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Confederations Cup 2013: il punto dopo l’apoteosi verdeoro

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Si è conclusa ieri sera, o meglio questa mattina, la Confederations Cup 2013. Ha trionfato il Brasile, favorito all’esordio ma capace di vincere con più facilità del previsto grazie ad un girone dominato, una semifinale in bilico fino all’ultimo contro l’Uruguay ed una finale senza storia contro la Spagna campione d’Europa e del mondo in carica, giunta però stremata con un giorno di riposo in meno dopo i supplementari contro l’Italia.

Felipe Scolari, tornato a novembre sulla panchina delle Seleçao dopo il successo ai Mondiali del 2002, ha dunque centrato il primo obiettivo della sua nuove gestione. L’ex tecnico del Chelsea, infatti, dopo un avvio in sordina, ha trovato la giusta amalgama nella squadra (grazie ad un super Paulinho, capace di governare con sapienza e grinta il centrocampo) e ha mandato in visibilio il Maracanà grazie alle magie di Neymar ed ai gol di Fred, cecchino infallibile di una selezione sì spettacolare ma soprattutto cinica come non mai. La strada verso i Mondiali, però, è ancora lunga: la pressione tra la propria gente sarà maggiore e le avversarie agguerrite per evitare ai verdeoro il sesto successo della storia.

Esce malconcia dalla finale di Rio la Spagna, super in un girone con numerose insidie (non era da tutti il 3-0 ad una scatenata Nigeria) ma già titubante nella semifinale vinta dal dischetto contro una commovente Italia. E nell’atto conclusivo Iniesta e compagni, colpiti subito a freddo, si sono sciolti come neve al sole a causa delle fatiche di una stagione interminabile sotto i colpi di un Brasile spinto da una nazione intera. La Roja però non è assolutamente morta ma, anzi, ha imparato a perdere e ne potrà solo giovare in vista della rassegna iridata che scatterà tra un anno sempre in Sudamerica. Anche perché, come ha dimostrato il recente Europeo Under 21, il talento dei nuovi campioni iberici è pronto ad esplodere.

Terza piazza per l’Italia di Cesare Prandelli, completamente distrutta da infortuni (Abate e soprattutto Balotelli, ma durante il torneo anche Pirlo e Montolivo) e da due incontri consecutivi terminati ai calci di rigore. E’ andata male ancora una volta, purtroppo, nell’occasione più importante, contro la bestia nera Spagna, ma Buffon e compagni hanno saputo rialzare la testa dopo una vera e propria “ingiustizia sportiva” (avremmo infatti meritato qualcosa di più) e hanno onorato l’impegno fino all’ultimo superando dagli undici metri l’Uruguay di Edinson Cavani, conquistando una medaglia di bronzo da cui proseguire con ottime basi per il futuro. Nel 2014, però, servirà una maggior solidità difensiva (troppi dieci gol subiti in cinque partite per una squadra che punta al vertice, nel 2006 in Germania furono solo due in otto match) e la consapevolezza di poter mettere paura a tutti, come già successo contro le due finaliste.

L’Uruguay ha chiuso quarto, con Cavani che ha iniziato a segnare nei momenti decisivi, ma con la solita sensazione di un talento immenso (Suarez in primis) incapace di esprimersi nella collettività. Insufficienti le prove di Giappone e Messico, inseriti in un girone proibitivo ma protagonisti di sfide piene di limiti: di natura difensiva gli asiatici, di esperienza i giovanissimi campioni olimpici in carica. Male infine anche la Nigeria, dalla quale sarebbe stato lecito aspettarsi qualcosa di più delle sei reti (con una subita) all’ingiudicabile, ma coraggiosa, Tahiti.

 

francesco.caligaris@olimpiazzurra.com

Twitter: @FCaligaris

Foto da: tmnews.it

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