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Sport: i Campioni e il fenomeno dell’emulazione

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Quante volte sentiamo dire, dai bambini che si avvicinano allo sport, che da grandi vogliono diventare come i loro idoli? Succede nel calcio, dove fin dalla più tenera età si va in giro agghindati di tutto punto come dei piccoli giocatori della propria squadra del cuore, ma succede in tutti gli sport, in Italia come in tutto il mondo. Ma chi fa da volano a uno sport? A volte possono essere i pionieri, che portano il Vangelo di uno sport poco o nulla praticato in un determinato paese e in breve tempo attirano a lui una notevole fetta di praticanti: viene in mente Lemond, che negli anni ottanta fu il pioniere del ciclismo a stelle e strisce, anche se vista la piega che ha preso questo sport dopo le poco edificanti performance di Armstrong e compagnia (dopata) c’è poco da andarne fieri fossimo nei panni del buon Greg. Ma scherzi a parte, l’impatto che ebbero le sue vittorie in Europa (fra cui tre Tour de France) fu dirompente negli USA e il ciclismo divenne ben presto uno sport molto praticato. Rimanendo sempre in ambito statunitense, nel 2004 irruppe sulla scena internazionale una schermitrice di origine lituana, Mariel Zagunis, che non senza sorpresa si laureò la prima campionessa olimpica in assoluto della sciabola femminile, nonchè divenne in assoluto la prima americana a vincere una medaglia d’oro a livello individuale nella scherma. Fu sicuramente questa vittoria a portare nelle palestre di scherma molti bambini e bambine statunitensi, che oggi fan degli stati uniti una delle grandi potenze delle pedane. In Francia Laure Manaudou e Alain Bernard fecero scoprire ai transalpini la bellezza di uno sport come il nuoto, anche qui dando il la alla creazione di una serie impressionante di campioni e campionesse che fanno man bassa di medaglie nelle piscine di tutto il mondo: Camille Muffat è solo l’ultima in ordine di tempo. Stesso discorso per l’atletica, con un boom di praticanti che si sono affacciati alle discipline di questo sport dopo i Mondiali di Parigi del 2003.

Diverso è il caso italiano, dove il calcio domina sovrano e gli altri sport possono ritagliarsi i loro meritati spazi in pratica solo in occasione dei Giochi Olimpici: scherma, pugilato, ginnastica artistica, ma anche tiro con l’arco e sport di precisione fanno registrare sempre dei numeri notevoli nelle iscrizioni, tanto che nell’immediato post-olimpico trovare posto libero per chi vuole approcciare a uno dei suddetti sport è impresa assai ardua. Tutto molto bello, se non fosse che a questo boom di iscrizioni, si accompagna spesso un abbandono precoce nel momento in cui non si vedono i risultati: purtroppo però questo è un problema di educazione e cultura sportiva, che per essere estirpato necessita di un lavoro profondo sulla testa di chi pratica lo sport e di chi lo circonda.
Un secondo effetto collaterale potrebbe arrivare dal rischio che la pratica di uno sport diventi uno status symbol, un qualcosa di trendy e non di veramente sentito: e anche qui l’effetto è scontato, ovvero l’abbandono non appena la moda si esaurisce o non appena si scopre che non è poi tutto oro quello che luccica.

A fronte di questi aspetti, su cui è bene per motivi diversi riflettere, l’idea che un campione possa fare da traino a nuove generazioni di praticanti è da accogliere con grande gioia e soddisfazione, perchè maggiore è il numero di chi si cimenta, maggiori sono le possibilità che fra questi piccoli atleti si annidi il campione del futuro.

photo: fencingacademy.com

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