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Boxe femminile: il movimento italiano guarda a Rio

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Il pugilato olimpico è per l’Italia, da sempre, garanzia di medaglie. Il quarto posto nel medagliere complessivo di disciplina ne è la prova. A Londra a salire tra le 16 corde non c’erano però solo i Russo, Cammarelle, Lomachenko e Joshua. C’erano anche ragazze che sono state capaci di far entusiasmare l’Excell Arena come, e a volte più, dei colleghi maschi. Katie Taylor, medaglia d’oro nei leggeri, ha portato l’unico oro all’Irlanda e nella verde isola il suo indice di popolarità ha raggiunto quello dei vari Keane, O’Driscoll e O’Gara.  Lo stesso dicasi per Nicola Adams, entrata a far parte delle fidanzate di Gran Bretagna – certo una fidanzata con la quale meglio non litigare – dopo aver portato in terra d’Albione il primo oro del pugilato femminile.

E l’Italia? La situazione attuale non è delle migliori e il dato stride con gli sforzi profusi dall ex-presidente Faccinelli per far entrare i guantoni in rosa nel programma dei Giochi. Se la partenza è stata decisamente falsa, non qualificando nemmeno una ragazza per Londra 2012, andiamo a vedere quali sono le prospettive per Rio 2016.

Nelle graduatorie AIBA sono due le atlete azzurre a comparire: la vice-campionessa del mondo Terry Gordini nella categoria 54 Kg e Valeria Calabrese (nella foto) nei 51. La Gordini (33 anni), ravennate, figlia di uno storico maestro, probabilmente non potrà coltivare il sogno olimpico per motivi anagrafici. La chance nella categoria olimpica l’ha invece avuta e fallita Valeria Calabrese: la modicana è uno dei tanti esempi di pugili donna che alternano l’attività della boxe con altre discipline di combattimento; recentemente le è stata affidata la nazionale giovanile di kick-boxing. Le era stata proposta la maggiore, ma la pugile ha rifiutato proprio per avere un’ulteriore possibilità a cinque cerchi.

Forse una qualificazione olimpica l’avrebbe potuta centrare Marzia Davide che però è stata al centro di una polemica per l’impossibilità di rispondere alle convocazioni dei collegiali, difficoltà nate dal non semplice compito di conciliare il ruolo di mamma e atleta. Le è stata preferita la vicentina Romina Merenda, seppur le due si fossero incontrate tre volte e tre volte aveva vinto la Davide.

In prospettiva olimpica l’avversario più ostico per le attuali azzurre sarà però l’anagrafe: tutte over 30 difficilmente saranno competitive in Brasile. Andiamo a vedere allora quali sono le giovani promesse del pugilato in rosa italiano.

Francesca Ceo, sedicenne barese, sembra motivata a bruciare le tappe e punta decisa a Rio, dove arriverebbe a 20 anni. Altra speranza giovanile è la romana Miriam Podda. Non dimentichiamo Roberta Bonatti, piacentina e medaglia di bronzo agli Europei di categoria con verdetto contestato; così come a medaglia nella medesima competizione è andata Irma Testa, giovane rappresentante della grande scuola campana, che si allena nella stessa palestra frequentata da Clemente Russo.

Il futuro della boxe femminile passerà anche dall’aumento delle categorie di peso olimpiche, oggi sono solo tre (mosca, leggeri e medi) contro le dieci maschili, e da alcune modifiche regolamentari. L’Italia deve farsi trovare pronta, siamo sicuri ci sia il potenziale.

Il panorama pugilistico femminile non si limita ovviamente al dilettantismo. Il capitolo delle nostre donne passate al professionismo è probabilmente ancora più bello e romantico. Un mondo fatto di guerriere vere che si sacrificano quotidianamente sul ring praticamente solo per l’irrefrenabile passione per la boxe e il combattimento. Nei prossimi giorni potrete leggere qui su OA un articolo sul professionismo femminile.

 

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