Storia delle arti marziali e dell’MMA
In questo nuovo appuntamento di OXO andremo alla scoperta della storia delle arti marziali e dell’MMA.
PREMESSA
Prima di tutto dobbiamo precisare una cosa importante, il Mixed Martial Art (Arti Marziali Miste) con l’acronimo ormai noto di MMA, non è una novità tecnica o agonistica come tutti vogliono farvi credere. La più antica disciplina da combattimento misto conosciuta e documentata è il Kalaripayatu Indiano, ma nel mondo antico per secoli si sono susseguite scuole che utilizzavano tecniche da combattimento misto. In realtà la parola “misto” è stata coniata in epoca moderna, poiché in passato il combattimento non era considerato una mono tecnica ma un insieme di tecniche che vedevano applicare il corpo a corpo abbinato a tecniche di percussione sia a mani nude sia armati; questo succedeva perché lo scopo prioritario non era quello di vincere un trofeo ma bensì quello di sopravvivere, così più il bagaglio tecnico era ampio più avevano la possibilità di uscirne vittoriosi.
STORIA ANTICA
STORIA MODERNA
Avendo capito un po’ di più sulle origini storiche del combattimento e che in realtà le sue tecniche avevano un unico denominatore comune, possiamo tornare alla storia più recente delle discipline che portarono a fondare le attuali competizioni di MMA. Il termine MMA significa Arti Marziali Miste, tuttavia gli orientali chiamavano le loro discipline con dei nomi tecnici e non con un nome generico che le accomunasse. La parola Arti Marziali veniva già usata nel 1500 d.C., infatti un manuale inglese di scherma del 1639, riferendosi specificatamente alla “scienza e arte” del duello di spade, fa derivare dal latino la frase “artibus Mars” letteralmente “l’arte di Marte”, il dio romano della guerra. Questo termine è diventato di uso comune solo agli inizi degli anni ’60 del ventesimo secolo, quando vennero introdotte in occidente le arti marziali orientali. Già dal 1800 si hanno notizie di moderne arti marziali insegnate in occidente, tuttavia la prima arte marziale che in assoluto ebbe un successo internazionale fu il Karate. Quello che non tutti sanno è che il Karate nacque come un Taiso (ginnastica propedeutica alle discipline da combattimento). Infatti dal 1922 al 1934 le riforme studentesche introdussero il Karate in tutte le università Giapponesi come ginnastica propedeutica alle arti tradizionali, poiché riconosciuto dal Butokukai (l’organizzazione imperiale per l’educazione della gioventù). Nel dopoguerra il generale Mac Arthur proibì la pratica delle arti marziali, ritenute l’anima dello spirito militarista Nipponico, così a poco a poco crebbe l’interesse per il karate Shotokan della scuola Funakoshi, poiché visto meno bellicoso e più simile ad una disciplina sportiva, grazie alle modifiche apportate dal figlio (Yoshitaka), con attacchi lunghi e potenti e usando anche tecniche di calcio.
Il “Te” è l’antica tecnica (da combattimento totale) praticata sulle isole Ryukyu, oggi isole di Okinawa. Agli effetti il “Te” (chiamato anche Bushi No Te) e il Kobudo, erano le vere arti da combattimento di Okinawa. Il primo maestro delle Ryukyu fu Kanga Sakugawa (1733-1815), signore di Okinawa ed esperto di “Te”; fu lui che combinò il kempo, da lui studiato in Cina, con le arti marziali di Okinawa e che creò le tecniche della disciplina che poi venne chiamata “Tode”, da cui poi nacque il Karate.
