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‘Cogito, ergo sport’: Volley, il trucco della vita…al volo!
“La palla è elastica; ma per rimbalzare bisogna che tocchi terra”.
(Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila)
Di cose il caro Pirandello ne sapeva, quasi fosse un esperto di sport. Magari di sport no, ma di vita, di quella era un campione. E in fin dei conti grande differenza non c’è: sport è vita, ne rappresenta il meglio e il peggio, la restituisce nella sua forma più estetica o in quella più deleteria.
La palla è elastica, sì: quando trafigge il campo avversario lo intuisci, quando si schianta accanto al tuo piede lo comprendi. Questione di un attimo, la sfera che si fa ellisse, il rumore di un punto perso e il peso di un colpo mancato. Ti immedesimi in quel pallone: sei tu che cadi a terra, tu che tocchi il fondo. Tutto si deforma, la tua ottica sulla partita, sulle tue potenzialità, sulla tua forma, sul prossimo punto. Poi lo sguardo punta oltre: la palla è elastica, rimbalza. Tocca terra e torna su. Lo fa sempre, anche quando il colpo è stato ciclopico.
“Never a failure, always a lesson“, e così guardi al punto perso, alla sconfitta subita, all’obiettivo fallito: tutte esperienze essenziali per rimbalzare, per tornare a volare, per raggiungere la vetta persa di vista. Hegel sosteneva che l’errore non solo non va rimosso, ma è necessario a progredire, a salire la lunga spirale che conduce al traguardo: ciò che si nega va mantenuto per poter andare oltre, per superare se stessi, lo stadio attuale, per ottenere ciò che non potresti senza quel maledetto schianto. Per rimbalzare bisogna che tocchi terra non solo la palla, anche la coscienza.
Londra 2012: “brutta botta”, “naufragio” viene definito dai giornali quello della Nazionale di Pallavolo maschile contro la Bulgaria in fase eliminatoria. Un Ko (0 a 3) di un gruppo che “ha perso sicurezze”, dicono. L’atmosfera inizia ad essere pesante e le critiche non tardano ad arrivare: colpiscono il libero Andrea Bari, definito “occhi di triglia”, piombano sull’intero gruppo “incapace di reagire”. Si teme il peggio guardando all’avversario futuro: sono gli Stati Uniti, Oro agli ultimi Giochi olimpici di Pechino.
Se qualcuno ha già perso le speranze, quello non è certo Coach Berruto, orgoglioso e innamorato della sua squadra che definisce “bella e imperfetta”, e proprio per questo “travolgente”. Che gusto ci sarebbe stato d’altronde, senza quella brusca caduta, a sbaragliare con un netto 3 a 0 i campioni in carica americani!
Una vera e propria resurrezione, non a caso al terzo giorno dalla sconfitta contro i bulgari di Naydenov e Placì.
“Un uomo dovrebbe riconoscere le sue sconfitte garbatamente, così come festeggia le sue vittorie. Col tempo vedrai che un uomo non impara niente quando vince. Perdere invece può condurre a grande saggezza. Il nocciolo della quale poi è quanto sia più gradevole vincere. È inevitabile perdere di tanto in tanto, il trucco è che non diventi un’abitudine”.
(tratto dal film Un’ottima annata)
Il trucco è saper tornare sfera dopo aver sperimentato l’ovale;
il trucco è sfruttare la potenza del colpo e l’urto col fondo per rimbalzare più in alto;
il trucco è capirlo al volo, e magari anche in volo.
Il trucco è sapersi rialzare, così come hanno fatto Capitan Savani e compagni che, alla fine, la rivincita contro la Bulgaria se la sono presa al momento giusto, col bronzo olimpico festeggiato sul podio con la tredicesima maglia, quella dell’amico Vigor Bovolenta.
“Ciò che non uccide fortifica”, e anche se Nietzsche non aveva mai tentato una schiacciata, subito un muro, mancato una ricezione, aveva afferrato il trucco della pallavolo, o il trucco della vita, che è poi lo stesso.