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Sport & Cinema: Sognando Beckham e il calcio che unisce

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http://www.youtube.com/watch?v=lu1AYrEpEHE

Che brutto il calcio del razzismo, quello degli imbecilli di Pro Patria-Milan e degli ululati razzisti ai giocatori di colore. Che bello il calcio quando unisce, integra, avvicina culture diverse.

Sognando Beckham è una storia di piccoli campetti, di una ragazza con una passione, di una famiglia tradizionalista, di un’amicizia vera e di un amore che forse sta per nascere. È storia di meltin’ pot culturale, e non potrebbe essere altrimenti visto che la regista Gurinder Chadha è britannica, nata in Kenya ma con chiarissime origini indiane.

Come indiana è Jessminder, detta Jess (Parminder Nagra), immigrata a Londra con la famiglia, appassionata di calcio e fan di David Beckham. Un amore, quello per il pallone, che a papà e mamma non piace tanto. Loro la vedono laureata, con una toga addosso, a difendere qualcuno in un’aula di tribunale. Lei però vuole giocare, e l’incontro con Jules (Keira Knightley) le cambierà la vita.

Una squadra di calcio femminile, qualcosa che anche in Inghilterra o in Italia non è proprio visto benissimo. Lo sport maschile per antonomasia, a meno di essere nate negli Stati Uniti o in Scandinavia, dove le ragazze danno la paga agli uomini. Jess, Jules, un pallone da calciare e un allenatore da baciare. Joe (Jonathan Rhys Meyers), ex calciatore irlandese, è bello, dolce e simpatico: un principe azzurro della panchina. Impossibile o quasi non innamorarsene.

Il tutto mentre il papà di Jess prova a ostacolare la passione della figlia per lo sport, creando tensioni familiari e un silenzioso scontro fra culture diverse eppure non incompatibili. Sognando Beckham è una storia di speranza e di inclusione. Di come il calcio possa essere strumento per diffondere valori positivi. Divertente, commovente, profondo e romantico. Un piccolo gioiellino che nel 2003 raccolse anche una nomination ai Bafta come miglior film britannico, e che consacrò definitivamente un’attrice di successo come Keira Knightley. Ma soprattutto un cult e una sorta di urlo di liberazione per tutte quelle ragazze che giocano a calcio e si sentono in minoranza rispetto agli amici maschi.

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