In seguito in occidente arrivarono il Judo del Maestro Jigoro Kano, e l’Aikido del maestro Morihei Ueshiba. Sia Kano che Ueshiba presero le tecniche dure e violentissime del Ju-Jitsu e ripulendole le trasformarono in tecniche molto meno distruttive. La consapevolezza di ciò portò la richiesta in occidente di maestri di Ju-Jitsu. Tutto questo accadeva anche in Italia negli anni ’60 del ‘900. Dagli anni ’70 il cinema di Hong Kong cominciò ad interessarsi alle arti marziali cinesi, quindi anche il Kung-Fu, insieme a Karate, Judo, Aikido e Ju-Jitsu, si spartirono l’egemonia delle Arti Marziali in occidente. Il cinema e la televisione iniziarono ad essere un mezzo di divulgazione di queste discipline.
Verso la metà degli anni ’70 la necessità di dare una connotazione sportiva alle arti marziali vede il campione di karate tradizionale e Point Karate Joe Lewis pianificare la nascita di uno sport in cui, come nel pugilato, vi fosse il contatto pieno, dando così vita al “Full-Contact (disciplina sportiva che poteva colpire solo dalla vita in sù). Poco dopo in Giappone nacque la kick boxing (disciplina di calci e pugni, nella quale si poteva colpire tutto il corpo). Diffusasi in tutto il mondo, negli anni ’80 ebbe una brusca frenata con l’uscita cinematografica del film Kickboxer – Il nuovo guerriero, interpretato da Jean-Claude Van Damme. Anche se molto antica, la tecnica della Thai Boxe era sconosciuta ai più e vedendo che comprendeva anche gomitate, ginocchiate e prese corpo a corpo chiamate clinch, il pubblico andò in delirio. Dopo poco tempo l’egemonia delle arti marziali iniziò a diminuire drasticamente e altre tecniche antiche ma poco praticate come la Savate (Boxe francese) emersero dall’anonimato. Da quel momento in poi il vaso di Pandora delle discipline da combattimento si aprì e gli anni ’80 furono un bacino tecnico di grandi scoperte. Ma come tutte le mode, anche questa verso gli anni ’90 iniziò a diminuire, tuttavia la consapevolezza che nel mondo ci potesse essere altro, spinse i broker a portare alla ribalta tantissime altre discipline, infatti dal Giappone arrivò il Ninjutsu (la disciplina dei Ninja), mentre dalle ceneri di Bruce Lee e attraverso un suo allievo il Maestro Danilo Santos, arrivò il metodo creato dal celebre attore cinese, il Jeet Kune Do; in Italia arrivò tramite il Maestro Mike Faraone, a sua volta allievo del Maestro Paul Vunak. Si delinearono così le prime scuole da combattimento da strada e quindi da combattimento totale.
Si cercò l’origine del mito attraverso il Wing Chun del maestro Yip Man, fino ad approdare alle tecniche usate dalle forze speciali sovietiche, il famoso Sambo Russo. A quel punto ci fu una lenta ma inesorabile separazione tra chi voleva allenarsi in tecniche da combattimento miste estreme (combattimento da strada, per le forze dell’ordine o le forze armate) e chi invece voleva dare una connotazione sportiva anche al combattimento misto.
