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Ciclismo
Horner, Rebellin, Voigt: corridori eterni?
Chris Horner ha vissuto oggi una giornata di gloria, conquistando la terza frazione della Vuelta a España e la maglia rossa di leader della classifica generale. Lo statunitense si è meticolosamente preparato per la corsa iberica, vincendo pochi giorni fa una tappa al Tour of Utah a testimonianza dell’avvicinamento al top della condizione.
Sarebbe tutto “normale”, sarebbe una normalissima vicenda di un atleta, anzi di un corridore, come tante altre: se non fosse che questo ragazzo nato in Giappone, ma americano a tutti gli effetti, compirà ad ottobre la bellezza di 42 anni. Chris passa professionista nel 1996, ma la sua esplosione definitiva, dopo un po’ di stagioni vissute interamente negli Stati Uniti, è datata 2004, quando approda alla Saunier Duval: da lì in poi si farà notare in tantissime corse a tappe, conquistando successi al Giro di Svizzera, al Tour de Romandie e al Giro dei Paesi Baschi prima dell’acuto odierno.
L’atleta della RadioShack non è tuttavia l’unico “immortale” del plotone. Pensiamo ad esempio a Davide Rebellin, col quale abbiamo avuto modo di parlare di recente: coetaneo di Horner, sa ancora come si vince e si piazza molto spesso nella top five in tutte le corse in linea del calendario italiano a cui viene invitato, facendo meglio di ragazzi che hanno anche vent’anni meno di lui. C’è poi Jens Voigt, anch’egli classe di ferro 1971, peraltro compagno di squadra dell’americano: sempre in testa quando c’è da tirare, sempre in fuga quando c’è da provare a vincere, come accaduto quest’anno nella quinta tappa del Tour of California, cinquantanovesimo successo di un’intramontabile carriera. E, anche se è meno noto al grande pubblico, non possiamo non citare Niko Eeckhout, fiammingo classe 1970 in forza ad un piccolo team locale: quest’anno ha ripetutamente sfiorato la vittoria in alcune classiche belghe, da sempre suo terreno di caccia prediletto, prima di annunciare il ritiro alla fine di questa stagione agonistica.
Nell’intervista citata poc’anzi, Rebellin ci insegna che è la passione a fare la differenza. Quando si ama il proprio lavoro, o meglio, quando andare in bicicletta-o fare un qualunque altro sport-resta principalmente una passione, prima ancora che un lavoro, allora si può andare avanti ancora. Certo, bisogna rendersi conto che, magari, alcuni grandi obiettivi non sono più raggiungibili (per quanto il successo odierno di Horner sia il più prestigioso della carriera): però si continua a pedalare, lo si fa col sorriso sulle labbra, con la serenità nel cuore e con la dinamite nelle gambe. Alla faccia della carta di identità, dei neoprofessionisti che potrebbero essere tuoi figli, di chi ti dice “sei troppo vecchio per continuare”.
foto Bettini
marco.regazzoni@olimpiazzurra.com
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