Seguici su

Rugby

Italrugby: il bluff, la ricetta del successo e la coperta corta

Pubblicato

il

Una delle voci più autorevoli del rugby italiano, Vittorio Munari, racconta spesso di come in questo sport sia complicato bluffare. La componente del contatto ai livelli odierni e il progresso delle competenze tecniche e strategiche fa sì che ci sia sempre chi ti venga a vedere. Chi gioca a poker sa che alle volte il bluff, il cattivo bluff, non è una strategia premeditata ma semplicemente un’eccessiva fiducia dei propri mezzi o forse una, anche inconscia, sottovalutazione dell’avversario. La Banda Brunel dopo la vittoria con la Francia ha in qualche modo bluffato, ma purtroppo puntualmente ha trovato chi è andato a vedere.

Il bluff, per quanto nel rugby abbia pochissime probabilità di riuscita, per avere effetto necessita di una condizione imprescindibile: deve essere fatto coscientemente, deve raccontare una storia credibile, solo allora l’avversario può pensare di gettare le proprie carte nel mazzo. Il bluff dell’Italrugby (per fortuna) non è stato consapevole ma il risultato di una serie di fattori.

Il primo su tutti, il reale valore del nostro rugby. Per tornare alla metafora pokeristica, la prima cosa che serve per un bluff sono brutte carte in mano. Fin qua ci siamo abbastanza. E’ inutile nasconderci dietro un dito: il nostro valore, per quanto in crescita, per quanto arricchito da piacevolissime novità, per quanto arricchito in esperienza ed equilibrio di gioco, è pur sempre dietro le altre cinque nazioni del torneo. Il parametro da prendere in considerazione è come sempre il vile danaro. Raramente si sbaglia. Nello sport la linea del denaro è quella tirata dai bookmaker e dal mercato. L’Italrugby era data come sesta forza ai blocchi di partenza, ed era sfavorita con la Scozia nonostante il trionfo romano dell’esordio, e anche ieri era nettamente sfavorita quattro a uno. C’è poco da fare, il valore di una squadra è l’insieme di una serie di ingredienti che l’abile chef prova ad amalgamare. Credo che Brunel sia un ottimo cuoco per il rugby italiano, ma non è uno stregone, non c’è nessuna bacchetta magica nascosta in qualche cassetto. Gli ingredienti sono quelli. In parte sono lo specchio del movimento e, per vincere, tutto deve andare maledettamente bene.

Un altro elemento chiave è l’attitudine mentale. Vincere è più facile che confermarsi, si sa. Uno dei motivi è che dopo un successo si tende a focalizzare ciò che si è fatto bene, invece di fare lo sforzo di migliorare. A volte accade nonostante lo si voglia attentamente evitare, è una reazione inconscia. L’Italia dell’esordio era stata magnifica nel creare gioco, nel secondo match forse la fiducia eccessiva in quell’aspetto della gara ha fatto sì che si abbassasse il livello del combattimento sui punti d’incontro. Ieri si è notato subito come i nostri entrassero convinti nelle ruck, ma a soffrire è stata un’altra fase di gioco, la mischia. La coperta è sempre troppo corta, Brunel quando parla di equiibrio si riferisce proprio al tentativo di magari non essere esaltanti in una singola fase ma essere sempre presenti , puliti e lucidi in tutte le componenti. Mischia, ruck, maul, rimessa laterale, mediana, gioco aperto, gioco al piede… semplice? Direi di no. Impossibile? Brunel ha detto che in quattro anni vuole portare gli Azzurri a giocarsela per il torneo, se ci crede lui ci vogliamo credere anche noi!

Oltre a tutto ciò cos’altro serve? Pazienza! Serve tanta pazienza perchè nel rugby i risultati non sono frutto di un giorno. Chi dice che è troppi anni che siamo fermi al palo, in parte sbaglia o ha la memoria corta. Fino ad una quindicina di anni fa, pensare di avere una nazionale in grado di coltivare speranze di vittoria sempre e contro chiunque era impensabile. Era impensabile avere un Olimpico o un San Siro esaurito sempre per gli Azzurri della palla ovale. Era impensabile avere squadre di club che andavano a giocarsela regolarmente coi club celtici. La crescita del rugby è un processo graduale, fatto anche di fisiologici sali e scendi, bisogna avere pazienza. Pazienza non significa ovviamente immobilità: è importante che ognuno ci metta del suo, nella vita quotidiana di club, nel rendere ancora più visibile questo meraviglioso sport (come cerchiamo di fare anche qui su Olimpiazzurra), nelle sedi istituzionali sia a livello italiano, sia europeo e mondiale, nel continuare a sostenere i ragazzi.  Credo sia il modo migliore per vivere il rugby con passione, amore, equilibrio e… tanta tanta santa pazienza…

danilo.patella@olimpiazzurra.com

Pubblicità

Dalla Home

Pubblicità

Facebook

Pubblicità