Facendo un passo indietro vediamo emergere in contesti sconosciuti (ai più) il Vale Tudo, che già dagli anni ’20 si praticava in fiere di paese in Brasile. Negli anni a seguire ottennero grande fama nell’ambiente Hélio Gracie e Carlos Gracie, fondatori di una scuola di jiu jitsu (che sarebbe poi stata chiamata Brazilian Jiu-Jitsu), ma anche la Lute Livre (lotta libera), capitanata dal maestro João Alberto Barreto ebbe un grande rilievo nel Vale Tudo. La pratica sportiva ebbe un picco di notorietà tra il 1959-1960, quando vennero trasmessi a livello nazionale degli scontri stile-vs-stile promossi da uno show televisivo di Rio chiamato Heróis do Ringue (“eroi del ring”), tuttavia ebbe vita breve poiché considerato troppo cruento. Per molti anni divenne una disciplina clandestina combattuta solo nelle palestre e a porte chiuse. Intanto in Cina, dopo tantissimi anni di censure e bocciature, per lo più dovute all’idea di non mischiare le arti tradizionali Cinesi con quelle occidentali, emerse nel 1982 la Sanda (Kick Boxing Cinese). Come quella Nipponica, poteva colpire con tecniche di percussione tutto il corpo, ma a queste tecniche si aggiunsero anche il corpo a corpo e le proiezioni. In Russia, dopo la caduta del muro e la perestrojka, anche il Sambo Russo ebbe due distinte divisioni storiche scindendosi in Sambo Combat (legato al combattimento estremo) e il Sambo Sport. Infine Satoru Sayama (il primo Uomo Tigre, del Puroresu, o wrestling, o catch Giapponese), fondò la scuola e le competizioni di Shoot Boxing: il suo scopo era quello di creare uno sport realistico, che potesse competere a livello internazionale con ogni tipo di disciplina da combattimento o arte marziale. In breve tempo tale stile, inizialmente praticato nel solo Giappone, arrivò negli Stati Uniti con il nome di Shoot fighting e in Europa come Shoot Boxing. L’organizzazione professionistica di arti marziali miste denominata Shooto vede il suo sviluppo materializzarsi dal 1985 fino ai primi anni ’90; in quel periodo divenne la più estesa organizzazione di MMA del mondo, in quanto presentava “filiali” e tornei in tutti i continenti. Dall’impronta della Shoot Boxing riaffiorarono tutte quelle scuole sopite e si iniziarono a vedere sempre di più atleti e match di: Gracie Jiu-Jitsu, una rivisitazione dell’antico Pancrazio, la Senda, il Sambo, ecc.
Nel 1993 avvenne la svolta, due grandi eventi di MMA stavano nascendo. Da una parte c’era il torneo ideato da: Art Davie, Rorion Gracie e Robert Meyrowitz, che fondarono la Ultimate Fighting Championship (conosciuta anche con l’acronimo UFC). E dall’altra il torneo Pancrase (chiamato così in onore del pancrazio antico ma che in realtà era una derivazione dello shoot wrestling). Seguirono (sempre in Giappone) nel 1994 e nel 1995 dei tornei ispirati al brasiliano Valetudo, e vennero vinti entrambi da un altro esponente della famiglia Gracie, Rickson Gracie. Nel 1995 nacque il torneo Battlecade e fu proprio durante quell’evento che il presidente Rick Blume coniò il termine “Mixed martial arts”. Nel 1997, infine, ancora in Giappone nacque il Pride Fighting Championship (in seguito assorbito dell’esecutivo delle UFC). Il cambiamento avvenne con l’avvento di Internet che attraverso i video on-line dei match di MMA riuscì a divulgare questo tipo di pratica agonistica in un decennio in tutto il mondo, facendo nascere innumerevoli altre realtà agonistiche simili.
IN ITALIA
In Italia uno dei maestri che veramente va menzionato per il valore tecnico ed innovativo è il Maestro di Sambo Giorgio D’Alessandro, che già dagli anni ’80 masticava vocaboli legati a tecniche da combattimento totale. Io nel 1992 ho fondato la Combat Free Syle, e cronologicamente parlando, nello stesso periodo sono emersi insegnanti o atleti che presto lo sarebbero diventati come: Fabio Tumazzo, Matteo Biscottini, Marco Falchi, Dino Fuoco, Filippo Stabile, Ariel Colombo, Andrea Baggio. Tutti eravamo già esperti di diverse discipline o arti da combattimento e tutti avevamo un bagaglio tecnico legato a quelle che in Italia venivano considerate competizioni interstili. Fu proprio grazie a Internet e alle vittorie di Rickson Gracie che in seguito avvenne l’evoluzione che permise a tutti noi di uscire dall’anonimato tecnico, in cui le grandi scuole di sport da combattimento e arti marziali italiane ci segregavano, additandoci come violenti o pazzi. Oggi da ricordare come nomi illustri dell’MMA in Italia troviamo: Alessio Sakara, Michele Verginelli, Davide Morini e Alex Celotto.
a cura del Master Domenico Abbruzzo