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L’esplosione dello sport britannico: dall’oblio alla gloria
4 Agosto 1996: si chiudono le Olimpiadi di Atlanta e per la Gran Bretagna il bilancio è disastroso. Gli atleti della regina chiudono al 36° posto del medagliere, con 15 medaglie di cui una sola d’oro, conquistata dalla coppia Matthew Pinsent-Steve Redgrave nel canottaggio. Per lo sport britannico si è trattato della peggior edizione dei Giochi Olimpici della storia, se si considera la posizione nel medagliere.
Da allora, però, è cambiato parecchio: i primi segnali di risveglio si hanno nell’anno 2000, alle Olimpiadi di Sydney. Con 28 medaglie, di cui ben 11 d’oro, la Gran Bretagna reintegra la top 10 del medagliere, come non accadeva da Mosca 1980. Oltre all’immancabile canottaggio, Ben Ainslie diventa campione olimpico della classe velica laser, dopo l’argento di Atlanta, mentre il fuoriclasse del salto triplo Jonathan Edwards si prende la rivincita della delusione di quattro anni prima.
Passa un altro quadriennio ed il decimo posto si rinnova: questa volta gli ori sono 9, due in meno all’edizione australiana, ma ad Atene le medaglie complessive diventano 30. Kelly Holmes vince sia sugli 800 che sui 1.500 metri, mentre la staffetta 4×100 coglie un inaspettato oro. Ben Ainslie si conferma campione olimpico, intanto nel ciclismo su pista inizia la collezione di medaglie olimpiche per Bradley Wiggins e Chris Hoy.
Se, dimenticato il disastro di Atlanta, la Gran Bretagna non aveva fatto altro che tornare sui suoi livelli abituali nelle edizioni di Sydney ed Atene, è a Pechino, nel 2008, in cui c’è una vera e propria esplosione dello sport britannico: il medagliere finale vede la Union Jack al quarto posto, come non avveniva dal 1924. Le medaglie conquistate sono 47, meglio di Anversa 1920, quando furono 43, dato che è il migliore della Gran Bretagna in un’edizione dei Giochi svoltasi fuori dai propri confini. Gli ori, addirittura, sono 19: ad aprire la lista dei campioni olimpici britannici è Nicole Cooke, nella corsa in linea di ciclismo su strada; Rebecca Adlington vince nei 400 m stile libero, sorprendendo la favorita Federica Pellegrini, solo quinta, e si ripete negli 800; Bradley Wiggins e Chris Hoy continuano a fare incetta di medaglie; Ben Ainslie non tradisce, così come gli atleti del canottaggio; Christine Ohuruogu, rientrata da una squalifica antidoping, si impone sui 400 m piani. Per la Gran Bretagna si tratta di un’edizione storica: il modo migliore per approcciare i Giochi Olimpici londinesi.
Ed arriviamo, finalmente, a Londra 2012. C’è grande attesa per gli atleti britannici. I Giochi, naturalmente, sono stati preparati minuziosamente, con grandi investimenti soprattutto negli sport più amati dai sudditi della regina: il canottaggio ed il ciclismo su pista, dove i beniamini di casa promettono faville. Le gare iniziano, ma per la Gran Bretagna non sembrano andare come previsto: passano i giorni, ma gli ori non si vedono. Fino al 1° agosto: Helen Glover e Heather Stanning sono campionesse olimpiche nel due senza, e poche ore dopo Bradley Wiggins vince il suo oro, ma questa volta nella cronometro su strada. Una volta rotto il ghiaccio, i britannici iniziano una collezione incredibile di titoli olimpici: dominano nel ciclismo su pista, lasciando le briciole agli avversari; Jessica Ennis vince l’heptathlon; Mo Farah impressiona tutti sui 5.000 e sui 10.000 metri, battendo kenioti ed etiopi; Andy Murray sconfigge la leggenda Roger Federer a Wimbledon; e, indovinate, Ben Ainslie vince il quarto oro di fila. Alla fine, per la Gran Bretagna il bilancio è di quelli da incorniciare: 29 titoli olimpici, 65 medaglie totali e terzo posto nel medagliere, alle spalle di Stati Uniti e Cina. Nettamente il miglior risultato della storia, se si esclude quello di Londra 1908, quando i britannici vinsero il medagliere con 146 podi.
Gli effetti di tutto il lavoro e dei risultati di Londra 2012 non finiscono qui: per la Gran Bretagna si apre certamente un periodo in cui continuerà a recitare a lungo il ruolo di potenza sportiva. A Vancouver 2010, in occasione delìlle Olimpiadi invernali, la Union Jack fu esposta una sola volta sul podio, tra l’altro al gradino più alto, grazie ad Amy Williams nello skeleton. Ci sono ragioni per pensare, visti anche i recenti risultati nei mondiali dei vari sport del ghiaccio e della neve, che in Russia, l’anno prossimo, il risultato sarà migliorato.
giulio.chinappi@olimpiazzurra.com