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Ciclismo

Tour de France 2013: il coraggio di Mori e Gavazzi

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Si sapeva sin dall’inizio che sarebbe stato un Tour de France 2013 avaro di soddisfazioni per i colori azzurri: non un uomo di classifica, alcune discrete ruote veloci difficilmente in grado, tuttavia, di sconfiggere Cavendish e Kittel, un nutrito gruppo di gregari che sta egregiamente svolgendo il proprio lavoro per i rispettivi capitani...e altri che per provarci devono andare in fuga.

Manuele Mori e Francesco Gavazzi appartengono a questa categoria. Il toscano della Lampre-Merida ha il ciclismo nel DNA: suo papà Primo ha anche vinto una tappa al Tour, il fratello Massimiliano è stata una presenza fissa in gruppo per lunghi anni. Per Manuele una sola vittoria in carriera, alla Japan Cup 2007, ma un discreto spunto veloce che, in gruppetti ristretti, gli ha sempre garantito buoni piazzamenti, anche se in questa corsa fondamentalmente sta lavorando da apripista per Cimolai e Ferrari. Non è la prima volta che ci prova da lontano in un grande giro; in un gruppo così ridotto, se la sarebbe giocata proprio con Gavazzi, ma il destino-o meglio, la forza degli squadroni dei velocisti-ha voluto diversamente.

Il valtellinese dell’Astana è uno che sa mettere la sua ruota davanti a quella di tutti gli altri. Certo, non è uno sprinter da plotone completo, ma anche in questo Tour ha dimostrato, con alcuni risultati nella top ten, di avere uno spunto veloce molto brillante; d’altronde il suo palmarès parla per lui, con una frazione vinta alla Vuelta, due al Giro dei Paesi Baschi e una Coppa Agostoni. Tuttavia, il Gava ha capito che contro Kittel, Sagan e Cavendish le speranze sono poche; e allora è giusto attaccare da lontano, portarsi via un gruppetto, tenerlo cucito, sperare che i velocisti si disinteressino e poi vincere lo sprint ristretto. Questo era il suo piano; forse, con un paio di elementi in più quella fuga avrebbe avuto esito diverso.

Ma in un Tour de France dove, come si diceva in apertura, le soddisfazioni a tinte tricolori sono ridotte al lumicino, anche chi ha il coraggio di sfidare il gruppone merita un elogio. Si sa, è una mezza follia portar via una fuga quando la tappa si prefigura senza alcuna difficoltà altimetrica e nelle gambe dei corridori non c’è ancora quella stanchezza di fine Tour quando può succedere di tutto: onore dunque a questi due ragazzi, a Flecha, Sicard e Delaplace e a tutti quei fuggitivi che, giorno dopo giorno, cercano di spezzare un copione già scritto, quanto mai scontato in giornate così piatte.

foto Bettini

marco.regazzoni@olimpiazzurra.com

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