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‘Italia, come stai?’ | Paris e rugby, questione di esami di maturità

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Lo sport è strano. Spesso per vincere è sufficiente la giornata giusta, una convergenza fortunata di coincidenze positive. Rivincere è tutta un’altra cosa. Potremmo definirlo il vero esame di maturità.

Per quanto riguarda Dominik Paris, la prova è stata superata a pieni voti. L’argento iridato conquistato nella discesa di Schladming vale doppio, per diversi motivi. In primo luogo ha certificato lo status di campione del 23enne altoatesino. Paris, per la prima volta in carriera ed in un’età verdissima per un velocista, si presentava ad un grande appuntamento con i favori del pronostico e con la pressione del dover fare risultato a tutti i costi. Merito dei trionfi di Bormio, Kitzbuehel e della leadership nella classifica generale di discesa. Forse a qualcun altro sarebbero tremate le gambe. Non al giovane azzurro, capace di aggredire senza paura la Planai e di inchinarsi solo ad un fuoriclasse come il norvegese Aksel Lund Svindal. I campioni veri sono coloro che riescono a fare risultato nel momento più importante e quando le aspettative nei loro confronti sono altissime. Paris ci è riuscito, consacrandosi nel gotha dei grandi di questo sport.

All’esame di maturità, invece, è stata bocciata senza attenuanti la nazionale di rugby italiano. La gestione della vittoria rappresenta uno dei momenti più delicati in qualsiasi disciplina. Una esaltazione esagerata può provocare rilassatezza e appagamento, come se ci si sentisse ormai realizzati. Crudo il responso del Murrayfield: l’Italia della palla ovale si è adagiata sugli allori dopo il trionfo sulla Francia. Oseremmo dire che si è imborghesita. Dopo aver superato i cugini transalpini ed aver rischiato di pareggiare con l’Australia lo scorso mese di novembre, la selezione tricolore, magari inconsciamente, si è sentita superiore alla Scozia, avversario da sempre alla nostra portata. Un errore di presunzione costato la sconfitta ancor prima di scendere in campo. Se l’Italia ha compiuto un importante salto di qualità, lo deve principalmente ad alcune basilari prerogative: umiltà, cuore, volontà di lottare su ogni palla, grinta, orgoglio e fame di emergere. A Edimburgo, francamente, tutto ciò è mancato, mentre i nostri rivali hanno sfoderato una determinazione impressionante, infliggendo una severa lezione agli uomini di Brunel. Il match di sabato, in sostanza, è stato deciso dall’approccio e dalle motivazioni. 
E’ innegabile che l’Italia abbia raggiunto un livello senza precedenti, essendo ormai in grado di giocarsela alla pari quasi con chiunque. Per vincere un Sei Nazioni, però, serve una mentalità diversa. Serve l’abitudine a vincere. Tutto questo potrà arrivare solo con il tempo. E, tornando al tema iniziale, sarà l’esame di maturità più arduo da superare.

Buone notizie giungono dal tennis, con l’Italia approdata in semifinale di Fed Cup, pur se soffrendo forse eccessivamente contro una formazione statunitense fortemente rimaneggiata. Sara Errani non è quella dello scorso anno. La 25enne romagnola non riesce più ad imporre il suo gioco ed a tratti appare remissiva, di certo meno incisiva rispetto alla magica stagione 2012. Anche in questo caso, torniamo al solito discorso: quanto è difficile riconfermarsi! Sarita, per ripetere e magari migliorare i risultati conseguiti fin qui, dovrà convincersi di essere realmente una top10 in grado di arrivare in fondo a tutti i grandi tornei. La battaglia più importante dovrà combatterla nella propria testa.
Tornando alla Fed Cup, il doppio si conferma una roccaforte inespugnabile per la selezione tricolore, con la coppia n.1 al mondo Errani-Vinci che in pratica ci consente di partire quasi dall’1-0 in tutte le sfide. Di certo sarà fondamentale nella semifinale che si disputerà ad aprile con le detentrici del titolo della Repubblica Ceca. Una sfida durissima contro Kvitova e Safarova, ma, considerando che si giocherà sulla terra rossa ed in casa delle azzurre, le nostre rappresentanti potranno giocarsi le loro carte per accedere all’atto conclusivo. Sarà fondamentale ritrovare la miglior Errani, oltre che recuperare le veterane Flavia Pennetta e Francesca Schiavone. Ieri, infatti, con Roberta Vinci in non perfette condizioni fisiche, si è percepita la classica “coperta corta”: Karin Knapp e Nastassja Burnett sono ancora troppo acerbe per questi grandi appuntamenti, mentre la situazione dell’italo-argentina Camila Giorgi appare ancora tutta da decifrare.
L’impressione, tuttavia, è che l’Italia possa tornare a sferrare l’attacco ad un trofeo che manca dal 2010.

 

federico.militello@olimpiazzurra.com

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