comunque felice per aver provato quel turbinio di emozioni che solo una qualificazione olimpica può dare. Direi infine che se non avessi avuto un fastidioso problema alla schiena che mi ha tenuto fermo 4 mesi e più dalle competizioni, forse avrei potuto fare qualche cosa di meglio, ma ho avuto ugualmente molte occasioni utili dopo questo stop che non ho saputo cogliere.
Ho gioito comunque per i miei compagni che sono riusciti ad andare a Londra ed hanno combattuto vincendo la loro sfida, magari non quella con la gara in sé per sé, ma quella contro sé stessi!”.

Pensi che il judo italiano sia all’avanguardia oppure un gradino dietro ad esempio a Giappone e Francia? 

“Indubbiamente penso che i francesi ed i giapponesi siano più avanti rispetto a noi italiani; basti pensare ad un evento importante come il “Grande Slam” di Parigi, o quello di Tokyo, dove i biglietti per “Lo Spettacolo” sono solitamente esauriti parecchio tempo prima dello svolgimento delle competizioni, e ciò fa riflettere molto.
La visibilità che ha il judo in molti paesi, oltre che l’elite di Francia e Giappone, permette alle varie federazioni di investire in questo sport e di mandare gli atleti fuori dalla propria nazione per fare esperienze e così migliorare sensibilmente.
E’ difficile per me capacitarmi del fatto che in Italia, culla di numerosissimi talenti, non siamo in grado di pubblicizzare il judo al meglio perché siamo sempre e solo attenti a cosa succede la domenica pomeriggio negli stadi sparsi per la nostra penisola; ebbene perché non esserlo anche per altri sport, altrettanto belli, interessanti e ricchi di tradizione come il judo, o la scherma, o migliaia di altre attività?”.

Come ti sei avvicinato al judo e perché lo consiglieresti ad un ragazzino?

“È tutto iniziato per caso nel ’98, quando la palestra in cui mi divertivo un sacco facendo karate, si trasferì troppo lontana da San Mauro Torinese, luogo da cui provengo. Fui costretto così a cercare una nuova palestra convinto di voler continuare con il  karate ed allora entrai per caso all’Akiyama Settimo Torinese e incontrando per caso il Sig. Pierangelo Toniolo che ancora oggi è il mio allenatore, mi innamorai del judo tra giochi educativi, cadute e risate. Credo che siano proprio queste le tre principali caratteristiche che rendono il judo un’attività adatta a tutti. Inoltre vedo questo sport come palestra di vita poichè ti insegna a rialzarti immediatamente nei momenti brutti ed a non esaltarsi eccessivamente nei momenti più positivi e per questo lo consiglierei a tutti”.

Quali sono i tuoi obiettivi a breve/lungo termine?


“Quest’anno vorrei provare a conquistarmi la qualificazione  ai tre eventi più importanti della stagione: Campionati Europei,  Campionati Mondiali e Giochi del Mediterraneo. La battaglia sarà durissima e gli avversari, assai ostici, non vorranno di certo lasciare spazio per queste importantissime competizioni; il mio intento sarò quello di lottare per ottenere ottimi risultati ed un po’ di gloria a livello internazionale.
Le Olimpiadi, per quanto riguarda il lungo termine, sono l’obiettivo finale, quindi posso affermare con convinzione e consapevolezza che è lì che voglio arrivare; i duri allenamenti e la fatica non mi spaventano, ma ci sono anche altre componenti fondamentali che spero di avere per salire fin lassù in cima, dove pochissimi judoka sono arrivati.”

Quelle di Rio saranno le tue Olimpiadi?


“Le precedenti risposte spero abbiano fatto trapelare chiaramente le mie ambizioni. Consentimi però, per scaramanzia, di non rispondere direttamente a questa domanda.”

Il judo in Italia sale alla ribalta solo nel corso dei Giochi Olimpici: cosa proporresti per cambiare la situazione?


“È difficile far entrare nella mente delle persone una determinata disciplina sportiva che non si conosce assolutamente, piena di regole complicate ed a volte anche noiosa (si pensi a tutti gli incontri che terminano al golden score o con un  verdetto deciso dagli arbitri tramite utilizzo delle bandierine).
Ho notato però, girando per i vari palazzetti di tutto il mondo, che la gente comune si interessa molto più facilmente a  cose nuove, spettacolari ed entusiasmanti. Io personalmente proverei a modificare qualche piccola regola troppo difficile da spiegare alle persone che non se ne intendono provando a rendere il Judo  un pelino più crudo, ma indubbiamente di più semplice comprensione.
Mi farebbe piacere vedere i palazzetti italiani pieni di famiglie che passano parte della domenica a fare il tifo per gli atleti che sul tatami danno l’anima per ottenere il massimo dalle proprie potenzialità; tutto questo in Francia, Brasile, Giappone e in molti altri Stati già succede da parecchio tempo. Mi auguro che prima o poi anche il business italiano si accorga di noi e cominci a far girare qualche soldo in più, così da accrescere l’attenzione dei media che sono la principale fonte di comunicazione che nel 2013 abbiamo.”

Tecnica, forza e velocità: se dovessi esprimere una percentuale, quale delle tre conta di più nel judo attuale?


“Credo che ogni judoka abbia delle caratteristiche uniche ed inimitabili e reputo che tecnica, forza e velocità siano tre componenti basilari per questo sport, ma non si devono sottovalutare le motivazioni di ogni persona che possono fare la differenza quando a scontrarsi sono due atleti di pari livello.
Personalmente posso affermare che la base di tutto è la testa: è lei il motorino che permette di aumentare il ritmo dell’incontro, di risalire la china quando si è in svantaggio e di continuare a soffrire per raggiungere l’obiettivo che ci si era prefissati.
Le palestre sono piene di ragazzi talentuosi che in gara non rendono neanche il 50% delle proprie potenzialità e questo è dovuto in parte all’emotività di ognuno di noi,c ome detto in precedenza ciè e proprio dovuto alla “testa”, che a volte fa fare strani viaggi in zone remote e paurose della psicosi e blocca completamente la performance.
È difficile assegnare una percentuale per queste quattro componenti, ma credo che il fattore motivazionale valga un buon 50%, seguito poi dalla tecnica (25%) che è molto importante: il restante 25% è molto soggettivo e dipende soprattutto dallo stile di combattimento e dalla categoria di peso che un judoka occupa: un uomo di 60kg avrà certamente maggior bisogno di velocità rispetto ad uno di 100kg, che utilizzerà molta più forza e minor velocità.”

di Federico Militello e Michele Cassano

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