Atletica
Atletica, Pietro Mennea “corri più veloce del vento”
“Corri più veloce del vento…Il vento non ti prenderà mai”. Cantavano i Nomadi. Sono i versi più azzeccati per descrivere quella grande icona che è Pietro Mennea. L’atleta per eccellenza, quello che ha stuzzicato l’immaginario collettivo di una generazione. E non solo.
Quello sportivo che si tramanda di padre in figlio. Il velocista puro. L’incarnazione del mito ancestrale del “corro più veloce e arrivo prima”. L’emblema del crederci fino in fondo, del voler contare solo sulle proprie forze, di lavorare sodo per scheggiare come una saetta e vincere. Tra gli anni settanta e gli anni ottanta c’era un omino venuto dal Sud che aveva fatto sognare un Paese intero. Tutti i bambini che correvano indaffarati a prendere il pullman, o scappavano dalle minacce delle mamme infuriate, pensavano di essere quel Pietruzzo che sfrecciava imbattibile.
Rompeva la barriera del vento, si sentiva libero nel suo incessante andare. Un’aquila che volava bassa per planare nell’Olimpo dei grandi. Da Barletta con furore, dove non c’erano strutture sportive adeguate, si è inventato quasi tutto da solo, venuto su a pane e pista, dotato sì di fibre veloci da madre natura ma con un fisico non di certo irresistibile. Magrolino, a prima vista sembrava tutto tranne che una potenza. E invece. Con le sue caviglie d’acciaio, suo punto di forza, indistruttibili, mai dome, sempre pronte a spingere. Con uno stile di corsa riconoscibile a miglia di distanza. Potente, quanto rozzo e imperfetto per sua stessa ammissione, tutto slanciato con le braccia, a spingere, spingere, a dare tutto fino all’ultimo metro.
Come in quell’indimenticabile Olimpiade di Mosca 1980. Quella senza gli americani. Quella infarcita di sovietici, acerrimi rivali. Con quel Berzov che sembrava un robot indistruttibile. Non per Pietro che inventò 200 metri da pura antologia. Corsia esterna, curva non perfetta e il mezzo giro di pesta sembra respingerlo dal podio più importante della carriera. Entra in rettilineo praticamente all’ultimo posto. Sembra essere spacciato. Ma non abbiamo fatto i conti con l’estro di un passionario incredibile. Rimonta, uno ad uno, tutti gli avversari, arriva agli scacchi finale in seconda posizione, ma a pochi passa dal traguardo, balza in avanti e trionfa. Alza un dito al cielo. Fa l’uno. Ma lui è il primo. In Italia le trombette iniziano a sognare, due anni prima di Italia-Germania. Ancora più forte. Le finestre si aprono perché è Mennea il nuovo campione olimpico!
In una delle sue tante imprese. La più emozionante, che fa il paio con il record del Mondo dell’anno precedente. Alle Universiadi di Città del Messico realizzò uno spettacolare 19.72: rimarrà record del Mondo per diciassette lunghissimi anni. Il record di una vita, lo hanno soprannominato. La freccia del Sud disintegrò tutti e fermò il cronometro su un tempo impensabile, che ancora oggi sarebbe da cinque cerchi. Ci volle un pazzesco Michael Johnson per superarlo con 19.32. Lì il limite dell’umano prima dell’uragano Bolt da 19.19. Ancora oggi record europeo! Poi primo uomo a conquistare quattro finali olimpiche consecutive (da Monaco ’72 a Los Angeles ’84), oltre ad altri due bronzi.
Un superlativo 10.01 sui 100m che fu anche record mondiale, a lungo record europeo, ancora oggi record italiano, primo bianco ad esserci avvicinato così tanto alla fatidica barriera abbattuta poi da Lematre. Uomo a tutta pista, dai 100m ai 400m, staffettista, compagno di squadra. Numeri incredibili che alzano veli di tristezza enormi nel giorno del lutto.
Quello che non ti aspetti, per la sua malattia incurabile che ha cercato di nascondere fino all’ultimo. Sessantuno anni vissuti tutti d’un fiato, raccolti in un unico pensiero: “Non conta essere vincenti nello sport, ma nella vita”. Lui è stato un vincente in entrambe, famoso per le sue battaglie contro il doping, per lo sport sano e strumento di insegnamento. Quattro lauree, una militanza da europarlamentare. Pilastro, punto di riferimento, nascosto ma mai silenzioso, prezioso e presente come un padre che sa consigliare.
Non campione, non mito. Leggenda. E per questo motivo mai te ne andrai.