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Ciclismo

Chris Froome, un campione poco amato

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Ci sono i vincenti idoli delle folle e i vincenti poco apprezzati, per una ragione o per l’altra: Chris Froome rientra, suo malgrado, in questa seconda categoria.

Non che il white kenian sia privo di tifosi, anzi: in Gran Bretagna come in Francia, in Italia come in Svizzera, molti appassionati di ciclismo apprezzano questo corridore e lo hanno sostenuto convintamente nelle tre settimane di Tour de France. Eppure, non si può negare che ci sia anche un certo astio nei suoi confronti: i fischi ricevuti sull’Alpe d’Huez, rivolti sia a lui personalmente sia al team Sky, sono ancora nelle orecchie di tutti, e persino girando sui social network si nota come alcuni tifosi non apprezzino molto il britannico. Come mai?

Non vogliamo credere che siano le voci, spesso indegnamente fomentate da taluni organi di stampa, sull’utilizzo di sostanze illecite a condizionare l’opinione pubblica. No, perché il ciclismo ha bisogno di certezze, non di sospetti: e se bisogna dubitare di tutto, di ogni prestazione, di ogni vittoria, è consigliabile piuttosto non seguire questo sport.

Sono probabilmente i suoi atteggiamenti da “padrone” a non essere andati genio a buona parte dei tifosi. Froome che rincorre in prima persona i fuggitivi nelle parti iniziali della tappa, ad esempio; è accaduto più volte nel corso della Grande Boucle e ha dato l’idea che il britannico fosse un cannibale. Poi si sa, c’è chi apprezza i cannibali e chi non li tollera. E poi indubbiamente l’altro, grande limite del britannico è lo scarso appeal comunicativo: Wiggins, pur nel suo british style, è un personaggio. Chris, invece, non è riuscito a costruirsi un’immagine popolare al di fuori delle corse in bicicletta: insomma, al di là dei successi sportivi, non ha mai fatto nulla per farsi amare.

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