Nuoto

Nuoto, da Londra 2012 a Barcellona 2013: l’Italia che non cambia…

Pubblicato

il

Non è tempo di bilanci, per quelli attendiamo la fine di questa rassegna iridata di Barcellona 2013.

Eppure una palpabile, sgradita sensazione ci assale: questa Italia è la medesima delle Olimpiadi di Londra 2012, quando registrò un fragoroso “zero” alla voce medaglie? Pare proprio che la risposta sia affermativa.

Oggi giocavamo subito due dei nostri principali assi: Ilaria Bianchi e Fabio Scozzoli, quest’ultimo addirittura punta di diamante dell’intera spedizione. Non sono arrivati gli attesi metalli, ma un sesto ed un quinto posto che inducono a riflettere. Forse le aspettative della vigilia, comprese quelle di Olimpiazzurra, erano troppo alte.

In fondo entrambi hanno nuotato sui rispettivi tempi stagionali. Il personale di Scozzoli (59″42, record italiano) risale al 2011, quando vinse l’argento ai Mondiali di Shanghai: un crono avvicinato poi solo in occasione della semifinale olimpica di Londra 2012. Sintetizzando, il quasi 25enne di Lugo è un atleta capace di scendere regolarmente sotto i 60 secondi, ma non sempre in grado di avvicinare quei 59″50 che nell’ultimo biennio garantiscono il podio nelle rassegne internazionali. L’australiano Christian Sprenger ed il sudafricano Cameron Van der Burgh, entrambi sotto i 59″, appaiono oggettivamente fuori portata per le potenzialità attuali dell’azzurro, il quale non avrebbe potuto aspirare a niente di più di un bronzo: ne aveva tutta la possibilità, come dimostrano i soli 5 centesimi che lo hanno separato dal brasiliano Felipe Lima.

Alla stessa Ilaria Bianchi non si poteva chiedere di più: miglior tempo stagionale, comunque distante da quel 57″27 siglato lo scorso anno e mai più avvicinato. Non è detto che sia sempre doveroso migliorare: alcuni atleti vivono delle cosiddette “stagioni di grazia”, nelle quali sfoderano prestazioni mai espresse in precedenza e non più ripetute in seguito. Eppure, migliorando di poco il proprio record italiano, Ilaria sarebbe stata sul podio.

Nel complesso, tuttavia, si intravedono tante, troppe analogie con Londra 2012. Le nostre punte di diamante in pratica sono (erano…) le medesime: Bianchi, Scozzoli e Paltrinieri, tutti atleti per i quali il podio non è (non era…) affatto sicuro. Non ci siamo dimenticati di Federica Pellegrini, ma la fuoriclasse veneta si cimenterà in una disciplina tutta nuova come i 200 dorso, dove una medaglia appare difficile, ma non impossibile.

Sempre sullo stesso livello i nostri velocisti dello stile libero, cui manca sempre quel quid necessario per il definitivo salto di qualità. Al di là dei problemi fisici attuali, un talento come Luca Dotto appare ormai in costante regresso rispetto ai fasti di Shanghai 2011: quei Mondiali avrebbero dovuto rappresentare un punto di partenza, non di discesa.

E’ un’Italia identica, se non peggiore rispetto a Londra perché non è avvenuto l’atteso, auspicato cambio generazionale. Quanti nomi nuovi di livello internazionale siamo riusciti a proporre negli ultimi 12 mesi? Mattia Pesce? Certo, ma nei 50 rana, una disciplina non olimpica. Matteo Rivolta? Si spera di sì e questa rassegna iridata sarà un banco di prova importantissimo per lui. Per il resto, però, un’aurea mediocritas da cui si fatica ad evadere e che proietta l’Italia nelle posizioni di rincalzo del nuoto mondiale.

federico.militello@olimpiazzurra.com

Tu cosa ne pensi?

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Exit mobile version