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‘Cogito, ergo sport’: Edwin Valero e Carlos Monzon, gli “Atleti Maledetti”
“Su ogni gioia, per strozzarla, ho fatto il balzo sordo della bestia feroce”.
(Arthur Rimbaud)
Maledetti si facevano chiamare, ed erano poeti. Maledetti vengono considerati, e sono atleti. Atleti maledetti, tanto lontani dal sogno, quanto capaci, orgogliosi e tenaci da raggiungerlo. Eppure così disperati da mandarlo in pezzi, cedendo al “balzo sordo della bestia feroce”.
Edwin ‘The Inca‘ Valero e Carlos ‘El macho‘ Monzon, vite parallele partite dal nulla: avrebbero potuto annullarsi nella povertà e invece hanno conosciuto lo splendore di successi insperati, forse fin troppo luminescenti.
Il primo, pugile venezuelano nato nel dicembre dell’81, campione mondiale dei superpiuma e detenitore del titolo WBC nella categoria dei leggeri, fin da giovane fece notare il suo talento nel mondo della boxe, ma dopo un grave incidente di moto la sua carriera pareva finita prima ancora di affermarsi. Facile immaginare le difficoltà di un ragazzo che, dopo la frattura del cranio, pareva dover dire addio a tutti i suoi sogni.
Saranno stati il carattere, la voglia di rivincita, la fierezza a far sì che Edwin Valero tornasse a combattere, più forte di prima, tanto da venir considerato uno dei migliori pugili in circolazione grazie ai veloci ko rifilati agli avversari.
Dall’altra parte Carlos Monzon, indio-argentino, classe 1942, uno dei più grandi pugili di pesi medi della storia.
A volte capita di prevedere i destini degli altri come se costoro, nonostante le innumerevoli strade che possono percorrere, non avessero altra possibilità che diventare quello che, alla fine, diventano. Il destino di Monzon pareva scritto sulla traccia delle vite di giovani criminali disperati nati nella povertà, con alle spalle una malattia come il tifo, costretto a lavori di bassa manovalanza per guadagnare qualche soldo, lavori spesso sostituiti a furti.
Alcol, arresti, giri di prostitute: tutto fa pensare che quell’uomo, nato sulla strada, lì sarebbe morto, senza lasciar traccia di sé nel mondo. Ma il destino alle volte si ribella al determinismo sfoderando la sua arma migliore, il riscatto. Monzon scopre il suo dono e se ne serve. Tre sole sconfitte in un’intera carriera che lo vede protagonista della boxe degli anni Settanta, dopo aver strappato il titolo mondiale al campione italiano Nino Benvenuti, titolo che Monzon conserverà fino al ’77.
Cosa spinge talenti innati, talenti che si sono costruiti da sé, che hanno ottenuto soldi e gloria puntando tutto sulle proprie capacità, a distrarre lo sguardo dalla vetta a cui hanno sempre aspirato e che finalmente hanno raggiunto, puntando invece all’abisso più nero, più profondo di quello da cui erano partiti?
“Non ha Coloni la Mente”,
sussurra Emily Dickinson, perché il “Continente ancora non scoperto” del proprio Io è troppo grande, troppo oscuro per essere esplorato.
Ha solo 28 anni Edwin Valero quando uccide la moglie in una stanza d’albergo; ne ha 45 Monzon, quando strangola la sua compagna nel giorno di San Valentino, un 14 febbraio che anche quest’anno ha conosciuto la drammatica vicenda dell’atleta Oscar Pistorius e della sua fidanzata, rimasta uccisa in circostanze ancora tutte da chiarire.
Troppo spesso si torna a parlare di violenza sulle donne, troppo spesso ne avevano fatto parlare i due pugili, sempre in bilico tra droghe, risse e alcol.
Forse Valero non vede più “che folletti di vetro che lo spiano davanti, che gli ridono dietro” (Fabrizio De André) e così, nel carcere dove è stato appena rinchiuso, si toglie la vita, costruendosi la corda coi sui vestiti.
Sette anni di reclusione, degli undici ai quali l’avevano condannato, sconta invece Monzon, ma un destino beffardo, lo stesso che anni prima si era ribellato ad una vita già segnata dalla nascita, colpisce ancora, in direzione ostinata e contraria. L’ex pugile, appena rilasciato, muore in un incidente d’auto, schiantandosi ai 140 orari.
“L’assassino, la vittima, il testimone, ciascuno di noi pensa che il proprio ruolo sia quello del protagonista”, scrive Chuck Palahniuk, e forse la salvezza e la dannazione di Edwin Valero e Carlos Monzon è stata proprio questa: il voler essere protagonisti. Assassini di altri, vittime di se stessi; in altre parole, protagonisti ad ogni costo.
chiara.mastrosani@olimpiazzurra.com