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Augusta Masters: la consacrazione di Scott, la delusione italiana

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Affascinante e storico. In due parole, il Masters 2013. Il primo Major stagionale non ha certamente deluso le aspettative del pubblico alla ricerca del grande golf, sfornando emozioni una dopo l’altra e tanto, tanto spettacolo dal punto di vista qualitativo. Ma quando i migliori interpreti al mondo varcano le porte dell’Augusta National Golf Club ed attraversano Magnolia Lane, sarebbe sorprendente il contrario. La magia del circolo più esclusivo al mondo avvolge chiunque entri in contatto con l’ambiente, è inevitabile, anche dopo svariate partecipazioni. In sostanza, sembra quasi un mondo diverso.

Lo ha evidentemente compreso Adam Scott, che dopo tanto peregrinare è andato a segno, cogliendo la prima vittoria in un Major. Tagliare ad Augusta un traguardo del genere, poi, è indiscutibilmente qualcosa di unico e straordinario, per la giacca verde, per la storia, per la tradizione. Un successo meritato di un ragazzo che se lo meritava, dopo troppi piazzamenti e uno sciagurato Open Championship regalato ad Ernie Els quando sembrava non avere più rivali. Da quel momento, Scotty ha fatto breccia nel cuore di tanti tifosi nel mondo del golf, riuscendo a riscaldare definitivamente i loro cuori con quel lungo putt imbucato alla 10 (ancora protagonista dopo il tiro miracoloso dal bosco di Bubba Watson lo scorso anno). Un fantastico talento, un degno successore dei connazionali Greg Norman  e David Thomson, vittoriosi negli altri Major ma mai ad Augusta. Lui, Adam, 33 anni da Adelaide, il primo aussie ad imporsi, sfatando un tabù inspiegabile fino a ieri.

Sopraffare quel Angel Cabrera al sudden death, poi, appariva un ostacolo forse troppo grande, per la lucidità e la solidità mostrata da El Pato nel corso delle ultime 18 buche. Un giocatore da Major potremmo definire l’argentino, per la sua attitudine a gestire al meglio la pressione. Alla fine non è bastato, ma per il gioco espresso è stato indubbiamente il migliore. Insieme a Cabrera, solo Tiger Woods ha potuto interrompere quello che sarebbe stato un autentico dominio australiano, vista la presenza di Jason Day e del sorprendente Marc Leishman al 3° ad al 6° posto. E se quest’ultimo, in fin dei conti, non ha avuto concrete chance di vittoria, a Day sono mancati ‘solamente’ i nervi saldi per poter ambire alla giacca verde.
Ma torniamo sul nome accennato poc’anzi: l’uomo più atteso e favorito n°1, Tiger, è giunto 4°, confermando l’eccezionale momento di forma. Nemmeno lui, però, ha potuto fare i conti la sfortuna, apparsa al leader mondiale nel secondo giro, quando uno splendido approccio ha colpito la bandierina, facendo terminare la pallina in acqua. Da lì il drop irregolare, i due punti di penalità e un torneo di fatto compromesso. L’impressione, però, è che la Tigre sia effettivamente tornata a ruggire e senza quell’episodio, probabilmente, il protagonista di quest’articolo sarebbe un altro.
Chi, invece, ha messo il Masters nel mirino per i prossimi anni è il giovane danese Thorbjorn Olesen, classe 1989 e talento cristallino, giunto sesto e costantemente in crescita.

Il National Golf Club può fortificare, rendere invincibili, ma allo stesso tempo può ipnotizzare, può abbattere tutte le certezze costruite nel percorso di avvicinamento al torneo. Di certezze non ne aveva trovate molte Rory McIlroy finora, ma il 2° posto alla vigilia del Masters auspicava qualcosa di più di uno scialbo 25° posto, al pari di altri due sconfitti come Justin Rose e Luke Donald. Completamente in bambola, invece, uno dei papabili per la vittoria finale, Phil Mickelson, che ha chiuso con un disastroso +9 totale in 54ma posizione.
Da dimenticare, purtroppo, anche il Masters dei nostri azzurri, Francesco Molinari e Matteo Manassero. Entrambi non sono mai riusciti a trovare il passo gara adeguato, con la conseguenza di cadere sovente nelle insidie del percorso. Eppure, il viatico intrapreso nelle settimane precedenti sembrava quello giusto per poter aspirare quantomeno ad entrare nei primi 20, ma, ad Augusta, troppi errori non vengono perdonati ed ecco che la doppia eliminazione al taglio è stata pressoché automatica, oltre che inaspettata. Non un risultato disastroso, ma comunque deludente, ampiamente sotto gli standard preventivabili alla vigilia. L’appuntamento per il riscatto è già fissato per il weekend, con l’Open di Spagna, ma la data da circoletto rosso sul calendario è senza dubbio il 13 giugno, quando inizierà lo U.S. Open.

Foto: Getty Images.

daniele.pansardi@olimpiazzurra.com

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