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Schladming 2013: il bilancio azzurro

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Due argenti e un bronzo, per un totale di tre medaglie: questo è il bilancio della spedizione azzurra a Schladming 2013. Siamo abbastanza lontani da quanto conseguito a Garmisch due anni fa (un oro, due argenti, tre bronzi), ma del resto si sapeva che quell’esito stupefacente sarebbe stato molto difficile anche solo da avvicinare. In linea di massima, l’Italia si presentava a questi Mondiali con due grosse chance di medaglia, entrambe nel settore maschile: la discesa libera e lo slalom speciale. Supergigante e gigante ci vedevano, a fronte dei più recenti risultati, appena a ridosso dei migliori, mentre in tutto il settore femminile era difficile immaginare un podio.

Di fatto, la medaglia in discesa è arrivata e rappresenta il giusto coronamento ad una stagione nella quale gli azzurri si sono dimostrati, in assoluto, la squadra più forte. Dominik Paris non ha tradito le attese: solo gli spazi davvero stretti del finale della Planai, dove si è districato con abilità da giocoliere, gli hanno portato via l’oro, ma comunque questo argento ha definitivamente confermato l’altissimo livello ormai raggiunto da questo ragazzone di 106 chili, in continuo miglioramento sul piano tecnico. Nelle stesse prove veloci, però, ci si aspettava di più da Christof Innerhofer: il campione di Gais si presentava all’appuntamento iridato in condizioni tutt’altro che perfette, per via di una fastidiosa influenza che lo aveva pesantemente debilitato; tuttavia, con tre medaglie da difendere, era lecito attendersi qualcosa di meglio di un settimo posto in superg. Lo stesso Inner ha ammesso di aver sentito la pressione, in particolare proprio dopo il supergigante: comunque, l’esito poco soddisfacente di Schladming non toglie nulla al valore di questo grande atleta, che tanto ha fatto (e tanto farà) per lo sci azzurro.
La squadra di slalom, invece, ha deluso. Solo un atleta al traguardo, ovvero Stefano Gross, in undicesima posizione: risultato tutt’altro che buono-a detta anche del fassano-, anche perché Sabo, in alcuni settori delle due manche, è proprio sembrato lontano dal ritmo dei migliori. In allenamento va alla grande, in gara, quest’anno, fa più fatica a confermarsi sui suoi ottimi livelli. Gli altri tre alfieri dei paletti stretti non hanno concluso la prova: tutti e tre, comunque, finiscono out nel cuore di grandi prestazioni (Thaler, deludente nella prima manche, avrebbe concluso tra gli otto con la sua grande seconda discesa; Moelgg era quarto dopo la prima prova, Razzoli era sui suoi tempi). Lo slalom è così, prendere o lasciare: se si vuole vincere, bisogna rischiare. Poco importa, soprattutto in una gara iridata, finire quindicesimi. Certo, l’importante è che queste uscite non compromettano la fiducia dei ragazzi nei loro mezzi: in generale, la stagione degli slalomisti è stata sotto le aspettative, forse proprio per qualche insicurezza di troppo. La fiducia è tutto nello sci, soprattutto in una specialità dove è facilissimo sbagliare: il talento a questi ragazzi non manca, così come non manca a Cristian Deville e Roberto Nani, e siamo sicuri che il team azzurro dei rapid gates saprà darci grandi soddisfazioni. Grandi soddisfazioni che uno di essi, ovvero Manfred Moelgg, ci ha garantito in gigante, dove invece Massimiliano Blardone ha confermato il suo scarso feeling con le gare “da medaglia” e, più in generale, con una stagione davvero sotto le attese: Moelgg non tradisce mai, è senza dubbio il miglior interprete azzurro delle prove tecniche dell’ultimo decennio e non vuole certo fermarsi qui, alla sua terza medaglia iridata.

Nel femminile, come detto, non ci si aspettava granché. E invece arrivata una medaglia, forse la più bella in assoluto tra le tre: quella di Nadia Fanchini, quella che aveva tutti i presupposti per essere un oro, ma che alla fine è un argento ugualmente meraviglioso. Abbiamo già raccontato la storia di Nadia, le sue infinite sofferenze, la sua testardaggine per risalire ogni volta: questo argento è il giusto premio alla sua caparbietà, oltre che al suo indubbio talento. Non è una blasfemia affermare che Nadia è, da anni, il più cristallino talento dello sci azzurro al femminile: gli infortuni, e la mancanza di sicurezza da essi derivante, l’hanno pesantemente limitata, ma ora, forte di questo straordinario successo, può davvero riprendere a macinare grandi risultati, trascinando in alto anche la sorella Elena. Nelle prove veloci, compresa la supercombinata, abbiamo portato a casa un totale di cinque piazzamenti nella top ten: sinceramente, avremmo firmato carte false, un giorno prima dei Mondiali, per un simile bilancio. Forse, la carica l’ha suonata Sofia Goggia: convocata a sorpresa, la bergamasca ha dimostrato una serenità invidiabile, che in pista si trasformava in una “voglia di vincere” davvero bella da vedere; i tecnici azzurri, durante la stagione, avevano più volte rimarcato la “scarsa fame” delle nostre ragazze, ma Sofia si è invece scatenata sin dal supergigante dove ha chiuso clamorosamente quarta, trascinando con sé le più esperte compagne. Solo un errore l’ha privata di un’altra grande prestazione in discesa, mentre in supercombinata, nonostante lo scarso feeling con lo slalom, ha chiuso settima: adesso è in Canada, pronta a lottare per le medaglia ai Mondiali juniores.  Resterà nella storia anche quel “sono una babbea!” urlato da Daniela Merighetti al termine del supergigante chiuso in settima piazza, prima di farci spaventare con una brutta caduta in discesa; Dada è così, va sempre a tutta con le sue linee particolari, a volte va bene, altre volte va male. Elena Curtoni, invece, non ha convinto molto né in supergigante né in supercombinata: la stagione della più piccola delle due valtellinesi era partita bene, ma rischia ora di diventare l’annata delle occasioni perse, come lei stessa aveva avuto modo di ammettere poco prima delle gare di Schladming. Il talento non le manca, deve però concretizzarlo con più regolarità.
Sulle prove tecniche, tiriamo una riga sopra e pensiamo al finale di stagione, se non addirittura alla nuova annata. Irene Curtoni, miglior rappresentante azzurra del settore (al netto dell’infortunata Brignone), è stata fortemente limitata dai problemi alla schiena: ci ha provato con la consueta tenacia, è finita quattordicesima in gigante e out in slalom. Viste le condizioni, non avrebbe potuto fare molto di più. Discrete seconde manche per Manuela Moelgg e Chiara Costazza (soprattutto la fassana conferma la risalita di questa stagione), ma in generale la situazione delle nostre ragazze in queste discipline appare ben poco felice. Il presidente federale Flavio Roda ha annunciato cambiamenti alla guida tecnica della nazionale femminile: vedremo quali saranno le decisioni che verranno prese in primavera.

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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com

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