Rugby, Sei Nazioni: una Scozia tutta da scoprire
Storicamente per noi la sfida con la Scozia è quella da vincere. La partita dove chi perde si porta a casa un bel cucchiaione di legno. Sarà così anche quest’anno? Difficile dirlo. Sulla carta anche col Galles e l’Irlanda, ce la si può giocare, pur partendo sfavoriti. La Francia e l‘Inghilterra di questa stagione sembrano invece quasi irraggiungibili. La partita con la Scozia è però quella che ormai gli appassionati si aspettano che gli Azzurri vincano.
La Scozia resta però una squadra arcigna ed orgogliosa come poche. Certo non possiamo immaginare che vincere a Edimburgo sarà semplice. La tradizione parla chiaro: quattordici titoli e tre Grandi Slam, ma anche la storia più recente non depone a nostro favore, in tredici partecipazioni ci ha lasciato 9 cucchiai prendendone solo tre (uno il Galles). Soprattutto quando giocano a Murrayfield, crisi o non crisi, rinnovamento o meno, batterli è un impresa per tutti, soprattutto per noi.
Quest’anno in panchina ci sarà un tecnico ad interim: Scott Johnson, australiano arrivato in Scozia dopo essere passato dalla panchina degli Eagles statunitensi. Johnson è stato promosso capo allenatore quando Andy Robinson ha rassegnato le dimissioni, a seguito della sconfitta di novembre ad Aberdeen con Tonga. Proprio quella partita ha segnato un punto di rottura con l’opinione pubblica scozzese, non tanto per il risultato (15-21) ma per il modo in cui è avvenuta, mai una reale possibilità di segnare una meta, 15 punti tutti dai calci di un Laidlaw che comunque non offre la stessa straordinaria affidabilità al piede a cui erano abituati i tifosi con Dan Parks e, ancor prima, Chris Paterson.
A Edimburgo si augurano l’apertura di un nuovo ciclo. Una strada lunga, certo, che però potrebbe partire da alcuni nomi già conosciuti come il capitano Kelly Brown, ma anche interessanti novità. E parlando di novità il pensiero va immediatamente a Sean Maitland. L’ala ventiquatrenne, già convocata con il XV maori della Nuova Zelanda e coi Baby Blacks, cugino di Quade Cooper, ha fatto molto discutere sull’opportunità di convocare un “oriundo”. Ma l’ex Crusaider, che ha un padre scozzese che accolse Johnson sull’uscio di casa in kilt e la madre maori, si è conquistato comunque rispetto per una scelta che gli precluderà una, non probabile ma nemmeno impossibile, maglia All Blacks.
Presumibilmente a fare compagnia a Maitland all’ala, dall’altra parte del campo, ci sarà un altro giocatore non di formazione autoctona: “l’olandese volante” Tim Visser, 25 anni di forza e velocità, equiparato e strappato ad una carriera internazionae certamente meno sotto i riflettori col XV dei Paesi Bassi. Il triangolo allargato potrebbe venire chiuso da un altro giovanissimo: il ventenne Stuart Hogg che sta impressionando con la maglia dei Glasgow Warriors.
In questa Scozia tanti, forse tutti, avranno molto da dimostrare: Johnson vorrà convincere di poter non essere il classico traghettatore; Maitland e Visser dovranno far ricredere a suon di mete chi storge la bocca al grido di Scozia agli scozzesi; giocatori come Gray, Kellock e Danton proveranno a conquistarsi la fiducia di Gatland per un posto nei British and Irish Lions; tutti i giovani, e sono molti (dei 35 pre-convocati, dieci sono all’esordio e altri nove hanno esordito a novembre) di meritarsi il titolo di “international player”. Infine, tutta la Scozia deve dimostrare, soprattutto a se stessa, di essere ancora nella nobiltà della palla ovale.