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Rugby
Rugby: la Benetton Treviso a Roma, una scorciatoia non percorribile
Rome wasn’t build in a day cantano i Morcheeba musicando l’antica saggezza popolare latina. Roma non è stata costruita in un giorno, non lo fu la capitale dell’Impero, ma nemmeno il Treviso Rugby.
Il vecchio monito ci mette in guardia sul come non si possa arrivare in cima senza scalare il monte, nel rugby questo è quanto mai l’attualità quotidiana. Il rugby stesso è lo sport del “un centimetro alla volta”. Per restare in tema di massime e citazioni a braccio, ricordo che qualcuno disse “il rugby è lo sport dove quattordici giocatori sputano sangue per far fare qualche centimetro al quindicesimo”. Il presidente federale Gavazzi ha recentemente esternato alla stampa un suo “sogno”, una sua visione: portare le franchigie nelle grandi città, a Milano le Zebre e a Roma la Benetton.
Credo che, per l’ennesima volta, ci si dimentichi il percorso fatto e quello da fare. Per l’ennesima volta facciamo finta di non avere memoria storica. Per l’ennesima volta si cerca la scorciatoia, facendo finta di non sapere che il rugby è unico nella sua bellezza forse anche perchè ti sbatte in faccia qualcosa di semplice come il sole: le scorciatoie non esistono!
E’ palese che portare la palla ovale nei grandi centri potrebbe dare un’ulteriore spinta al movimento. Obiettivamente, con tutto il rispetto, non serviva Gavazzi a dircelo. La domanda da porsi è perche non ci sia. La squadra di rugby di Treviso, che oggi è ammirata con rispetto in Europa, non è figlia solamente dei soldi di Benetton o della partecipazione celtica, non basta spostare i capitali, i Leoni biancoverdi sono il frutto di un amore per il rugby di una città, di un club con ottanta anni di storia, di una Treviso Rugby che vinceva scudetti anche prima dell’arrivo della famiglia Benetton (nella foto la Metalcrom Treviso Campione d’Italia 1977-78). La stessa famiglia di Villorba ha sì reso grande il rugby trevigiano ma non ha monopolizzato il club, ha sempre cercato il dialogo col territorio e con le altre realtà imprenditoriali della Marca Trevigiana. Non si possono spazzare tradizioni e radici con un colpo di spugna. Non solo perchè non sia giusto: semplicemente nel rugby non funziona.
Gli esempi sono molteplici, ma il più evidente è proprio l’altra franchigia: le Zebre. Se già il progetto Aironi era costruito sulla sabbia, il golpe estivo che ha fatto nascere le Zebre ha portato ad avere una squadra in cui non si riconosce quasi nessuno. I parmensi stessi preferiscono di gran lunga andare a seguire le realtà locali che la franchigia federale.
L’intenzione di portare il grande rugby a Roma e Milano è lodevole. Il mio consiglio è che si lavori sulle realtà esistenti sia a livello giovanile che senior, si formino tecnici, si creino strutture e soprattutto, senza scorciatoie, si trovino i capitali necessari sul territorio. Roma non è stata costruita in un giorno!
danilo.patella@olimpiazzurra.com