Rubriche

‘Cogito, ergo sport’: Carolina Kostner, una perla del colore dell’Oro

Pubblicato

il

“La perla se ne sta lì con la sua irraggiungibile imperfezione, nata dal dolore”.
(Alessandro D’Avenia)

Una perla, una gemma rara quanto preziosa, un gioiello la cui grandezza nasce dal difetto, dall’errore, dal pericolo, dalla paura.

Era febbraio 2010. Era Vancouver. Erano le Olimpiadi invernali.
Quando si diventa una stella è normale che gli occhi di tutti si levino al cielo per osservarla. La si vorrebbe vedere sempre così, bella e splendente. Anche all’astro più grande, tuttavia, capita di essere coperto da una nube troppo densa. E quella stella si lascia inghiottire dal buio della notte.

Delusione, amarezza, dispiacere, rabbia. A voci alterne risuonano i rimpianti e l’insoddisfazione per il fallimento di una campionessa, la stella “caduta” Carolina Kostner.
Se sei abituata ad essere la prima nel pattinaggio artistico sul ghiaccio e guadagni un sedicesimo posto ai Giochi Olimpici nel programma libero non puoi che essere attaccata, non puoi che sentirti sola, senza difese, senza più speranze. Non puoi che sentirti come una conchiglia assalita da un predatore, un nemico che tenta di aprirla per mangiare il mollusco che vi è dentro.

Come chiudendosi in se stessa la ballerina esegue il sui sit spin tentando di temporeggiare sull’aggressore ormai troppo vicino. E quando prova a distendersi e a levarsi con un flip il nemico è troppo forte, s’impossessa dell’anima fragile, penetra nella conchiglia e la stella cade al suolo.

L’anima è piena di stelle cadenti”, poetava Victor Hugo, e non per questo è meno capace di risplendere. L’ostrica può reagire. Ha bisogno di tempo, forza, coraggio ed energia ma può difendersi. Strato dopo strato comincia a lavorare su di sé, avvolgendo l’estraneo che è riuscito ad entrare. È così che nasce una perla.

È così che Carolina Kostner, a meno di un anno da quella delusione, dopo gli innumerevoli attacchi subiti da parte di chi sperava in una medaglia, dopo il crollo psicologico di una sconfitta tanto dolorosa, è tornata a brillare, brillare di un Oro che ha il profumo del riscatto.
È quando le stelle cadono che si esprimono i desideri e “se vedi cadere una stella è perché guardi il cielo, e se guardi il cielo, è perché credi ancora in qualcosa” (Bob Marley). E Carolina ci ha creduto.

Era ottobre 2010. Era Nagoya, in Giappone. Era l’NHK Trophy del Gran Prix di pattinaggio.
Era l’Oro dell’Italia che aveva ritrovato, in un abito argenteo, la sua stella danzante o, meglio, la sua perla, Carolina Kostner.

Là dove c’è il pericolo cresce anche ciò che salva” (Friedrich Hölderlin), e la vittoria non è mai tanto dolce come dopo l’amaro di una sconfitta che ha fatto della conchiglia la custode di un gioiello.

 

 

 

Tu cosa ne pensi?

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Exit mobile version