Ciclismo

Giro d’Italia 2013: la solitudine di Wiggins

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La solitudine può essere amica di un corridore. Quando sei all’attacco da solo, in salita o in discesa, accarezzato dal vento o scosso dalla pioggia, lei è la tua unica compagna. E le più grandi imprese della storia del ciclismo sono state scritte con questa immancabile protagonista. Tuttavia, in questo Giro d’Italia 2013 la solitudine dimostra anche il suo lato negativo: perché quando resti solo, con gli altri davanti che vanno molto più forte di te, allora sai che sei game over.

Deve aver pensato questo Bradley Wiggins, in quel paio di chilometri infernali nei quali, sotto la pioggia che tanto detesta, si è trovato da solo. Nessun compagno era con lui, perché persino il ritmo di un gregario risultava troppo difficile da mantenere per questo grande campione, limitato da un lato dall’infezione polmonare e, dall’altro, da un ormai innegabile “blocco psicologico”: per l’ennesima volta nella corsa rosa, Wiggo ha dato l’impressione di non essere assolutamente sicuro in discesa, senza riuscire a piegare la bicicletta, perdendo secondi su secondi ad ogni curva. Poi, certo, i compagni di squadra hanno ulteriormente rallentato per aiutarlo, con l’eccezione di Urán ed Henao comprensibilmente rimasti nel gruppo principale: perché ormai il capitano della Sky non è più Wiggins. Il suo Giro d’Italia, per quanto riguarda le ambizioni di maglia rosa, si è definitivamente arenato oggi, sotto la pioggia del Veneto, travolto da un mix di problemi, sfortune, paure e insicurezze.

Il ciclismo, e il Giro d’Italia in particolar modo, è qualcosa che va oltre una pur meticolosissima preparazione,  una scientificità quasi esasperata che ha sempre caratterizzato Bradley e il suo team; se la testa e le gambe non ti assistono, la solitudine-quella negativa, però-sarà la tua unica compagnia.

foto di Susi Goetze

marco.regazzoni@olimpiazzurra.com

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