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Sci Alpino

Kitzbuhel, l’ultimo tabù da sfatare per l’Italia

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Tempo di grandi classiche, tempo di Storia per la Coppa del Mondo di sci alpino: dopo l’indimenticabile-soprattutto per i colori azzurri-weekend di Wengen, il circo bianco si sposta ora a Kitzbuhel,  rinomata località del Tirolo austriaco.

Qui lo sci è qualcosa di più di una tradizione. Lo sci scorre nelle vene di questa gente, che sin dal 1931 ha ospitato le prime gare ufficiali: la tradizione vuole che si disputi al sabato la discesa, sulla pista Streif, e alla domenica lo slalom sulla Ganslern: insieme, queste due gare formano la classica combinata dell’Hahnenkamm e sono precedute, al venerdì, dal supergigante.

La libera della Streif si gioca con la Lauberhorn di Wengen il titolo di gara più spettacolare: gli appassionati e gli addetti ai lavori sono divisi sulle preferenze tra i due tracciati. Comunque, la pista tirolese presenta dei passaggi, ovviamente, impressi nella memoria di ogni atleta e di ogni tifoso: il salto della Mausefalle poco dopo la partenza (quello su cui Kristian Ghedina avrebbe voluto fare la capriola), la rapidissima curva-controcurva dello Steilhang, il conseguente Brückenschuss (stradina quasi in piano, dove è fondamentale saper far correre lo sci), la durissima diagonale dell’Hausbergkante e il salto finale dello Zielschuss, pur limato negli ultimi anni, sono il sogno e l’incubo, la croce e la delizia dei discesisti. Ovviamente, a Kitz hanno vinto i più grandi, da Toni Sailer a Karl Schranz, da Jean-Claude Killy a Franz Klammer, dai Crazy Canucks degli anni ottanta a Pirmin Zurbriggen, sino, in tempi più recenti, a Lasse Kjus, Hermann Maier, Stephan Eberharter, Didier Cuche (ben quattro volte). Un solo azzurro ha trovato la gloria da queste parti: Kristian Ghedina, il 24 gennaio 1998. Quindici anni fa. E’ ora di rompere questo tabù, no?

Tanti podi, in anni recenti, hanno visto gli italiani protagonisti: Runggaldier, Fattori e Fill in supergigante, Heel nella libera 2010, lo stesso Ghedina capace anche di un secondo e di un terzo posto. Lo straordinario stato di forma degli azzurri, capaci di adattarsi come non mai alle differenti caratteristiche dei vari tracciati, lascia molto ottimisti. Se dovessimo dire un nome secco di un atleta italiano in grado di fare davvero bene, ci sentiremmo di azzardare Peter Fill: il carabiniere di Castelrotto è forse l’unico, nella squadra di Rulfi e Ghidoni, a non aver ancora avuto l’acuto in questa stagione. Arriverà anche il suo momento, e la Streif sembra fatta su misura per lui.

foto tratta da www2.kitzbuehel.com

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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com

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