Paralimpiadi

Intervista esclusiva a Martina Caironi

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Fresca di doppio primato del mondo (nei 100 e nei 200 metri piani categoria T42) ottenuto a Grosseto nel corso dei Campionati Italiani Paralimpici, Martina Caironi – che dei 100 metri piani è Campionessa Paralimpica – ci parla dei suoi programmi futuri e fa un passo indietro alla magica serata di Londra. Senza dimenticare l’impegno a favore della sensibilizzazione sul tema della sicurezza stradale.

A Grosseto hai fatto segnare due nuovi record del mondo sui 100 e 200 metri. Niente male come bilancio, anche se immagino che nella tua testa il meglio deve ancora venire: quali sono i tuoi obiettivi per il futuro?

Be’ Grosseto è stata una conferma degli allenamenti di questi mesi con la nuova protesi; nella mia testa non si può dire che c’è. Però posso dirti che mi sto allenando con più voglia e determinazione di prima, perché ho visto che, grazie anche al supporto tecnico, si può migliorare notevolmente.
I miei obiettivi per il futuro sono quelli di diventare sempre più professionale in quello che faccio e riuscire a coinvolgere sempre più persone disabili nel mondo paralimpico. Vorrei, parlando di tempi, arrivare ai 15’’ netti sui 100m, chissà…

A luglio a Lione ci saranno i mondiali e indubbiamente ci arrivi con l’etichetta della donna da battere: la senti la pressione derivante da ciò? Quali sono le avversarie che più di altre temi?

“Anche a Londra ero partita sapendo di avere il tempo in vetta alle classifiche e dunque a Lione sarà un bis di Londra, spero anche nei risultati. Precisando che nel salto in lungo non sono affatto la favorita, posso dire che l’avversaria più temuta, ma anche voluta è l’australiana Kelly Cartwright, campionessa nel long jump ( con il record mondiale fatto alle Paralimpiadi di 4,38 m ) e seconda nella ranking mondiale sia nei 100m che nei 200m. E’ un ottimo stimolo per me. Non sento la pressione in modo particolare, perché è come per gli esami: se hai studiato vai tranquillo. Gli allenamenti mi rendono tranquilla. O meglio, carica, pronta ad esplodere!

Sempre a proposito di Mondiali, come procede la marcia di avvicinamento a questo importante evento? Quali sono le prossime gare in cui ti vedremo impegnata?

Mi hanno invitato pochi giorni fa a partecipare ad una gara a Manchester il 25 maggio – l’intervista è stata fatta appena dopo il meeting di Grosseto, ndr –, e incontrerò proprio la Kelly nel salto in lungo (non hanno inserito la gara di velocità per la categoria T42 ma solo quella del salto); anche se non sono pronta ho pensato che un’occasione così non fosse da rifiutare per nulla al mondo. Quindi giovedì partirò e mi troverò per vari giorni circondata da atleti fortissimi paraolimpici e non. In più potrò rinfrescare il mio inglese, che non fa mai male. Poi ci sarà la nostra gara dei 100m paralimpici al Golden Gala di Roma il 6 giugno dedicato a Pietro Mennea e via verso i societari del 22-23 giugno vicino a Milano, per poi prepararmi definitivamente per Liòn !

Facciamo un passo indietro, e torniamo alla magica serata di Londra: che effetto ti fa a tutt’oggi guardare la tua medaglia d’oro e pensare “ Sono campionessa Olimpica”? E soprattutto, quanto e come è cambiata la tua vita dopo quella vittoria?

Quella medaglia la guardo spesso quando ancora la mostro alle persone da cui vado a parlare (scuole, conferenze etc..) e ormai fa parte della mia stanza, della mia quotidianità, ma soprattutto del mio cuore. Quando realizzo che ho vinto l’oro paralimpico penso semplicemente che non c’è da montarsi la testa, ma solo di cercare di trarne un beneficio: bei ricordi, felicità, soddisfazione… Dopo quella vittoria, ciò che è cambiato più di ogni altra cosa è il fatto che tantissime persone si sono interessate a me, alla mia storia, al mio pensiero, al mio stato d’animo addirittura. Non ci ero abituata, come chiunque non lo è prima che gli succeda. E dunque ho imparato anche a trovare il modo per me più giusto per trasmettere anche agli altri, desiderosi di sapere, quello che ho fatto, raccontando come l’ho fatto e perché lo continuo a fare. Per me è normale e non eccezionale, ma capisco che la diversità è finalmente oggetto di interesse e questo mi rallegra.

Quella sera hai corso davanti ad 80mila persone, in uno stadio olimpico gremito: un pubblico che in Italia fan registrare solo (forse) alcune partite di calcio. Che effetto ti ha fatto una cornice così meravigliosa?

Credo sia stata una tra le cose più belle di questa mia esperienza: il calore di quel pubblico non lo scorderò mai. L’effetto è stato quello di una droga, ne vuoi sempre di più, e fino all’ultimo giorno, l’ultima gara, sono stata lì come spettatrice a godermi quell’atmosfera magica che c’era nello stadio. Certo, poi essere protagonisti in pista è tutt’altra cosa , è una botta di adrenalina che ti dura forever.”

 Il tuo grande amore è l’atletica leggera, ma lo sport è parte integrante della vita di   Martina Caironi; cosa pratichi oltre all’atletica?

Non è sempre stato così, infatti ero una pallavolista convinta, ma da quando ho scoperto il piacere di allenarmi nella corsa e nei salti ho imparato ad amare anche l’atletica. Poi mi piace nuotare, mi sento a mio agio nell’acqua, e vado spesso in piscina per “scaricare” anche la schiena. Poi una forma di sport che pratico appena posso e appena esce il sole (quest’anno è dura…) è la giocoleria, che non va sottovalutata secondo me, perché anche se la fai a livello amatoriale richiede energie, coordinazione, potenza in certi casi e precisione. Ogni cosa è utile per perfezionare le proprie capacità.

La tua vita è stata segnata da un grave incidente stradale e so che prendi parte ad alcuni convegni sul tema della sicurezza: cosa si potrebbe fare secondo te per cercare di porre un freno a questo problema che fa sempre tante, troppe vittime?

Sono stata a convegni in cui si cercava di sensibilizzare i giovani sull’uso prudente della macchina, ma anche del motorino, sul rispetto del codice della strada e via dicendo. Già questo credo che sia un metodo efficace: i ragazzi rimangono colpiti dalle testimonianze di chi ha subito incidenti stradali, o dalle immagini o riproduzioni di incidenti ecc. Ma per gli adulti che si può fare? Se una persona è irresponsabile nella vita lo rimarrà anche per strada. Aumentare i controlli potrebbe essere una soluzione, ma non curerebbe le coscienze di chi, appena dietro l’angolo, schiaccia comunque l’acceleratore.

 

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