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Atletica: dove sono i lanciatori italiani?

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Se c’è un settore dell’atletica in cui l’Italia è davvero deficitaria, si tratta di quello dei lanci. Nelle otto gare di lanci del Mondiale di Mosca, includendo in questa categoria anche il getto del peso, l’Italia ha presentato solo tre atleti: Nicola Vizzoni nel martello, Giovanni Faloci nel disco e Chiara Rosa nel peso. Di questi, solo il decano dell’atletica italiana, Vizzoni, ha raggiunto la finale.

In pratica ci troviamo a parlare non solo di prestazioni non eccellenti, come quella più che deludente di cui è stato protagonista Giovanni Faloci, ma fin troppo spesso l’Italia non compare neanche nelle start list. Questa situazione è certamente frutto di diversi fattori, ma in fin dei conti a nostro avviso sono due gli elementi fondamentali che la causano: la deficitaria cultura sportiva italiana, che non assegna ai lanci un posto adeguato, ed i fattori esterni che non permettono agli atleti di raggiungere standard di alto livello (in parole povere, la mancanza di strutture e tecnici adeguati).

In alcuni Paesi, ad esempio in Germania, in Scandinavia ed in Europa Orientale i lanci godono di una considerazione molto superiore, e molto spesso vengono addirittura preferiti alle gare in pista. Anche altri Paesi, poi, come gli Stati Uniti e la Francia, che non hanno una grande tradizione in queste discipline, hanno iniziato ad investire in modo più cospicuo nel settore, essendosi resi conto che, in fin dei conti, le medaglie hanno sempre lo steso valore indipendentemente dalla specialità dalla quale provengono.

Chiaramente è difficile cambiare la cultura sportiva di un Paese, ma non è poi così complicato cercare di incoraggiare i giovani a praticare queste discipline, cercando di aumentare così la presenza italiana sia quantitativamente che qualitativamente. Perché, come è ovvio, se aumenta il numero di praticanti, aumenta anche la possibilità di trovare un possibile campione, soprattutto se gli atleti sono coadiuvati da investimenti adeguati e da staff tecnici all’altezza.

giulio.chinappi@olimpiazzurra.com

2 Commenti

1 Commento

  1. Gabriele Dente

    17 Agosto 2013 at 18:55

    Quella dei convegni è una vecchia piaga dello sport italiano. Come giustamente dici tu, riflette una mentalità clientelare (ma anche gaudente) di molte federazioni che disperdono risorse che andrebbero destinate ai giovani talenti. Una buona metà delle federazioni affiliate al CONI dovrebbe essere azzerata e riorganizzata con nuovi quadri dirigenziali. Purtroppo il meccanismo stesso su cui si basa l’appartenenza impedisce al CONI di intervenire e mettere le cose a posto.

  2. Luca46

    17 Agosto 2013 at 11:39

    Io credo che in Italia i fondi messi a disposizione per lo sport vengano dispersi in cose inutili, per esempio mi è stato detto che nel ciclismo si fanno convegni su hotel costosissimi dove si vede praticamente villeggiare in questi posti anche persone che col ciclismo non centrano una mazza ma che sono praticamente invitati. Dopo di che ci sarebbe da chiedersi quanto può costare uno skate park? non credo molto ma non se ne vede manco uno almeno nella mia zona. In Italia non si pensa a costruire cose che servano alla collettività ma solo cose che facciano guadagnare i costruttori e i politici. Ci sono posti in cui con qualche ora di ruspa si potrebbero costruire delle pistine per MTB senza deturpare il paesaggio circostante invece vanno ad asfaltare percorsi ciclabili in mezzo al verde. Davvero insopportabile. Perche? Perchè fare una pistina da MTB non si possono far girare piu’ di tante mazzette molto meglio asfaltare anche in mezzo a zone boschive.

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