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Ciclismo
Tour de France 2013: vento, tattica e forature per un pomeriggio indimenticabile
Pinchazo. Alejandro Valverde maledirà questa parola, che in spagnolo significa foratura. Le forature fanno parte del ciclismo sin dai tempi in cui i corridori viaggiavano con un copertone di scorta a tracolla. Si tratta dell’inconveniente più naturale al mondo per un ciclista: di solito si alza la mano, ci si ferma, il meccanico scende dall’ammiraglia e in venti secondi il gioco è fatto, per poi iniziare l’inseguimento al gruppo davanti che, di solito, si concretizza in una manciata di chilometri. Oggi non è andata così. Oggi Valverde, per un pinchazo, ha perso 9’54” e ha salutato il podio del Tour de France 2013.
Lo ha perso perché sono entrati in gioco altri due fattori. Anzitutto il vento, un altro compagno di viaggio del plotone, talvolta fastidioso, talvolta benevolo. O meglio, sempre fastidioso per alcuni e benevolo per altri. Il vento è stato percepito, domato e coccolato, nella prima parte di giornata, dagli Omega Pharma, con un Tony Martin persino superiore al Cancellara dei tempi migliori nell’infliggere frustate a tutti con la sua potenza in queste condizioni. Grazie all’accordo con Eolo, lo squadrone belga fa staccare Kittel e comprensibilmente continua a tirare, per evitare il rientro del pericoloso tedesco; succede però che Valverde fori proprio in quel momento, a 80 km dall’arrivo. E i suoi Movistar, pur sputando sangue, non riescono proprio a riportarlo in gruppo.
Allora subentra il terzo fattore: la tattica. La tattica si decide a tavolino, la sera prima della corsa; oppure in ammiraglia, con i direttori sportivi; oppure, a volte, anche con un colpo di genio di qualche corridore. Oggi probabilmente si è trattato di un mix degli ultimi due casi. Valverde è indietro e la Belkin, che con Bauke Mollema e Laurens Ten Dam sta disputando un Tour davvero sopra le righe, inizia ad aiutare gli Omega in testa al gruppo. Per un certo periodo, il distacco rimane inchiodato attorno al minuto e gli olandesi sembrano sul punto di desistere. E invece continuano. Poi, a 30 km dall’arrivo, qualcun altro, nella fattispecie un furbissimo Contador, fiuta un’occasione ancora più grossa rispetto a tagliar fuori il semplice Valverde: quella di mettere in difficoltà Froome.
Tattica fase due, ovvero Saxo Bank. Ovvero lezioni di ciclismo da parte, con un pizzico di orgoglio tricolore, del trentanovenne Matteo Tosatto e di un Daniele Bennati in versione splendido uomo squadra. Il più classico dei ventagli, a cui Cavendish e Sagan si appiccicano al volo. Son dieci metri, poi quindici; poi Froome si gira e trova solo uno, forse due compagni di squadra. Nonostante alleanze improvvisate con BMC, Katusha e Ag2r, la Sky toppa ancora una volta, basti pensare che nessuno dei gregari della maglia gialla termina la tappa al suo fianco.
Certo, i sessantanove secondi persi oggi, a fronte dello strapotere dimostrato dal white kenian sulle montagne, sono puramente simbolici. Ma servono a ravvivare un Tour che altrimenti rischiava di andare in archivio sin da prima delle Alpi per manifesta superiorità. Vento, tattica e forature, shakerati assieme, possono costituire un mix micidiale.
marco.regazzoni@olimpiazzurra.com