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Se Bolt risultasse positivo? Sarebbe shock per l’atletica?

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Ieri è stata una giornata nera per l’atletica leggera, funestata da un ciclone doping che ha colpito l’apice della disciplina. Tyson Gay (cliccate qui per saperne di più), Asafa Powell e Nesta Carter (cliccate qui per saperne di più) sono incappati nelle maglie dell’antidoping. Tre delle grandi icone della velocità, tre uomini da under 10’’ sui 100m sono andate ko nel giro di un pomeriggio.

 

Per un’ora, quando le notizie provenienti dalla Giamaica erano ancora molto frammentate, temevamo che anche Usain Bolt fosse stato pizzicato. Per fortuna sono arrivate delle smentite. Ma cosa succederebbe se il Fulmine, l’uomo simbolo dell’atletica mondiale, il Re che ha riportato la pista sotto i riflettori dei media, l’uomo che ha rivoluzionato la sua specialità spingendola a limiti inauditi, incappasse in un affaire doping?

 

Sia chiaro, non è successo, non stiamo alzando nessun dubbio sulla sua condotta. Ma quei sessanta minuti di dubbio vissuti nel pomeriggio di ieri ci hanno fatto riflettere.

Sì, se Bolt risultasse positivo a un controllo antidoping, l’atletica ne soffrirebbe incredibilmente. Sarebbe un contraccolpo di dimensioni colossali. L’immagine del nostro sport subirebbe la mazzata definitiva e cadrebbe definitivamente il castello della magia.

Per tutti gli appassionati, per i miliardi (sì) di praticanti, l’atletica NON è (solo) Bolt. Ma per chi la guarda con occhio meno attento, per i media non specialisti, l’atletica è Usain Bolt. E si sa: tv e carta stampata di prima fascia hanno un peso incredibile nell’economia sportiva, molto più della voce del pubblico.

 

Il bi-campione olimpico, il più veloce del Mondo, è quello capace di schizzare a 9.58 (o 19.19, decidete voi il primato che preferite) facendo uno show colossale prima e facendo lo sciocco dopo il traguardo. Aizza le folle, zittisce, ammutolisce, lancia scarpe, corre con bandiere, parla di tutto, fa discutere, è amato, è l’idolo di migliaia di ragazzini. Ecco, tutto questo finirebbe in un secondo.

Avremmo un Regno senza Re, come mai è successo nella storia (di solito è il contrario). E quel trono sarebbe davvero difficile da rimpiazzare. Chi lo può fare?

David Rudisha, primo uomo a scendere sotto i 101 secondi sugli 800? Sportivamente parlando sì, ma è poco forte mediaticamente. Bondarenko, Mutaz? Sì, sì vola a 2.40, si tenta l’attacco al record di Sotomayor, ma siamo sempre lì: i puristi adorano questi gesti, ma la risonanza è troppo poca! Il (mezzo)fondo? Specialità troppo tecniche e da palato fino. Renaud Lavillenie? Troppo francese, troppo sobrio, troppo…atleta. Lungo, triplo? Ne siamo scettici, manco gli elementi primi, sempre per il solito motivo. Servirebbe qualcuno che rompesse delle barriere: i nove metri nel lungo, i 2.50 nell’alto, i 100 secondi sugli 800m, i 43’’ sul giro della morte. Ma nessuno al momento è in grado di farlo! (e forse è un bene, perché altrimenti si inizierebbe a pensar male…). Gira e rigira, siamo sempre qui… Caro, Usain.

 

Ognuno tragga le conclusioni che voglia, veda come vuole l’affaire doping e faccia le dovute analisi. Ma sia chiaro: fino a prova contraria, sono solo parole.

 

stefano.villa@olimpiazzurra.com

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