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Storia, tradizione e italiani protagonisti: le Universiadi

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Università, universalità e sport. Tre valori differenti, tre elementi diversi, ma che uniti tra loro racchiudono una sola parola, un solo concetto: l’Universiade, la manifestazione sportiva per gli studenti universitari di tutto il pianeta. Una sorta di Olimpiade con cadenza biennale, sia invernale che estiva, forse l’evento internazionale e multidisciplinare con più storia e tradizione sulle spalle secondo soltanto ai Giochi Olimpici; una storia cominciata più di 50 anni fa proprio in Italia e mai interrotta fino ad oggi.

L’invenzione di Nebiolo – Già all’inizio del ‘900 vennero organizzati alcuni eventi dedicati esclusivamente agli universitari, ma la vera svolta si ebbe alla fine degli anni ’50, grazie ad uno dei dirigenti più brillanti della storia dello sport italiano, Primo Nebiolo. Fu il futuro presidente della IAAF a creare di fatto le Universiadi, immaginate dopo aver assistito alla Settimana Internazionale dello Sport Universitario a Parigi, nel 1957. Una scintilla, poi la lungimiranza e le capacità organizzative del nativo di Scurzolengo fecero il resto. La primissima edizione si sarebbe dovuta tenere a Roma (sede dell’Olimpiade 1960), ma gli impianti ancora inefficienti costrinsero l’organizzazione a virare su Torino, dove le strutture allestite per il centenario dell’Unita d’Italia (1961) permisero lo svolgimento dei Giochi per la prima volta nel 1959; fu scelta la città francese di Chamonix, invece, come palcoscenico per le prime Universiadi invernali, nel 1960. Da allora, la FISU (Federazione Internazionale Sport Universitari) organizza regolarmente le due manifestazioni, che prevedono alcune discipline obbligatorie (tredici estive, dieci invernali) con l’eventuale aggiunta di sport decisi dall’organizzazione. D’altronde, ogni competizione ha le sue peculiarità e le Universiadi ne hanno una alquanto interessante: non vengono suonati inni nazionali. Per tutti, viene fatto risuonare il Gaudeamus Igitur, l’inno degli studenti, a risaltare il valore dell’universalità.

Storia azzurra – Alle 26 edizioni estive fin qui disputate, l’Italia ha sempre preso parte con i propri studenti, con buone performance nel corso della storia, medaglieri alla mano. L’unica volta che la spedizione italiana ha trionfato in classifica, però, fu proprio a Torino 1959, quando conquistò 18 ori (mai più eguagliati), 10 argenti e 10 bronzi, che rappresenta anche il maggior numero di medaglie vinte (38). Infatti, salvo un terzo posto in un’altra edizione casalinga, quella di Roma 1975, gli universitari del Bel Paese hanno navigato sempre nella ‘pancia’ della top ten, non entrandovi anche tre volte (Sofia 1977, Fukuoka 1995 e Daegu 2003) e guardando dal basso le continue vittorie dell’Unione Sovietica, naturalmente fino al suo scioglimento nel 1991. A prendere il posto dell’URSS, negli anni ’90, ci hanno pensato poi gli Stati Uniti, che nel nuovo millennio hanno dovuto cedere il passo a Russia e Cina, monopolizzatrici del medagliere nelle ultime edizioni.

La Freccia del SudSe c’è un’Universiade impressa nella memoria di tutti gli sportivi italiani (e non), è indubbiamente quella del 1979 di Città del Messico. L’Universiade per eccellenza, forse. E’ il 12 settembre, si corrono i 200 metri, ai blocchi di partenza c’è uno studente di scienze politiche, Pietro Mennea. È lì non solo per vincere, perché sarebbe troppo facile per uno con due ori europei già in bacheca, ma per fare qualcosa di importante, di storico. Per fare quello che effettivamente gli riesce: il record del mondo, 19″72. Un tempo semplicemente pazzesco, che resterà imbattuto per 17 anni e che ancora oggi è la nona prestazione mondiale di tutti i tempi. A stamparla negli annali uno che forse non era un predestinato, ma un ragazzo che attraverso mille fatiche ha raggiunto l’apoteosi, il paradiso sportivo.

 

daniele.pansardi@olimpiazzurra.com

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