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Atletica, la New Age Azzurra sbanca gli Europei indoor

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Ottavo posto nel medagliere. Un oro, un argento, tre bronzi per un totale di cinque podi. Ottavo posto nella classifica a punti (51). Dieci finalisti. Semplicemente un grandissimo Europeo indoor per l’atletica leggera italiana. La new age tricolore ha trovato ufficialmente il suo giorno zero: venerdì 1° marzo 2013. Sia chiaro: i numeri dicono e non dicono. Due anni fa erano arrivati addirittura due ori a Parigi (ma solo tre podi), a Torino 2009 fa avevamo portato a casa sei medaglie, idem a Birmingham 2007.

Quelle di Goteborg, però, hanno un peso specifico ben maggiore: arrivano dopo un periodo nefasto per il nostro movimento, quattro su cinque sono state conquistate da under 26, tutte portano con sé una prestazione magistrale (una addirittura di levatura mondiale) e due sono giunte col record italiano. Questi sono i fatti che contano. Uniti a una nuova ventata di ottimismo, a una proiezione verso il futuro, a una nuova convinzione: tre medicine basilari e fondamentali per la rinascita della nostra (ormai ex) malata atletica.

Il Presidente Alfio Giomi (in tribuna scatenato come un matto) ha fatto capire di essere costantemente sul pezzo. La sua mano sul movimento si sta facendo sentire, dal punto di vista psicologico, sul lasciar crescere i giovani (portandone tanti alla rassegna continentale, mentre altri juniores/allievi erano impegnati nel triangolare con Francia e Germania), sulla fiducia da dare agli atleti.

 

La performance di rilievo è indubbiamente quella di Daniele Greco: di caratura mondiale (e ben spendibile nella stagione all’aperto). Un 17.70 che ha spaccato in due la pedana del triplo e ha consacrato definitivamente il pugliese (che si è fatto un regalo di compleanno per le ventiquattro candeline spente venerdì) dopo il quarto posto alle Olimpiadi. Miglior prestazione mondiale stagionale, undicesima misura di sempre, a tre centimetri dal record italiano al coperto di Donato (superato l’outdoor di 17.60), abbattuti i propri personali all’aperto (17.67 ventoso, 17.47). Tecnica sopraffina: rincorsa perfetta da vero 100metrista, velocità eccellente al momento di uscire sull’asse di battuta, uno step davvero incredibile. Rasenta il suolo e va più lungo che mai: lì si fa la prova, concretizzata con una chiusura davvero eccellente. Si aprono scenari incredibili! Forse la sfida anche al francese Tamgho?

 

I due allori con tanto di record nazionale sono arrivati venerdì da due spettacolari 60hs. Due (semi) sorprese. Veronica Borsi, dopo l’8.00 di Ancona, aveva tutte le carte in regola per poter salire sul podio. Per farlo, però, si è dovuta superare due volte: in semifinale abbattendo il primato di Carla Tuzzi (7.97) che reggeva da vent’anni, poi scendendo oltre il proprio limite con un 7.94 spettacolare che le ha messo al collo un meritatissimo bronzo. Che tecnica quando salta gli ostacoli!

Quella che non ha ancora Paolo Dal Molin. Il piemontese è un carro armato che disintegra giù tutte le barriere che trova (tanti problemi con la seconda gamba nel richiamo), ma recupera con una potenza inaudita e una rapidità di corsa negli intervalli che è davvero incredibile. L’argento che si è messo al collo (poteva essere oro se non si fosse sbilanciato all’ultimo volo) è frutto di una partenza a razzo che l’ha portato a uno strepitoso 7.51, sei centesimi meglio del primato di Emanuele Abete su cui ronzava già da parecchie settimane.

 

Michael Tumi ha conquistato un bellissimo bronzo sui 60m, ma la sua faccia era tutt’altro che felice al traguardo: sperava nel titolo continentale, come lui stesso ha poi dichiarato. Questa è la mentalità giusta: mai accontentarsi. Solo così si potrà andare lontano. Certo ambire a qualcosa di più sui 60m era praticamente impossibile. Il ventitreenne si presentava sì con la miglior prestazione europea stagionale (6.51 corso ad Ancona) ed è riuscito a correre sui suoi tempi (6.52, con i primi 40 metri corsi alla grande in testa), ma non aveva oggettivamente nelle gambe il favoloso 6.48 stampato dal francese Vicaut (miglior prestazione mondiale stagionale). Lo rivedremo outdoor sui 100m per inseguire un sogno: essere il secondo bianco a fermare il cronometro prima dei dieci secondi.

 

L’ultima medaglia è arrivata da Simona La Mantia. A quasi trent’anni, la siciliana si è reinventata dopo due anni molto opachi ed è risalita sul podio indoor del triplo che a Parigi le aveva regalato l’oro (l’apice della sua carriera). Il 14.26 è lontanissimo dai livelli storici dell’azzurra, ma questo bronzo è veramente insperato e lo accogliamo con grandissima gioia. Che sia l’inizio di una seconda gioventù sportiva? Glielo auguriamo.

 

Abbiamo “ritrovato” anche Gianmarco Tamberi. Non era facile entrare in finale dopo un inverno difficilissimo sotto il profilo fisico e della preparazione tecnica. C’è riuscito e si è poi reso protagonista di una stupenda gara: perfetto fino a 2.29, poi ha fallito per pochissimo un 2.33 che avrebbe eguagliato il record nazionale e gli avrebbe consegnato una medaglia. Quinto posto ottimo e iniezione di fiducia per il ventenne: si riparte da qui.

Quarta Chiara Rosa nel peso, settima Micol Cattaneo sui 60hs (bel ritorno).

 

Se dovessimo dare un voto a questa magnifica spedizione si aggirerebbe tra 8.5 e 9. Quello che manca alla perfezione è frutto della delusione per la prestazione di Alessia Trost: presentatasi in Svezia con i due metri della miglior prestazione mondiale stagionale, la (quasi) ventenne friulana si è sentita pressata dal grande palcoscenico internazionale, dalla tensione del risultato, dall’emozione e non è riuscita a sfoderare tutta la sua immensa potenza e il talento cristallino. Primo stop importante della giovane carriera (che alla fine è arrivata comunque quarta, non dimentichiamocelo), ma ci sta alla grande: è una lezione che le servirà per il futuro e per appuntamenti ancora più importanti.

Stesso discorso “sentimentale” anche per Roberta Bruni, collegata con Alessia dalla data di compleanno (8 marzo, festa della Donna, ma con un anno di differenza) e dalla classe indiscussa: la laziale non è riuscita a sbloccarsi con la sua asta ed è rimasta arenata a un 4.46 che per lei doveva essere una pura formalità. Per entrambe una settimana di stacco, poi subito ad allenarsi per una grande stagione outdoor.

Non capiamo, invece, cosa sia successo a Silvano Chesani bloccatosi a 2.23, proprio lui che due settimane prima aveva fatto registrare il nuovo record italiano con 2.33.

 

stefano.villa@olimpiazzurra.com

(nella foto Fidal, i nostri cinque moschettieri)

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