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Combinata nordica
Fabian Ebenhoch: “Stagione poco soddisfacente”
Fabian Ebenhoch, austriaco classe 1979, è l’head coach della combinata nordica azzurra dalla primavera 2011, dopo una buona carriera come saltatore e successivamente come allenatore della squadra italiana femminile di salto con gli sci, venuta alla ribalta proprio sotto la sua gestione. Quest’anno i risultati dei nostri combinatisti non sono certo stati positivi, per una serie di ragioni che andiamo ad analizzare proprio assieme al tecnico della squadra.
Fabian, come valuti nel complesso la stagione degli azzurri?
“Chiaramente, nel complesso non si può essere soddisfatti: i risultati sono stati molto al di sotto delle attese. Qualche piccolo segnale positivo, comunque, c’è stato. Penso in particolare al decimo posto di Lukas Runggaldier a Seefeld, o al quattordicesimo di Armin Bauer ad Oslo, suo secondo miglior risultato di sempre. Poi a gennaio potevamo anche contare su un contingente di ben sei atleti, il quarto più numeroso nonché il record assoluto per l’Italia: tuttavia, la forma di alcuni ragazzi non era sufficiente per portarli in Coppa del Mondo“.
Quali sono state le principali difficoltà che avete incontrato?
“Come è noto, le nostre difficoltà maggiori sono state nei salti di gara, più che nei salti in sé. Tanti ragazzi, ad esempio Giuseppe Michielli ed Armin Bauer, facevano vedere buone cose in allenamento, ma poi in gara trovavano sempre qualche problema. Il salto è questione di testa: bastano piccole cose, piccoli pensieri per incastrarsi in un circolo vizioso dal quale è difficile uscire. Poi, certo, abbiamo sofferto particolarmente le nuove tute da gara e anche qualche episodio sfortunato, come tante esclusioni arrivate davvero per un’inezia nel Provisional Competition Round. L’infortunio di Alessandro Pittin non può certo essere dimenticato, sia per le conseguenze che ha avuto su di lui, sia perché comunque è il leader della squadra. Nel 2011-2012, con Alessandro al top, gli altri non avevano troppa pressione addosso e potevano ottenere i risultati con assoluta tranquillità; quest’anno, senza la stella davanti, non è stato facile per nessuno“.
Già nella precedente risposta accennavi alle difficoltà dovute alle tute da salto: quanto hanno influito le modifiche regolamentari in questo ambito?
“Hanno influito decisamente tanto. Non voglio lamentarmi, ma un dato di fatto inconfutabile è che noi non abbiamo le risorse e le possibilità logistiche di altre federazioni per reagire rapidamente a cambiamenti così radicali. In primavera si era passati da una circonferenza del tessuto esterno rispetto al corpo dell’atleta di +6 cm fino a 0 cm. Un cambiamento molto più drastico di quello che sembra: è come tagliare un grande pezzo dalle ali di un aereo, bisogna cambiare radicalmente lo stile di salto cercando di fare maggiore velocità in uscita per compensare questo deficit. Negli allenamenti estivi, ci sono state tante cadute e per questo motivo la FIS in autunno ha nuovamente rivoluzionato tutto, portando il margine a +2 cm: leggermente meglio, ma comunque non c’era più il tempo per rifare le tute e ricominciare. Abbiamo continuato con le nostre tute, modificandole noi stessi. Avere difficoltà con i materiali da gara non è questione di poco conto”.
Un appuntamento molto atteso erano i Mondiali in Val di Fiemme, a casa nostra: come valuti le prestazioni dei ragazzi in quella circostanza?
“Non ci si poteva aspettare molto di diverso, tenendo conto delle performance in Coppa del Mondo. Comunque, in quel Mondiale credo che le prestazioni di Alessandro Pittin, in particolare, siano state positive: non so quanti atleti, dopo un problema come il suo, sarebbero stati in grado di recuperare e di gareggiare a così alti livelli”.
Nonostante le difficoltà di questa stagione, il gruppo ti è sempre sembrato unito e compatto?
“Quando le cose non vanno bene, è lecito avere qualche discussione e qualche momento di confronto per capire dove sono i problemi e come uscirne. Ognuno ha le sue idee per cambiare. Comunque, siamo sempre riusciti a seguire una linea comune, pur modificandola dove, secondo noi, era necessario.”
Tu, personalmente, ti sei sentito nell’occhio del ciclone per le tante critiche che ricevevi, dirette anche alla squadra? Come hai reagito?
“Sai bene che nell’occhio del ciclone si sta tranquilli…è intorno che tutto si rovina. Certo, tutti vedevano il salto come problema dei combinatisti e quindi me, in quanto responsabile del settore, come problema principale. Quando una persona si prende una responsabilità, ce l’ha nel bene e nel male, giustamente. Nel 2011-2012 tutto andava bene e tutti erano contenti; quest’anno no, ma fa parte del gioco. Non ho reagito in nessun modo particolare alle critiche. Ognuno può avere le sue legittime opinioni ed io ero troppo impegnato con il lavoro per diventare matto con articoli, commenti ecc.”
Per te cos’è cambiato dalla guida della squadra femminile di salto a quella maschile di combinata? Hai dovuto cambiare metodologie di lavoro?
“Ovviamente, ci sono rapporti di tipo diverso quando si lavora con le ragazze o con i ragazzi. Entrando nello staff di combinata, ho dovuto imparare anche tante cose nuove, visto che sono un ex saltatore; di conseguenza, l’impostazione del lavoro e i programmi cambiano radicalmente. Il salto…è salto e basta. La combinata, come dice il nome, è mettere insieme l’esplosività e la tecnica che servono dal trampolino con la resistenza, la determinazione e lo spirito di sacrificio tipici dei fondisti. Credo che, tra tutti gli sport invernali, la combinata nordica sia il più complesso, sia da praticare, sia da allenare. Ci sono tanti modi per combinare le due discipline, ma anche maggiori possibilità di errore“.
foto di FEDERICO MODICA per itanordic.com
marco.regazzoni@olimpiazzurra.com