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‘Cogito, ergo sport’: Leonardo Morsut, con la cultura non si mangia, si vive

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“La ricerca contiene in se stessa la ricompensa della sua fatica”.
(Dacia Maraini)

Una fatica doppia se, per essere intrapresa, la ricerca implica l’abbandono di una certezza, di una carriera, di una vita intera vissuta su un campo da gioco, tra schiacciate in Nazionale, muri nella Pallavolo Padova, ricezioni in Word League e difese nella Trentino Volley. Fatica tripla se comporta la rinuncia ad uno stipendio di 150 mila euro annui, per intraprendere una strada da 800 euro al mese.

 

Si chiama Leonardo Morsut, ex-pallavolista, laureato in biotecnologie mediche e matematica. La sua passione era diventare scienziato, non fare il pallavolista, e questo l’ha portato a compiere una scelta che per molti sarebbe stata impensabile.

Pianista classico, impegnato nel sociale e in una politica no-global, Morsut è l’espressione di quel mens sana in corpore sano che i latini, sulla scia degli antichi greci, ritenevano indispensabile, se non scontato.
Come si può pensare che l’atleta sia colui che allena il fisico, lasciando da parte lo studio, la conoscenza, la cultura, come se lo sport ne costituisse per natura l’antitesi?

 

Morsut nella sua vita ha praticato sport che vanno dalla ginnastica artistica al canottaggio, dal tennis al nuoto, alla pallamano per arrivare alla pallavolo, che ha reso il giovane padovano un professionista. E tuttavia niente, né il successo né i soldi, l’hanno mai distolto dall’obiettivo di fare ricerca, dall’amore per lo studio e la scienza, dalla predisposizione all’esercizio mentale, oltre che fisico.

Nel 2006, nel pieno della carriera, l’allora venticinquenne lascia il mondo del Volley per dedicarsi al dottorato in embriologia che, come Morsut stesso ha affermato, l’ha reso ricco in un altro modo. Di fronte ad episodi di calcioscommesse, partite truccate, profitti e guadagni esagerati, sport corrotti, scandali monopolizzati dal denaro, la scelta di Leonardo Morsut diventa l’emblema di una giustizia che, oltre a sottolineare l’importanza della cultura e dello studio, restituisce allo sport quella purezza e quel fondamento di gioco che in molte occasioni sembra perdere.
Ovunque arrivino soldi in quantità, si smarriscono le motivazioni per fare sport. Se oggi un bambino vuol diventare calciatore solo per arricchirsi in fretta e spupazzarsi le veline, mi sembra che abbiamo sbagliato qualcosa”, ha affermato l’atleta in un’intervista al Giornale. E chi meglio di Morsut può trasmettere il vero senso del fare sport, del giocare per dare spettacolo, per arricchire se stessi in un modo ben diverso da quello usuale.

 

Seguendo la massima socratica secondo la quale una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta, l’ex pallavolista ha deciso di abbracciare un mondo, quello del sapere, dando prova del fatto che con la cultura , sport compreso, non si mangia, si vive, perché essa “non è un lusso, è una necessità” (Gao Xingjian).

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