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Ciclismo
Giro d’Italia: la bellezza delle fughe solitarie. Nibali, chi i rivali?
Sono le azioni che catturano in modo particolare le attenzioni di chiunque segua questo sport; sono le azioni che infiammano il cuore di tifosi ed appassionati, che creano nuovi beniamini e personaggi magari da idolatrare, perché simbolo di cuore e resistenza, di inossidabilità e coraggio. Se poi ad accompagnarle ci sono anche pioggia, gelo e continui saliscendi, le fughe solitarie assumono un fascino – almeno per il sottoscritto – impagabile.
L’eroe di giornata, Maxim Belkov, di chilometri in compagnia solamente della sua ammiraglia ne ha percorsi circa 60, di cui una buona parte sotto il diluvio, senza contare il centinaio già coperti con i suoi compagni di avventura. Una giornata in avan-scoperta insomma, che ha rischiato seriamente di andare in fumo sulla salita di Vallombrosa, quando Chapalaud e Pirazzi lo hanno staccato per contendersi i punti della maglia azzurra. Ma se per il russo l’ascesa ha significato dolori e sofferenze, la discesa è parsa quasi una liberazione e un enorme stimolo per rilanciare l’azione e continuare l’attacco, favorito anche dagli screzi della coppia di testa, raggiunta e sorpassata a velocità doppia. Incurante della pioggia copiosa, Maxim ha praticamente spiccato il volo, guadagnando secondi su secondi da poter gestire nelle salite successive, quando la pedalata si è fatta legnosa e le spalle hanno cominciato a ciondolare, ma la consapevolezza di essere vicino ad un’impresa ha infuso ulteriore benzina nelle gambe, sufficiente per evitare il rientro di Pantano e Ludgvisson. Insomma, per conquistare la prima vittoria in carriera, questo 28enne russo non si è concesso nulla di banale, nemmeno il palcoscenico, reso nobile dall’arrivo posto in Piazzale Michelangelo a Firenze.
Chi, invece, sembra perdere la sua aria di nobiltà ogni giorno che passa è sir Bradley Wiggins, in assoluta sofferenza ogni qualvolta la strada scenda e l’asfalto sia bagnato e scivoloso. Un mix terribile per il suddito di Sua Maestà, che anche oggi ha palesato imbarazzanti limiti nello gestire i tornanti e le curve di Vallombrosa e di Vetta le Croci, arrivando a perdere anche più di un minuto dal gruppo Maglia Rosa. Al traguardo non ha accusato ritardi, ma la sua tenuta fisica non promette nulla di buono sulle Alpi, dove non è escluso che i capitani Sky possano diventare Henao e Uran, simboli di una Colombia sempre grande protagonista sulle strade del Giro (Betancur 2° e Pantano 3° quest’oggi). Sembra aver abdicato definitivamente Ryder Hesjedal, la cui prestazione odierna (1 minuto perso da Nibali) conferma le pessime impressioni destate nella cronometro di ieri. Il giorno di riposo, per lui come per Wiggo, arriva nel momento opportuno, prima che la Corsa Rosa si accenda sul serio con l’arrivo in salita sull’Altopiano Montasio, una bella e difficile salita.
Bella e sgargiante è la Maglia Rosa di Nibali, che non avrà guadagnato niente sui rivali, ma il modo in cui l’Astana ha controllato la tappa fa capire che non si dovrà lottare solo contro il formidabile Squalo dello Stretto, ma anche contro Kangert, Aru, Tiralongo, Agnoli e Vanotti, i gregari più fidati del messinese che, comunque, appare ormai il più forte. Wiggins e Hesjedal sono frenati da problemi fisici ed atletici ma anche psicologici (pensiamo all’inglese), mentre Evans, Gesink e Scarponi sono incognite a cui solo Alpi e Dolomiti sapranno dare una risposta. Perché per ora l’unica certezza è solo lui, Vincenzo Nibali.
daniele.pansardi@olimpiazzurra.com