Scherma
Europei di scherma, il Dream Team del fioretto fa pokerissimo
Ormai i bookmakers non le quotano più, girano alla larghe dalle loro gare. Le avversarie, quando le vedono, sanno già di avere davanti una missione impossibile. E non importa se la squadra deve fare a meno di una o due delle sue atlete di punta, perché alle spalle ce ne sarà sempre una in grado di non farle rimpiangere. Il fioretto femminile italiano è l’unico che si può permettere il lusso di rinunciare a Valentina Vezzali o a Ilaria Salvatori, e vincere sempre e comunque, in scioltezza.
A Zagabria il Dream Team azzurro ha infilato il quinto titolo europeo consecutivo. Cambiate pure gli addendi, non solo il loro ordine, e il risultato resterà lo stesso. Si sono inventate pure un nuovo balletto per dirlo alle rivali di turno.
Carolina Erba e Benedetta Durando sono state splendide protagoniste di un oro arrivato al termine di una prova dominata dai quarti contro la Romania, fino alla finale contro la Francia. Per una volta, dunque, la copertina se la meritano loro, meno famose ma non meno importanti di Arianna Errigo ed Elisa Di Francisca.
Schiacciasassi, invincibili, impareggiabili. Non esistono più aggettivi per definirle e nemmeno i numeri bastano. Non quelli che parlano di una finale vinta per 45-30, senza che mai fosse messa in discussione quella medaglia d’oro. Dice molto di più il lungo filotto di successi di un gruppo che raramente si è dovuto accontentare di un metallo che non fosse il più prezioso. Un autentico patrimonio dello sport italiano, la più grande squadra mai salita sulle pedane internazionali.
Ma a Zagabria è stata una giornata di gioie dimezzate per gli azzurri. Perché se le ragazze del fioretto hanno fatto esultare tutta la rappresentativa, dispiacere e delusione sono i sentimenti vissuti dagli spadisti. Matteo Tagliariol, Paolo Pizzo, Enrico Garozzo e Diego Confalonieri puntavano a una medaglia, sognavano l’oro, e l’idea di incontrare solo in finale una tra Svizzera (oro) e Francia (quarta alle spalle di Ungheria e Ucraina) non era poi così male. Ma dopo un ottavo di finale superato in scioltezza contro la Romania, gli Azzurri si sono arenati sull’Ucraina, in un quarto di finale che li vedeva partire coi favori del pronostico.
Incapaci di reagire al parziale negativo subito da Tagliariol nell’ultimo assalto del primo giro, passati in svantaggio di quattro punti ma con sei sfide per poterli recuperare, i ragazzi di Cuomo hanno visto sbriciolarsi progressivamente le loro certezze. L’illusione del ribaltone l’aveva data Paolo Pizzo, all’inizio dell’ultimo giro, dimezzando lo svantaggio da -10 a -5, ma né Enrico Garozzo né Diego Confalonieri sono stati in grado di dar seguito alla rimonta. Un vero peccato, perché i nostri erano i più forti e lo sono ancora, ma la spada è così: una bestia orrenda e affascinante. Un solo errore può essere fatale, impossibile da recuperare. Rimettere in piedi una sfida partita male è un’impresa colossale in un’arma estremamente tattica e che prevede il colpo doppio.
E allora ti capita di partire con quattro atleti tutti da podio individuale, e tornare a casa a mani vuote. Ti capita e brucia, ma non può scalfire la tua fiducia. Perché se si è forti non si smette di esserlo, e lo dimostra la reazione immediata e il quinto posto conquistato grazie alle ultime due vittorie contro Estonia e Polonia. Il tempo per rifarsi c’è, Budapest e i mondiali sono dietro l’angolo, e quella rabbia, c’è da scommetterci, sarà trasformata in energia positiva. È la ricetta per diventare un Dream Team, l’unica possibile.
gabriele.lippi@olimpiazzurra.com
Twitter: GabrieleLippi1
Foto di Augusto Bizzi